La Sanità entra nell’Italia digitale, guardando all’Europa

Alla presenza di Enrico Letta, Presidente del Consiglio, nell’Auditorium della Tecnica, sede della Confindustria a Roma, si è tenuto il “II Italian Digital Agenda annual forum”, un’iniziativa promossa da Confindustria digitale, presieduta da Stefano Parisi.

L’appuntamento è per il prossimo anno, “per fare il punto della situazione”, come ha precisato Parisi, ma intanto c’è una scadenza molto ravvicinata: giovedì 24 e venerdì 25 di questo mese si riunirà il Consiglio d’Europa che dovrà pronunciarsi anche sulla digitalizzazione del Vecchio Continente. Più volte Letta ha sottolineato il ritardo dell’Italia, ma ha anche precisato che “L’Expò 2015 sarà digitale” ed ha annunciato l’accelerazione per garantire a tutte le scuole la copertura wi-fi, precisando che vede “nel digitale un volano per superare il problema della disoccupazione giovanile che ha toccato il 38%”. Letta ha anche ribadito il suo pieno sostegno all’azione svolta da Francesco Caio nel ruolo di commissario per l’attuazione dell’Agenda digitale italiana.

Tra i tanti interventi, quello del Ministro della Salute Beatrice Lorenzin, secondo la quale “stiamo passando da una pubblica amministrazione analogica a una digitale con un risparmio potenziale diretto di 7 miliardi di euro in cinque anni nel comparto sanitario. Dobbiamo costruire un buon presente oggi. Stiamo predisponendo le misure per far reggere il sistema di welfare per tutti quando noi saremo anziani".

Nel comparto della sanità – ha spiegato il ministro – “dobbiamo far parlare lo stesso linguaggio ai sistemi diversi di ogni regione. Questo comporta un risparmio ampio, ma ci sono molte resistenze. Attraverso l’anagrafe sanitaria digitale possiamo avere un controllo sulla spesa sanitaria di ognuno – ha concluso – nello stesso momento si riesce a dare un supporto alle aziende e ai Comuni".

Ma in coerenza con la mission di Confindustria digitale, che è quella di “realizzare l’agenda digitale per il Paese", è stato Stefano Parisi a disegnare il quadro della situazione: “Oggi l’Ue ha urgente bisogno di darsi una politica per la crescita che non sia basata sulle risorse pubbliche: se l’Italia è indietro in Europa, l’Europa è indietro rispetto al resto del mondo”.

Qualche dato: dal 2010, anno in cui l’Ue si è data un’Agenda digitale, il mercato Ict nordamericano è cresciuto del 6%, quello dell’area latinoamericana del 18%, quello dell’area asiatica del 14%, mentre il mercato europeo è calato del 2%. Non solo, le altre aree del mondo fanno anche più ricerca e sviluppo in Ict e investono molto di più nella nascita di imprese innovative. Negli Stati Uniti il 36% dei brevetti registrati è nel settore dell’Ict, il 46% in Cina e solo il 27% in Europa. Gli investimenti in venture capital negli Stati Uniti sono 7 volte e mezzo superiori a quelli europei e l’Ict rappresenta il 43% del totale contro il 37% europeo.

Che fare? Stefano Parisi ha fornito la sua risposta: “Per invertire i trend negativi, i Governi europei hanno la grande opportunità di trasformare i target dell’Agenda digitale in un “Digital Compact”, in un impegno vincolante per tutti. Il Digital Compact, per l’appunto il titolo che abbiamo dato al nostro Forum, deve essere un patto vincolante per lo sviluppo, che ci consenta di rompere le infinite e sorde resistenze che ancora troviamo nelle amministrazioni pubbliche, ma anche nelle aziende private, che ci renda capaci di affrontare quel grande e virtuoso cambiamento del mercato del lavoro dove nulla sarà come prima, ma dove tutti avranno nuove opportunità”.

Che l’Italia sia indietro lo si evince anche da un altro dato, se solo si pensa che il 38% degli italiani non ha mai usato internet, contro una media europea oscillante tra il 18-20%. Per superare questi gap, “Noi faremo la nostra parte – ha affermato Parisi ci siamo riuniti in un’unica Federazione, la nostra Confindustria digitale proprio per rappresentare questa potenzialità, per essere un soggetto forte e attivo per lo sviluppo dell’economia digitale. Occorre far crescere il mercato digitale italiano portando la filiera Ict a pesare dall’attuale 3,5 per cento del Pil al 5-6% come avviene nei principali paesi europei, negli Usa o in Giappone. Il nostro obiettivo – ha concluso Parisi è aumentare il mercato Ict italiano di 20-30 miliardi l’anno e tali investimenti genereranno crescita, occupazione, recupero di produttività ed efficienza per l’intera economia, per tutta la società”.

Autore: Redazione FNOMCeO

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