È stato pubblicato il volume "La salute su misura. Medicina di genere non è medicina delle donne", Este Edition collana Athenaeum – Ferrara, di Fulvia Signani, psicologa e sociologa della salute, presidente del CUG dell’Azienda USL di Ferrara, socia fondatrice di GISeG Gruppo Italiano salute e Genere. Chiediamo all’autrice di presentarci il suo percorso.
Dotteressa Signani come è nata l’idea di un libro sulla Medicina di genere?
Dal desiderio da un lato, di mettere in comune considerazioni, intuizioni frutto dell’esperienza di lavoro in sanità e dell’incontro con persone da anni impegnate a promuovere la medicina di genere, dall’altro di contribuire a costruire reti professionali e collegamenti disciplinari che tendano ad una medicina di genere applicata ed equa. La frequente l’abitudine di confondere ‘medicina di genere’ che ha un proprio avvio intorno agli anni Novanta del secolo scorso, con la ‘medicina delle donne’ ascrivibile, invece, ad un’attenzione nata nei primi anni Settanta, circoscritta agli aspetti ginecologico – riproduttivi della donna, mi ha portato a riflettere, a cercare di capire ed a testimoniare le riflessioni. Sono infatti convinta che la diffusione di scritti possa rappresentare un importante veicolo per far progredire la medicina di genere, approccio che, nonostante l’indubbia validità, stenta a decollare per motivi complessi che vanno capiti.
Nel libro scrive “ I progressi della ricerca bio-medica e della medicina vengono esaminati prefigurando scenari di equità”. Crede si possa definire il genere come determinante di salute?
Il fattore ‘genere’, che ricordo va oltre il significato del sesso biologico e prende in considerazione il peso sociale che comporta l’essere uomo o donna in una determinata società, in un determinato periodo storico, ha impiegato anni per essere riconosciuto tra i fattori che determinano la salute. La teoria dei determinanti, molto pubblicizzata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, fa riferimento al famoso ‘grafo ad arcobaleno’ ideato da Whitehead e Dahlgren, che sia nell’originaria teorizzazione del 1997 che in quella di dieci anni dopo, cita solo il termine ‘sesso’. E’ grazie alla Commissione sui Determinanti sociali di salute dell’OMS presieduta dall’inglese Michael Marmot che il genere è stato riconosciuto (2006) tra i fattori a scavalco tra sanità e sociale, e come fattore strutturale della società. In sanità, più si approfondiscono studi, più si trovano evidenze del fatto che essere uomo o donna, condiziona sia l’insorgenza e il decorso delle malattie, che l’aspetto diagnostico, il trattamento, la cura e la riabilitazione.
La medicina di genere può essere declinata anche come ossimoro fra le competenze scientifiche e quelle umanistiche?
Il libro mi dato modo di sviluppare in modo ampio la considerazione originale che le parole abbinate ‘medicina’ e ‘genere’ rappresentano un ossimoro, cioè concetti contrari accostati. Da un lato il ‘genere’ che in un’attribuzione di dominio collochiamo nell’area umanistica, dall’altro la medicina che, invece, rappresenta una scienza. Trovo che il richiamo alle teorizzazioni delle due culture, a Snow, alle scuole filosofiche tedesche tra l’Otto e il Novecento, a Comte, a Focault, possano produrre le opportune argomentazioni per affermare che la medicina di genere rappresenta un esempio di terza cultura, un ponte tra le due culture della medicina e delle scienze umane, una interdisciplinarietà resa concreta ed i cui contorni sono tutti ancora da esplorare.
Possiamo fare una panoramica di quanto accade nelle Regioni italiane in termini di azioni orientate a genere e salute?
La Regione Puglia è stata tra le prime ad inserire il tema medicina di genere nel Piano Socio Sanitario Regionale prevedendo un’attività formativa professionale permanente e ha istituito una Commissione regionale per la Salute e medicina di genere.
Il Veneto, nel 2010, nell’ambito del programma Ricerca Sanitaria Finalizzata ha incluso un bando che premia chi approfondisce tematiche riferite al genere.
La Regione Piemonte nel 2011 ha votato un emendamento per la introduzione della medicina di genere nel prossimo Piano Sanitario Regionale; l’Emilia-Romagna lo ha fatto nel luglio 2012 ed il documento definisce la medicina di genere ‘quale approccio interdisciplinare tra le diverse aree mediche’.
La Regione Toscana nel Piano Socio Sanitario Regionale in vigore prevede un capitolo sulla medicina di genere che viene definita come esigenza del Servizio Sanitario, non specialità a parte, ma integrazione trasversale, indispensabile per superare le diseguaglianze di salute; la Regione Marche nel Piano Socio Sanitario Regionale in vigore intende la medicina di genere all’interno delle azioni per le pari opportunità, la rimozione delle discriminazioni all’accesso alle cure.
Nel suo libro parla di Buone pratiche verso la medicina di genere. Potrebbe esprimere un messaggio e una strategia per la diffusione di queste pratiche?
‘Gender mainstreaming’ significa che, come corrente principale (è la metafora di un fiume), tutto converge verso il genere. Per affermare l’attenzione al fattore genere occorre mettere in atto azioni su molti campi diversi della vita quotidiana delle persone. La via per una medicina genere-orientata passa per una diffusa azione di gender mainstreaming.
Nel volume è presente anche un allegato (che pubblichiamo per i nostri lettori) "Donne nella medicina: ieri, oggi e domani" in cui si parla di donne medico e di donne e Federazione.
Autore: Redazione FNOMCeO