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L’intervento di Benato Convegno di Padova sulle Medicine non convenzionali

La terapia del dolore cronico, ancora oggi una delle sfide più impegnative per i medici, sarà al centro dei lavori di un convegno nazionale su “Stimolazione controlaterale in terapia del dolore”, che si terrà a Padova nei giorni 11 e il 12 aprile, promosso dalla locale Università con il patrocinio dell’Ordine provinciale.
Il convegno intende fare il punto sulla possibilità terapeutica di utilizzare stimoli fisici portati controlateralmente al dolore, quali la stimolazione agopunturale, modalità di intervento da tempo approfondite dalla scuola medica padovana.
Si parlerà pertanto di medicine non convenzionali, una tematica nella quale interverrà Maurizio Benato, Presidente Omceo di Padova e Vicepresidente della Federazione degli Ordini, con una relazione che affronterà le problematiche etiche connesse a questo tipo di medicine e pratiche.
Abbiamo chiesto al presidente dell’Ordine di anticiparci alcuni temi che caratterizzeranno il suo intervento al convegno.


Presidente Benato, il convegno di Terni del 2002 sulle medicine non convenzionali ha avuto il grande merito di suggerire alla politica la strada da seguire per regolamentare l’intero settore…


Di più. Il documento di Terni nel riportare queste pratiche all’interno dell’atto medico ha di fatto rappresentato una svolta sotto l’aspetto della tutela dei medici e della garanzia dei cittadini, in un settore che già allora interessava circa 50.000 medici e oltre 9 milioni di cittadini.
Questi dati inducono ad una riflessione sui motivi che hanno dato vita ad un fenomeno in continua crescita, che a mio avviso possono così essere sintetizzati:



  • una sempre più marcata frantumazione specialistica della pratica medica che contrasta fortemente con la richiesta pressante di un approccio globale e unitario alla persona; 
  • una eccessiva dilatazione del ricorso alla diagnostica strumentale di laboratorio che, se da un lato è stata positiva in quanto ha permesso concreti e tempestivi accertamenti di molte patologie, fornendo altresì significativi e spesso imprevedibili contributi, dall’altro ha compresso il significato della visita clinica;
  • una crescente burocratizzazione degli apparati e dei servizi medici – connessa in gran parte alla conquista di un sistema di sanità pubblica – che ha provocato una contrazione della durata del tempo di colloquio tra medico e paziente .

Dal punto di vista della verifica dell’efficacia cosa è cambiato negli ultimi anni?


Dobbiamo tener presente che il concetto di efficacia non è univoco, specie in una interpretazione transculturale, tanto che è attualmente aperto un acceso dibattito sui fondamenti epistemologici e tecnici della sua misurazione.
L’efficacia di una pratica nei confronti di una determinata patologia si valuta infatti in due momenti differenti, il primo volto a verificare l’effettivo miglioramento delle condizioni del paziente cui fa, ad esempio, riferimento la medicina basata sulle evidenze, il secondo dovrebbe tendere invece ad individuare il meccanismo, ovvero la catena di determinazioni che produce l’effetto benefico e darne una esauriente spiegazione.
Sembra infatti ormai comunemente accolta l’idea che occorre superare il concetto che le tecniche messe a punto per valutare l’efficacia di una pratica siano le sole corrette.
C’e, in particolare, una osservazione di cui va tenuto doverosamente conto nello specifico. Nelle dimostrazioni di efficacia su grandi campioni di individui, si fa riferimento prevalentemente ad una elaborazione statistica in cui sono presi in considerazione un numero assai ridotto di parametri e ciò al fine di accertare una ragionevole e significativa correlazione fra il trattamento praticato e gli esiti auspicati.
E’ evidente che le medicine non convenzionali non si collocano nel solco della medicina ufficiale, sono difficilmente definibili e delineabili, presentandosi come un largo spettro di pratiche che minano la presunta universalità della medicina scientifica .
Anche dal punto di vista sociologico la terapia non convenzionale fa riferimento a conoscenze ed apparati medici non conformi agli standard della comunità medica convenzionale.
Non va tuttavia disconosciuto che anche il patrimonio di conoscenze della medicina ufficiale è andato evolvendosi e modificandosi nel tempo perché alcune teorie, alcune tecniche una volta ritenute valide e generalmente applicate, sono state successivamente escluse e cancellate dalla memoria istituzionale.



L’adesione raccolta dalle medicine eterodosse alimenta ancora un forte dibattito all’interno della categoria medica e della stessa società?


Un dibattito che ha già messo in crisi il nome stesso con cui la medicina ufficiale è sempre riuscita a definirsi: non più tradizionale-scientifica in maniera indiscussa, ma semplicemente “convenzionale“.
In tale definizione si percepisce il venir meno di quel consenso storico che l’ha accompagnata da sempre in quanto viene ad intaccare la stessa essenza della medicina, intesa quale conoscenza in grado di certificare l’esistenza di un rapporto causa-effetto e di ridurre la complessità biologica in cui la conoscenza può essere falsificata oltre che accumulata.
Tuttavia il dibattito si sta avviando verso una soluzione di compromesso e con una momentanea accettazione parziale di esse.
Si sta nel frattempo valutando l’individuazione puntuale di pratiche e settori specifici di cui viene accertata in modo più o meno condiviso l’efficacia.
D’altro canto desidero esplicitare che non è possibile parlare in generale dell’efficacia delle medicine non convenzionali, come se fossero un tutto omogeneo e coerente, così come non si può parlare di efficacia toutcourt di una sola di esse, prescindendo da specifiche patologie di riferimento terapeutico
Gli Ordini professionali hanno stabilito di istituire gli albi dei medici in grado di esercitare queste pratiche con un autocontrollo attivo degli stessi praticanti.
La medicina di fatto ha accertato la presenza, ai suoi confini, di zone grigie di incertezza e pertanto cerca di mantenere il controllo suddividendo la galassia dell’alternativo in pratiche specifiche, definibili e nominabili.


Sembra quasi che la medicina ufficiale sia disposta a rivedere il concetto di scientificità ed efficacia?


La medicina ufficiale non può e non intende rinunciare al regime della prova che rappresenta il capitale scientifico a disposizione, né alla struttura organizzativa che ne costituisce il capitale amministrativo. Tuttavia, mentre sul primo cardine ha una posizione assolutamente intransigente, sul secondo è disposta ad accettare la sfida che le altre medicine costituiscano associazioni professionali, sempre e solo nel rispetto delle regole vigenti.
Si tratta di un inglobamento controllato che si sviluppa su un sistema di giudizio non più basato sulla prova provata, ma sul parere dei giudici e delle sedi giudicanti, che dovranno valutare quali siano le riviste da accreditare, i risultati di ricerche da selezionare e quant’altro.
In definitiva questo nuovo approccio amplia i limiti finora esistenti ed introduce un reale pluralismo metodologico che sfocia a sua volta in una forte esplosione di pubblicazioni di articoli e interventi in Internet .
Il dibattito tutt’ora in corso sulle altre medicine, appare incentrato maggiormente sulla legittimità e sui limiti di applicazione e si presenta articolato in diversi aspetti quali la scientificità, la prova, l’efficacia, il giudizio, la tradizione, la professione, l’insegnamento, la formazione.


E’ logico, a questo punto, domandarsi cosa sia opportuno integrare…


La risposta che mi sento di dare è che non sono da integrare le concezioni del mondo che sottendono alle singole medicine e se e in che modo queste rispondono a frammentate e discordanti ideologie, bensì vanno integrate le pratiche che si dimostrino efficaci e produttive nel rapporto medico-paziente.
Tutto ciò limitandoci, come appare opportuno, all’aspetto terapeutico che tali pratiche sono in grado di apportare alla salute della persona, lasciando ad altre valutazioni il substrato culturale-filosofico.


Il dibattito sulle medicine alternative risulta, pertanto, ancora complesso e articolato.
 
Certamente, perché in esso entrano in gioco altre conoscenze che tendono a confondere i confini della medicina fin qui intesa, altri attori tra cui le istituzioni pubbliche, i media e gli organismi economici. Entra anche il cittadino che si rivolge alle medicine alternative sia nella veste di utente che nella veste di pubblico che determina l’orientamento della comunicazione (audience).
La medicina convenzionale scopre la sfida di un pubblico moderno, molto più informato che nel passato, che è in grado di chiedere cure, terapie e prevenzione ma che giunge anche ad imporle.


Chi vincerà la sfida? il medico, i media o le organizzazioni? Oppure il mondo della ricerca applicata che riversa nel mercato cure, test, farmaci?


La sfida della medicina complementare si unisce alle sfide che provengono dall’interno della struttura stessa del campo medico.
Il formarsi di una medicina integrata nella quale confluiscono, su un terreno scientifico unitario, contributi provenienti da differenti tradizioni mediche, se organicamente ripensato ed integrato, favorisce la prospettiva di una più articolata concezione sistemica dei processi di salute e malattia e di un approccio all’uomo nella sua reale condizione esistenziale – ad un tempo biologica e storico-sociale – in grado di rispondere in maniera moderna al nuovo paradigma salute – benessere.

Autore: Redazione FNOMCeO

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