La medicina narrativa – Narrative Based Medicine, nata negli Stati Uniti alla fine degli anni Novanta – è una metodologia d’intervento clinico che utilizza la narrazione guidata degli esperti per comprendere il paziente e integrare il suo punto di vista nel percorso di cura, aiutando così il malato a esprimersi e il medico a indirizzare meglio le terapie.
Negli ultimi anni, questa metodologia si è diffusa anche in Italia, introdotta, nel 2004, nella pratica clinica dalla Asl 10 di Firenze e oggi utilizzata in molti campi, fra cui l’oncologia, il diabete e l’Alzheimer. Questo approccio sarà al centro del secondo Congresso della Società Italiana di Medicina Narrativa (SIMeN), che si terrà dal 10 al 12 maggio all’ Ospedale San Donato di Arezzo e che avrà come tema centrale la “complicità” che – si legge sul sito dell’iniziativa – “permette l’integrazione dei punti di vista, obiettivo primario della Medicina narrativa”.
“L’evidenza scientifica ci dice che dove è praticata bene ha risultati straordinari, sia dal punto di vista degli esiti che dal punto di vista economico, in quanto riduce una serie di trattamenti costosi, non necessari e pieni di effetti collaterali per il paziente”, precisa Walter Ricciardi, presidente dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss).
Negli ultimi anni sono nate tante iniziative che hanno al centro la Medicina narrativa: documentari, progetti fotografici, due master universitari – a Novara e Ancona – e la prima piattaforma digitale per l’applicazione nella pratica clinica in diversi poli di cura. Oltre a romanzi e racconti sulla malattia, come Storie luminose, una raccolta di 50 racconti di persone con sclerosi multipla, scritti da chi convive con questa malattia.
“In molti di questi casi – commenta il Presidente SIMeN Antonio Virzì – non si tratta di medicina narrativa intesa come metodologia d’intervento clinico. Ma tutte queste esperienze fanno parte di un più ampio movimento culturale, in cui narrazioni e salute sono strettamente legate tra loro”.
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Autore: Redazione