La crisi del medico non può essere affrontata senza riflettere sul contesto in cui si manifesta

10 APR – Gentile Direttore,
vorrei rassicurare la Dott.ssa Gostinelli innanzi tutto sul fatto di essere un’economista Keynesiana e niente affatto neoliberista. Inoltre l’accostamento sanità integrativa/ neoliberismo è assai improprio per non dire errato, sia concettualmente, che sul piano delle evidenze empiriche. Basti pensare agli Stati Uniti d’America, patria del neoliberismo, che si fonda sul sistema assicurativo privato per la protezione della salute, salvo il medicaid per la popolazione povera o a basso reddito, e che l’Obama care ha tentato di correggere con un sistema assicurativo obbligatorio,  creando così concorrenza tra le assicurazioni facendo abbassare i prezzi e ampliando contemporaneamente la protezione a circa 26  milioni di cittadini americani sprovvisti di tutela della salute e con un finanziamento maggiore del medicaid.

Non è un caso che il Trumpismo e le politiche dei neoliberisti repubblicani americani hanno tentato fin qui, senza riuscirci, di abbattere l’Obama care.

In Europa dove vi sono robuste politiche di welfare keynesiane e postkeynesiane tutte le esperienze di sanità integrativa non solo non hanno minacciato nessuno dei sistemi sia a base universalistica che a base contributiva assicurativa sociale obbligatoria, ma hanno a far data dal 2008 periodo della grande crisi finanziaria, consentito che o la solidarietà categoriale o la mutualità consentisse ai cittadini di ridistribuire il peso dei costi di copayment o di assistenza sanitaria non coperti dai propri sistemi di protezione e tutela, attraverso la sanità integrativa, non facendo crescere a dismisura quell’out of pocket a quasi 37 miliardi che è il dato tutto italiano, per cui chi più ha meglio ed in tempo si cura.

Del resto cara Gostinelli la disciplina dei fondi sanitari integrativi a partire dal 502 è contenuta tutta intera nella Riforma Bindi la 229 del 1999 che certo non può essere tacciata di neoliberismo.

Quello che io ho inteso fare è stato solo tentare il primo passo della loro regolamentazione in un paese dove nessuno fino al 2008 (Ministro della salute Livia Turco), si era sognato di andare a vedere chi erano, cosa erogavano e come tutelavano i propri assistiti.

Per non buttare al vento le deduzioni fiscali gli abbiamo detto che per ottenerle dovevano almeno coprire per il 20% delle loro prestazioni l’odontoiatria e le cure per gli anziani non autosufficienti e che dovevano iscriversi all’Anagrafe dei fondi per poter essere certificati.

Attualmente coprono il 37% delle prestazioni non coperte dal SSN e per il resto duplicano prestazioni che tra specialistica e diagnostica sono ancora con grandi liste d’attesa. Peccato che da allora la regolamentazione si sia fermata e nonostante i decreti pronti e lasciati in dotazione ai governi che si sono succeduti non si è fatto più nulla per farli diventare veramente integrativi del SSN.

Quindi cessioni in gestione alle Assicurazioni, Regolamento per la tutela degli assistiti, Osservatorio dei fondi e controllo e vigilanza sui medesimi sono nel dimenticatoio.

Del resto lei lo sa bene perché appartiene all’Enpapi che è il suo ente di previdenza e assistenza integrativa e penso conosca il pacchetto che Enpapi offre di sanità integrativa a tutti gli iscritti avendo stipulato con RBM salute una grande polizza per la gestione delle diverse prestazioni di sanità integrativa.

Il caro Prof. Pizza che mi ha telefonato dopo il mio chiarimento su QS, ammettendo che non aveva capito lo spirito del mio azzardo, che era solo di dar conto di un dibattito a livello internazionale, in cui sia le figure professionali che la medicina in quanto disciplina formativa sono tutte in crisi ed in cerca di nuovi ruoli e finalità, mi ha detto che il suo timore era che Panti e Benato, che avevano avanzato critiche ai diversi temi in discussione, potessero ulteriormente mettere in discussione la FNOMCeO o le 100 tesi.

Non mi resta che riscontrare da povera economista di aver riacceso il dibattito, ma mi creda l’unica riflessione a cui volevo indurre è che se non cambia il contesto le figure professionali nella sanità saranno sempre più in crisi e con la corsa tra scienza e tecnologia a voler conquistare primazie e domini, l’aria che tira mi preoccupa non poco.

Martha Nussbaum che è una filosofa e accademica statunitense nel saggio “Non per profitto” offre un’ampia disamina sullo stato e sulle tendenze che la deriva in atto è destinata a produrre sullo sviluppo democratico delle società.

La sua analisi sprona tutti a collaborare perché si diffonda sempre più un pensiero critico.

Per cui, senza offesa per nessuno, ognuno apporta il contributo che può ed io che sono una sincera Keynesiana attenta al mondo che cambia, mi voglio rifare al mio maestro: “Dobbiamo inventare una saggezza nuova per una nuova era. E nel frattempo, se vogliamo fare qualcosa di buono, dobbiamo apparire eterodossi, problematici, pericolosi e disobbedienti agli occhi dei nostri progenitori”.

E’ con queste parole che Keynes si avvia a concludere nel 1925 il saggio Sono un liberale?, consegnando alla riflessione dei contemporanei le numerose questioni di ordine politico, economico e sociale che nel nuovo contesto mondiale, governato dal capitalismo, si andavano prefigurando.

Ed è con una domanda – quella stessa che dà il titolo allo scritto – che il ragionamento si chiude, approdando a quell’unica possibile conclusione che poteva scaturire da una disamina tanto articolata, quanto problematica, sull’irrompere dei “tempi moderni”.

Il senso ultimo di questa disanima è quello che accompagnerà Keynes per lungo tempo, fino alla Teoria Generale nel 1936: è lì che sarà data unitarietà e consistenza alla critica della economia monetaria di produzione – in cui il capitalismo palesa compiutamente la sua natura di sistema instabile ed iniquo – e alla capacità di regolazione dell’economia di mercato. Sono cresciuta culturalmente qui dentro e poi con Amartya Sen e poi nelle teorie della sussidiarietà fino a Ferrera sul Welfare mix.

Sono certa che ella non vorrà dedicare alcun tempo al mio pensiero, non lo pretendo, ma mi auguro che se suscitiamo dibattito questo non può che far bene alla causa di procedere con novità a rimodulare ruoli e discipline utili per il futuro.

Grazia Labate
Ricercatore in economia sanitaria già sottosegretaria alla sanità 


Pubblicato su QuotidianoSanità

 

Autore: Redazione

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