La colpa medica andrebbe cancellata dal Codice penale

Come è possibile affidare alle categorie del giudizio penale una materia così singolare e labile come l’errore medico? Il medico e il magistrato sono due interpreti della realtà (che tentano ugualmente un avvicinamento asintotico alla verità). Se lo stesso caso è letto con due ermeneutiche diverse e più facile ottenere ingiustizia che giustizia

La legge Gelli-Bianco è tuttora causa di discussioni infinite e di interpretazioni non sempre concordi anche perché tenta di dipanare il filo giuridico della colpa medica ma non riesce a intaccare l’elefante incombente del legalismo, del positivismo giuridico per cui solo la norma statuale è misura del giusto e dell’ingiusto, del bene e del male.

E’ chiaro che il nodo della questione non sta nell’esegesi giudiziale, il nodo sta nella permanenza nel nostro ordinamento della figura giuridica della colpa professionale medica inserita nel codice penale.

Ritengo che il nostro ordinamento sia eccessivamente penalista in realtà ottenendo lo stesso effetto apotropaico di chi crede di combattere le epidemie con l’esposizione delle reliquie. Se si avesse il coraggio, sfidando i fulmini delle categorie giuridiche, di chiedere l’abolizione della figura penale della colpa la questione rientrerebbe nel suo alveo naturale. Se si esclude il dolo, il danno derivante dalle cure mediche deve soltanto essere risarcito e siccome la medicina moderna è molto potente e quindi può provocare anche ingenti guasti occorre la copertura di un’assicurazione nazionale del Servizio Sanitario.

E il medico che sbaglia? Opportune giurisdizioni locali, aziendali o ordinistiche, stabilirebbero le necessità formative del medico che, se recidivo, dovrebbe subire penalizzazioni contrattuali nonché la riprovazione sociale, strumento assai poco diffuso in Italia.

Questa tesi, a prima vista improponibile, non è fantasiosa. Vuol soltanto riportare la valutazione del risarcimento, ove necessario, nella sede delle varie forme di mediazione oppure in civile; si propone di escludere il penale perché oneroso per entrambe le parti e per lo Stato, perché inefficiente e lunghissimo, inutilmente ansiogeno.

Se dopo circa sei anni si è assolti in Cassazione (più del 90% dei casi) o si è condannati a una multa e a una pena detentiva con la condizionale, non sarebbe meglio per tutti risarcire subito il danno e affidare il medico che ha sbagliato a un tipo di giurisdizione, aziendale o ordinistica, dai tempi meno biblici?

La questione nasce anche per la rilevante discrepanza tra modelli di razionalità, medica e giuridica. Il medico funge da intermediario tra una scienza e una tecnica in travolgente evoluzione e una società in drammatica trasformazione. La professione attraversa un tormentato periodo di rottura con le certezze del passato, ormai immersa in un mondo pluralista e plurale, soggetta quasi a una sorta di smarrimento in un’epoca dominata dall’incertezza.

I medici, tuttavia, non si sono rifugiati in un’utopia del passato, in una giaculatoria recriminante, ma molto hanno fatto per adeguare la professione alle innovazioni e basti pensare all’attenzione alla sicurezza del paziente. Quando mai i magistrati, ad esempio, discutono dei loro errori per correggerli come avviene in ogni ospedale?

Tuttavia oggi la precision medicine, la complessità fenotipica, la congerie dei big data, la EBM e la medicina narrativa, fanno sì che il giudizio clinico su qualsivoglia caso, posto sotto il riflettore del giudizio penale quasi necessiterebbe di uno strumento legislativo ad hoc. Arduo, se non impossibile, ingabbiare la singolarità biografica della clinica in paradigmi legalisti predeterminati.

La medicina possiede una sua ontologia di valori di rispetto per la persona e un ideale di servizio volto alla tutela dell’individuo e della collettività dal punto di vista ecologico, biologico, psicologico e sociale e quindi complessivamente politico. Tuttavia la medicina è un fatto storicamente determinato, evolve nella e con la società e quindi muta i suoi confini nel tempo, e basti pensare alla questione della buona morte o della procreazione assistita.
Anche il diritto risente del contrasto tra un legalismo, che spesso si trasforma in mero proceduralismo, e l’adattamento alla realtà in cui è immerso. Le caratteristiche di astrattezza, rigidità e generalità delle leggi mal si attagliano ad una società in così rapido mutamento di punti di riferimento valoriale.

E’ sufficiente una sola fonte ordinamentale in un’epoca di pluralismo etico o, pur nell’ambito della tutela della persona, principio indefettibile, non occorre innovare verso un diritto duttile e concretamente legato a differenti fonti? Che c’entra il Tar con le bocciature a scuola o con la giustizia sportiva?

Il ragionamento ritorna all’inizio. Come è possibile affidare alle categorie del giudizio penale una materia così singolare e labile come l’errore medico? Il medico e il magistrato sono due interpreti della realtà (che tentano ugualmente un avvicinamento asintotico alla verità). Se lo stesso caso è letto con due ermeneutiche diverse e più facile ottenere ingiustizia che giustizia.

Antonio Panti   


Pubblicato su QuotidianoSanità

Autore: Redazione

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