Le quote “rosa” dell’Italia nella UE e nel mondo

Italia maglia nera dell’Unio­ne Europea. Non è una sorpresa ma i nuovi dati deI Global gender gapreport 2010 del World econo­mic forum indicano addirittura un peggioramento rispetto al pas­sato.

Il Rapporto del 2010 tiene conto dei dati raccolti negli ultimi cin­que anni. Il risultato emerso indi­ca come dei 114 Paesi in esame in questo arco di tempo l’86% abbia registrato un miglioramento del­le differenze di genere, mentre so­lo il 14% ha visto un peggioramen­to. Il nostro Paese rientra nella minoranza che ha visto Ie condi­zioni delle donne in peggioramen­to con la conseguente discesa dell’Italia al 74esimo posto della classifica dal 72esimo del 2009 e dal 67esimo del 2008.

In particolare ci penalizza l’ac­cesso e Ie opportunità delle don­ne nel mondo del lavoro. In que­sto ambito l’Italia scende addirit­tura al 95esimo posto su un panel di 134 Paesi dell’ultimo rapporto.

La differenza più rilevante è nella partecipazione alIa forza lavoro che vede, secondo i dati del Wor­ld economic forum, Ie donne im­pegnate al 52% mentre gli uomini raggiungono il 74 per cento. In particolar modo nel nostro Paese resta molto lenta la crescita del pe­so delle donne sulla forza lavoro complessiva: se negli Stati Uniti, ad esempio dal 33% del 1950 Ie donne ora contano per il 50% dei lavoratori Usa, in Italia si è passati dal 30% del 1960 al 40,7% del 2010.
Non solo, la presenza femminile nelle posizioni di comando è pari a circa un terzo del totale (33%).

Un divario particolarmente pesante sopravvive anche a li­vello di salari: Ie donne italiane guadagnano in media il 50% de­gli uomini con stime che nel re­port indicano circa 20mila euro annui per Ie retribuzioni «rosa» e circa 40mila euro per Ie buste paga «azzurre».

Nel quadro politico l’Italia non fa meglio, ma in questo è in buona compagnia tanto che scala al 54esimo posto della cIassifica no­nostante la presenza delle donne in Parlamento sia limitata al 21% e fra i ministri al 22 per cento. Inol­tre ci penalizza il fatto di non aver mai avuto un capo di stato donna negli ultimi 50 anni.

Fiore all’occhiello del Paese è, invece l’accesso delle donne all’educazione. In questo caso l’Italia si posiziona al 49esimo posto della classifica grazie a per­centuali vicine al 100% per l’istruzione primaria e seconda­ria di entrambi i sessi. Per l’istru­zione superiore, invece, Ie ragaz­ze superano di gran lunga i ragaz­zi con il 79% contro il 56%. D’altra parte Ie studentes­se sono ormai il 60% dei laureati italiani e in media vantano un punteggio maggiore (106 contro 104) in un arco di tempo di studi inferiore (età media 26,8 anni contro 27,5 anni).

Ancora una volta esce vincente a livello mondiale il modello dell’Europa del Nord. Svetta per il secondo anno consecutivo l’Islanda, che proprio nel perio­do di crisi affidò il risanamento delle prime due banche naziona­Ii a due manager donna. Segue a ruota la Norvegia, primo Paese al mondo ad aver introdotto Ie quo­te di genere nella composizione dei cda nel 2006 e che oggi ha un’occupazione femminile al 74,4%, il 41% di donne nei Cda e il 39,6% di donne in Parlamento. Terza in classifica la Finlandia, che può vantare un’occupazione femminile al 68,2% (contro il 69,5% degli uomini) il 23,6% di donne nei Cda grazie al codice di corporate governance che chie­de un equilibrio fra i generi e il 40% di donne in Parlamento.

Roma, 14/10/2010

Autore: Redazione FNOMCeO

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