Oggi, le campagne educazionali (disease awareness) e di prevenzione in ambito sanitario non possono più fare a meno delle strategie digitali, in particolare dei social media, più pervasivi e più efficaci di quelle tradizionali. Ne è prova uno studio recente condotto dal Massachusetts General Hospital di Boston, da cui è emerso che utilizzare i social media per promuovere programmi di screening per il tumore al polmone contribuiva ad aumentare in modo significativo il numero delle visite mediche presso il centro medico di riferimento e quello delle tomografie computerizzate a basso dosaggio di radiazioni, esame utile a diagnosticare la fase iniziare del tumore.
La ricerca è stata condotta promuovendo campagne a pagamento su Facebook e Google, rivolte alle categorie a rischio, e su LinkedIn e Twitter, mirate invece agli operatori sanitari. In un lasso di tempo di 20 settimane, i potenziali pazienti e i loro parenti sono stati sottoposti a messaggi corredati da immagini e video che sottolineavano l’importanza della diagnosi precoce del tumore e dello screening. Grazie alla profilazione, i messaggi hanno raggiunto gli individui maggiormente a rischio di contrarre un tumore al polmone (ovvero fumatori ed ex fumatori con più di 55 anni, donne di età superiore ai 55 anni, pazienti e personale del centro medico di riferimento).
Dai risultati è emerso un aumento del numero medio di TAC eseguite a settimana (da 7 a 26), del numero di visite alle pagine istituzionali del centro ospedaliero e dei click sui messaggi della campagna.
Il prossimo passo necessario è condurre uno studio che metta a confronto l’efficacia fra una campagna sui social e una tradizionale, così da perfezionare le modalità per sensibilizzare sull’importanza della prevenzione. Ciò che è certo, però, è che le nuove tecnologie, in particolare i social, possono assumere un ruolo fondamentale nei processi di patient empowerment e patient engagement.
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Autore: Redazione