Italia divisa nella lotta al dolore

Report n. 38/2011

ITALIA DIVISA NELLA LOTTA AL DOLORE

Ospedali e medici di mezza Italia ignorano o applicano poco la legge sul dolore approvata un anno e mezzo fa. Il diritto a non soffrire per milioni di italiani viene garantito sostanzialmente solo al Nord e in parte al Centro, mentre il Sud è molto in ritardo. Ancora al palo, da Roma in giù, l’uso degli oppioidi i preziosi farmaci necessari per lenire il dolore di chi soffre di patologie gravi o incurabili: da quando la legge 38/2010 ha autorizzato i medici a usare il normale ricettario per prescriverli, il loro consumo è cresciuto poco (+7% in un anno), rispetto alle già pochissime confezioni vendute nel passato che fanno dell’Italia uno dei fanalini di coda dell’Europa.

A verificare lo stato di attuazione di questa legge tra le più all’avanguardia al mondo che, oltre a semplificare la prescrizione degli oppioidi, obbliga gli ospedali a monitorare nella cartella clinica anche il livello di dolore di tutti i pazienti, è stata un’operazione a tappeto dei Nas su ben 244 ospedali di tutta Italia con almeno 120 posti letto.
Il blitz a sorpresa ha impegnato circa 500 militari dei nuclei antisofisticazioni dell’arma dei carabinieri che per 5 giorni (dal 19 al 23 luglio u.s.) hanno acquisto documenti sanitari e interrogato manager e medici.

L’ordine di avviare il blitz i cui risultati sono stati tenuti finora riservatissimi è arrivato dalla Commissione Parlamentare d’inchiesta sul Ssn che può avviare indagini "con gli stessi poteri" dell’autorità giudiziaria.

Le carte parlano chiaro: nonostante il pressing degli ultimi mesi del ministero della Salute oggi la lotta al dolore spacca in due il Paese. Al Sud si sono adeguate alle prescrizioni più importanti della legge, in vigore dal marzo del 2010, circa metà delle strutture messe sotto inchiesta (53%): «Con un range – scrivono i Nas nella relazione inviata alla Commissione d’inchiesta del Senato – compreso tra l’83% della Basilicata, seguita dalla Sicilia al 61% e al 41% della Puglia». Va un po’ meglio al centro (75%) – dal 96-97% di Emilia e Toscana al 33% della Sardegna – e soprattutto al Nord dove la percentuale media di adeguamento alla legge raggiunge l’88% delle strutture finite nel mirino dei Nas, con «punte massime del 91-93% per le Regioni Veneto, Lombardia e Piemonte».

Più nel dettaglio, il 23% degli ospedali ancora non ha un comitato e un progetto ospedale senza dolore: due strumenti, questi, introdotti addirittura nel 2001 dall’allora Ministro Umberto Veronesi e necessari per diffondere le terapie palliative in corsia. Solo il 63% delle strutture si sono dotate di Unità operative di cure palliative e terapia antalgica. Mentre ancora il 20% degli ospedali non rispetta l’obbligo di riportare nella cartella clinica dei pazienti, accanto a pressione e temperatura, la scala di rilevazione del dolore. Oltre il 75% delle strutture assicura la necessaria continuità terapeutica dopo la dimissione dei propri ricoverati, intrattenendo anche rapporti con i medici di famiglia. L’82% dei presidi assicura inoltre la formazione del personale, mentre solo il 55% informa i cittadini sull’opportunità di queste terapie.

Infine resiste tra i camici bianchi il tabù sui farmaci oppioidi: se nei primi sei mesi del 2010 – quando è stata approvata la legge – sono state prescritte 985.763 confezioni di "analgesici maggiori" nei 244 ospedali monitorati, un anno dopo erano 1.057.668 (+7%). Con una aggravante: il 68% di questi medicinali sono stati prescritti al Nord e il 26% al Centro. Al Sud (con solo il 6% di confezioni) curare il dolore sembra ancora un’eccezione.

Roma 03/10/2011

Autore: Redazione FNOMCeO

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