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La battaglia degli Ordini contro gli episodi di violenza ai danni degli operatori sanitari: dagli esordi a oggi

di Annarita Frullini, già coordinatrice Osservatorio FNOMCeO Professione femminile 2012-2015

“Più di tre episodi di violenza al giorno contro professionisti della sanità, due contro colleghe donne”, dice il presidente della FNOMCeO Filippo Anelli in occasione dell’insediamento dell’Osservatorio permanente per la garanzia della sicurezza e per la prevenzione degli episodi di violenza ai danni degli operatori sanitari.

Era il settembre 2003 quando ne parlammo a Pescara con l’allora presidente FNOMCeO Giuseppe Del Barone nel corso del convegno Pari opportunità e salute. Dalle leggi alle risorse. Del Barone ricordò Roberta Zedda, ammazzata durante le ore di lavoro, sul luogo di lavoro, nella Guardia medica nell’Oristanese, nel luglio di quello stesso anno.

Le dimensioni del fenomeno “agire violento” da allora sono aumentate: la parte emersa dell’iceberg continua a crescere e le dimensioni della parte sommersa appaiono sempre più infide e insicure. Anche la scuola, come la sanità, è attraversata da fenomeni di violenza. 

Mi piace ricordare come Il tema della sicurezza dei luoghi di lavoro abbia visto impegnate negli anni le colleghe dell’Osservatorio FNOMCeO della professione femminile. Impegno che nel settembre 2017, all’interno di un ampio e spontaneo “Coordinamento donne medico”, ha prodotto un appello/petizione contro la violenza e per la difesa della sanità pubblica, rivolto alle forze politiche e al presidente Mattarella, che ha raccolto oltre  30 mila firme.

Già dal 2012 molti Ordini provinciali avevano attivato programmi di formazione in diverse città, perché nell’esercizio quotidiano della professione si cogliessero i cosiddetti “segnali deboli” e si curassero gli effetti della violenza. Ci si focalizzò sulle interazioni fra violenza e salute pubblica perché, come medici, sentivamo il dovere di mettere in atto azioni di prevenzione e contrasto alla violenza in linea con le responsabilità ben definite nel Codice Deontologico, con azioni specifiche per ottimizzare la dignità e la sicurezza dei luoghi di lavoro e di cura.

Nelle iniziative di quegli anni, nel gennaio 2012 la Federazione propose con la modalità Fad, blended e residenziale, il Manuale di formazione per il governo clinico: la sicurezza dei pazienti e degli operatori e nel luglio 2012 scese in campo con un appello a tutti i medici italiani affinché diventassero parte attiva nel contrastare l’escalation della violenza.

Nel 2014 a Reggio Emilia si svolse un seminario multidisciplinare promosso dall’Ordine provinciale locale e dalla FNOMCeO dal titolo Segni parlanti, occhi che ascoltano, che puntava all’emersione/prevenzione delle forme di violenza nei vari contesti della vita, individuando linee guida affinché i medici potessero essere “sentinelle”, secondo modelli di monitoraggio già sperimentati. Nella preparazione di quel convegno, come Osservatorio avevamo chiesto, attraverso il portale FNOMCeO, di inviare comunicazioni open call per segnalare atti di violenza a danno di operatori sanitari, sia nel territorio sia in strutture ospedaliere. Erano anni in cui l’Osservatorio della professione femminile era in rete con tante realtà locali e, convinte che l’agire violento fosse funzione del contesto, chiedemmo informazioni sulla dignità e sicurezza (accoglienza/dis-accoglienza) dei luoghi di cura per operatori e per utenti/pazienti e su come venissero valutati e monitorati, nei luoghi di lavoro e di cura, sicurezza e dignità. Particolare allarme, ricordando Roberta Zedda, destò la segnalazione dalla consigliera Omceo Magda Sammarco di Oristano, che riferiva dell’escalation di violenza verso alcuni colleghi durante il proprio lavoro. Non solo medici donna, ma anche uomini.

Dall’ordine di Siena ci arrivò la richiesta dell’allora consigliera Gemma Laschi, formulata a nome del suo Ordine, di valutare come venissero accolti i cittadini, che in posizione di evidente asimmetria ricorrevano al medico nella sanità pubblica. Non ci fu il tempo per realizzare audit per il miglioramento dei luoghi di lavoro mirati alla  prevenzione di atti di violenze e di mobbing, partendo dalla Raccomandazione n°8, Novembre 2007 – Insieme per migliorare la prevenzione degli eventi sentinella.

A Rimini, nel 2016, nella Terza Conferenza Nazionale della Professione medica e odontoiatrica, furono Monica Costantini e Ornella Cappelli, componenti dell’Osservatorio FNOMCeO della professione femminile attualmente in carica, a proporre possibili strategie di prevenzione verso gli atti di violenza a danno degli operatori sanitari.

“Gli episodi di violenza contro gli operatori sanitari sono segnali della presenza, nell’ambiente di lavoro, di situazioni di rischio o di vulnerabilità”. Possiamo ora dire, travolte dagli episodi quotidiani, che si tratta di eventi sentinella, campanelli d’allarme, non più inattesi. Il dato statistico è indice della crisi di un sistema ormai logorato da tagli e logiche economicistiche, di un futuro che non fa intravedere promesse realizzate. La sanità che  ha impatto sulla vita di milioni di persone deve investire in prevenzione e sicurezza e lavorare perché ferite e dolore possano trasformarsi in consapevolezza. Ma non saranno sufficienti i lavori di una commissione ministeriale.

Continuo a credere che gli Ordini e la Federazione possano creare una nuova cultura della partecipazione. Valorizzando la preziosa eterogeneità degli iscritti, potranno rafforzare il coinvolgimento e il senso di appartenenza e produrre cambiamenti positivi, svolgendo anche funzioni propositive e consultive verso quelle istituzioni politiche che, spesso, non sanno cogliere la complessa situazione della sanità.

Il rapporto Censis 2017 sulla situazione sociale del Paese parla dell’Italia del rancore. L’aumento delle disuguaglianze, il blocco dell’ascensore sociale, hanno generato cinismo e rabbia, mescolanza di rancori, sfiducia e paura. Sentimenti che possono esplodere soprattutto in mancanza di interlocutori.

Philip Zimbardo, con il suo libro L’effetto lucifero, ha mostrato che cattivi si può diventare. Non si previene il contesto negativo se non si alimenta il positivo. Ecco perché una corretta comunicazione in sanità diventa essenziale, sia per comunicare le cattive notizie sia per proporre aderenza terapeutica. E gli strumenti esistenti possono assumere nuove funzioni. Nelle Asl, gli URP potrebbero seguire i cittadini nei percorsi dalla scoperta della malattia alla scelta terapeutica, e  i Cug potrebbero monitorare il burn out degli operatori sanitari e gli atti di violenza sia nel territorio, sia in strutture ospedaliere.

Fondamentale è la comunicazione. La campagna del 2010 per il contrasto alla violenza   di genere “Riconosci la violenza” fu ripresa e lanciata nel 2013 dal Dipartimento nazionale per le Pari Opportunità “La violenza ha mille volti. Impara a riconoscerli”. Era una  campagna che non solo cercava di rompere il silenzio delle vittime, ma tendeva a coinvolgere l’intera collettività e a isolare socialmente ogni persona maltrattante e quelle che spesso assistono indifferenti.

“Quando maltratti una donna, smetti di essere un uomo” erano le parole di un manifesto che ebbe molta risonanza in Spagna anni fa. Si potrebbero riproporre così nel mondo della sanità e anche della scuola: “Quando maltratti una persona che si fa carico della cura di te, ti poni fuori dalla dignità del genere umano”.

Autore: Redazione

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