La Rubrica della Mamma di “Dottore, ma è vero che…?”: Di rane, latte, burro e ricercatori

Un’antica favola racconta di due rane che cascano in un recipiente pieno di latte. Nonostante tutti gli sforzi non riescono a tirarsi fuori. Una perde del tutto ogni speranza e si lascia annegare. L’altra invece è più ottimista e continua a dimenarsi senza sosta. In questo modo dal grasso del latte si forma il burro che è abbastanza solido per permettere alla rana di fare un salto e di salvarsi così la vita.

Un professore, in una puntata su Joseph von Fraunhofer nella trasmissione “Die Entdeckungen grosser Forscher” (“Le scoperte dei grandi esploratori”) del Bayerischen Rundfunks, ha usato questa favola per paragonare il comportamento della rana intraprendente e ottimista allo spirito di un vero ricercatore. Quest’ultimo non si lamenta del mondo, guardandosi l’ombelico. Non rimane immobile sospirando: “Tanto, non c’è speranza, lasciamo perdere!”. Un vero ricercatore si rimbocca le maniche e cerca instancabilmente una soluzione, fiducioso di poter contribuire a migliorare le cose per sé e per gli altri. Non si fa scoraggiare né dalla fatica, né dal negativismo degli altri, ma è determinato a trovare una soluzione.

Prendiamo come esempio il medico Edward Jenner che è nato in Inghilterra, a Berkeley, nel Gloucestershire, il 17 maggio 1749. Jenner conosceva benissimo il vaiolo, un terribile flagello per l’umanità a cui praticamente nessuno sfuggiva e che uccideva fino al 30% dei pazienti, lasciando molti dei sopravvissuti con gravi danni permanenti. Sembra che Jenner, già da ragazzo, avesse sentito da una contadina che chi veniva infettato dal vaiolo bovino mungendo le mucche da latte risultasse poi protetto dal vaiolo umano.

Se Jenner fosse stato un pessimista, come la prima rana della favola, avrebbe pensato: “Fortunati loro, ma tanto il vaiolo è un nemico troppo grande per combatterlo da soli. Ci dobbiamo arrendere, è la natura, e chi siamo noi, esseri umani, per ribellarci contro la forza maggiore?”. Per nostra fortuna Jenner era invece come la seconda rana, quella che pensava che le proprie azioni possano essere importanti.

Spesso, quando si legge qualcosa sulla storia delle vaccinazioni, l’idea che ci facciamo è che Jenner – già poco tempo dopo aver saputo che chi era stato contagiato dal vaiolo bovino era protetto dal vaiolo umano – abbia preso un bambino, lo abbia infettato con il vaiolo bovino e esposto poche settimane dopo al vaiolo umano, con l’intento di controllare se la sua idea potesse funzionare.

In realtà, Jenner ha approfondito e studiato questo fenomeno per più di vent’anni! Ha cominciato a occuparsene poco dopo l’inizio della sua attività come medico nel 1773. Ha raccolto tantissimi dati sul decorso del vaiolo bovino nelle persone che accidentalmente si infettavano, e sul potere protettivo di questa infezione nei confronti del vaiolo umano.

Solo quando aveva nuotato per circa vent’anni nel secchio del latte, il grasso era diventato burro e lui se la sentiva di fare il salto: il 14 maggio 1796 faceva il primo esperimento su un bambino, James Phipps, infettandolo con il pus prelevato dalla pustola sulla mano di Sarah Nelmes, che era stata infettata con il vaiolo bovino da una mucca, mentre svolgeva il suo lavoro di mungitrice. Il 1 luglio, quindi un mese e mezzo dopo, Jenner ha infettato nuovamente il ragazzo, questa volta però con la variolizzazione che all’epoca era la prassi e l’unico modo per proteggersi dall’infezione “naturale” con il vaiolo. La variolizzazione prevedeva l’introduzione, attraverso dei piccoli taglietti sulla pelle, di una minuscola quantità di pus prelevato dalle pustole di un malato di vaiolo. Il razionale di questa usanza era che già gli antichi avevano notato che il decorso del vaiolo era molto più lieve se l’infezione avveniva attraverso la pelle, anziché in modo naturale. Comunque la variolizzazione non era priva di rischi ed è stata abbandonata dopo l’introduzione del vaccino sviluppato da Jenner, che era un’opzione molto meno rischiosa per proteggersi dal vaiolo. Nella prima parte del suo esperimento non ha fatto altro che imitare la variolizzazione, usando però materiale derivato dal vaiolo bovino invece di quello umano.

Il resto è storia: l’esperimento ha avuto l’esito sperato da Jenner, il bambino è diventato resistente al vaiolo umano. Successivamente la nuova scoperta, il primo vaccino, è stato testato migliaia di volte con lo stesso procedimento (prima la vaccinazione e qualche tempo dopo la variolizzazione), sia da Jenner che da altri medici, quindi ritenuto una validissima arma contro questa grave malattia infettiva. Quasi 200 anni dopo che Jenner ha cominciato a studiare il fenomeno, il vaiolo è stato eradicato dal mondo. L’ultimo caso risale al 1977.

Jenner non si è però limitato a nuotare e alla fine fare il salto fuori dal recipiente, ma ha invitato con insistenza i suoi colleghi a replicare il suo esperimento, a verificare se fosse veramente un metodo sicuro ed efficace per proteggere le persone dal vaiolo. Ha anche applicato criteri molto severi verso le proprie osservazioni dando prova di essere una persona molto onesta. Non nascondeva l’esistenza di casi di fallimento vaccinale e anche di reazioni spiacevoli, entrambi eventi talmente rari che non sminuivano minimamente il grande valore della vaccinazione.

Noi tutti dobbiamo moltissimo ai veri ricercatori perché hanno tirato fuori dal recipiente anche molti di noi. Purtroppo ci sono anche alcuni pseudoscienziati che somigliano di più alla prima rana, e che purtroppo attirano molte persone affinché li raggiungano dentro il secchio per annegare tutti insieme nel latte dell’ignoranza.


A cura di Ulrike Schmidleithner su Dottore, ma è vero che…?

Autore: Redazione

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