Le cure palliative per morire con dignità

Report n. 76/2010    

LE CURE PALLIATIVE PER MORIRE CON DIGNITA’

In questi ultimi decenni il percorso formativo universitario ed extra uni­versitario del medico ha subito notevoli modifiche legate essenzialmente a una "settorializzazione" professionale che, da un lato, ha indotto indubbi benefici sull’outcome diagnostico-terapeutico, ma che, di fatto, ha posto una difficoltà nel management dell’infermo, il quale è costretto a confrontarsi con differenti figure specialistiche e ultra-specialistiche che spesso hanno opinioni o visioni diverse, a volte anche opposte, sulla gestione della malattia stessa.

II consenso informato al trattamento costituisce indubbiamente un notevole progresso della società civile, poiché tutela I’autodeter­minazione garantita dagli articoli 13 e 32 della Costituzione italiana.

Nell’ambito del rapporto medico-paziente un importante obiettivo di questa nuova dottrina è quello di favorire I’alleanza fra Ie parti attraverso la comunicazione. Questo traguardo sembra essere ancora oggi lontano, e all’opposto si sta assistendo a un’operazione di "stile", in cui I’operato del medico si colloca su un piano meramente formale/contrattuale, forse nell’intento di precostituire un’efficace difesa contro le possibili, ormai assai frequenti, "ritorsioni" del paziente stesso o dei familiari.

In contrapposizione a questo inquietante scenario, oggi si sta affer­mando un differente modello di gestione nell’ambito delle cure palliative la cui peculiarità risiede in una nuova visione della medicina, intesa come "medicina per I’uomo". Esse collocano al centro dell’attenzione non più la malattia, ma la persona nella sua globalità e dignità. Si propone un modello di assistenza gestito da un team o "rete di assistenza" multidisciplinare, dedicato e compatto in conformità a linee guida condivise.

La rete eroga assistenza ospedaliera e territoriale nella consapevolezza che la migliore gestione è di tipo continuo e glo­bale attraverso la cura attiva e totale del malato, tenendo conto dei "bisogni" dell’assistito e dei suoi cari. Bisogni non solo fisici, ma anche psicologici, sociali e spirituali. Questa visione prende in parte il suo fon­damento dall’elaborazione della questione della morte, considerata non più come I’ antagonista da combattere tassativamente anche al costo di sconfinare nell’accanimento terapeutico, ma accettata a priori come un inevitabile evento fisiologico.
Non deve essere, tuttavia, interpretata come una medicina per morente e per aiutare a morire. Non si intende medicalizzare la morte, ma offrire un aspetto umano a situazioni disu­mane finora trascurate e viste con indifferenza.
II paziente, mantenendo la propria dignità, è posto al centro dell’as­sistenza e al tempo stesso fa parte anch’egli della rete di cura, inserito, quando possibile e sempre in accordo alla sua volontà, nell’ambito dell’abitazione familiare (assistenza domiciliare) o in un ambiente il più simile a esso (Hospice). Attori attivi e beneficiari delle cure sono inoltre riconosciuti i parenti dell’assistito, i quali, anche dopo la scomparsa di quest’ultimo, possono usufruire del supporto della rete.

In Italia ci sono circa 250.000 nuovi malati terminali ogni anno, in prevalenza oncologici (160.000), seguiti da bronco-cardiopatici e neu­ropatici. La prevalenza negli Stati industrializzati, Italia compresa, è in continuo incremento, anche in considerazione del fatto che la vita media va progressivamente allungandosi.

In merito a questo contesto, lo Stato italiano ha dimostrato particolare attenzione e sensibilità, snellendo la burocrazia sulla prescrizione degli oppiacei e promuovendo le cure palliative attraverso I’inclusione, avvenuta già da diversi anni, nella lista dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) e I’approvazione unanime (sostenuta da tutti gli schieramenti politici) della legge sull’accesso alle cure palliative e terapia del dolore, riconoscendo ciò come un diritto di ogni cittadino e disciplinando I’assistenza anche attraverso il coinvolgimento della Medicina Generale, cui spetterà il compito di coordinare gli interventi di base nell’ambito dell’assistenza domiciliare.

La recente legge, inoltre, delinea le competenze regionali, le campa­gne di informazione rivolte al cittadino, la formazione del personale, la necessità di un Osservatorio Nazionale; consolida I’impegno alla lotta al dolore ampliando il raggio d’azione del progetto "Ospedale senza dolore", già istituito nel 2001 in "Ospedale-Territorio senza dolore", imponendo I’obbligo di rilevare il dolore in cartella e agevolando la prescrizione dei farmaci oppioidi. La legge individua infine la copertura finanziaria vincolando almeno 150 milioni di euro annui dal Fondo sani­tario nazionale.

La recente legge individua, oltre alle figure professionali dei medici di Medicina Generale, quelle di medici specialisti in Anestesia e Rianimazione, Geriatria, Neurologia, Oncologia, Pediatria, nonchè le figure di medici con esperienza almeno triennale nel campo delle cure palliative e delle terapie del dolore.

In questo ultimo decennio, da quando Ie cure palliative sono state istituite in Italia e a partire dall’esperienza di Vittorio Ventafridda, uno dei padri delle terapie del dolore, i benefici di questo nuovo approccio sono evidenti agli occhi di chi da anni si occupa dell’assistenza ai malati terminali. Benefici a carico dell’assistito (attraverso una migliore gestione dei sintomi che si traduce in una migliore qualità di vita), della famiglia, e per ultimo, ma non meno importante in considerazione del momento di crisi economica, della collettività per via di un contenimento dei costi di gestione legato a una riduzione dei ricoveri ospedalieri pro­lungati, impropri e molto spesso infruttuosi, se non addirittura contro­producenti (piaghe e infezioni nosocomiali).

Positivo è I’esempio della ASL di Lecco, la quale, dopo I’istituzione provinciale del Dipartimento della Fragilità che si occupa di pazienti complessi e di cure di fine vita e palliative per casi inguaribili, ha dimo­strato che le cure palliative, oltre a soddisfare le necessità dei malati e delle loro famiglie, sono anche convenienti con un buon rapporto qualità/costo. La spesa, infatti, è stata quantificata in 60-80 euro al giorno per paziente accudito a domicilio (costi sanitari diretti e indiretti, esclusi quelli sociali sostenuti dalla famiglia per I’accudimento) e in 200-250 euro al giorno per paziente accudito in Hospice, a fronte di circa 350 euro al giorno per paziente accudito in ospedale.

Roma 21/07/2010

Autore: Redazione FNOMCeO

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