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L’Istat conferma: il Welfare è in recessione

Risultati immagini per istat L’Istituto Nazionale di Statistica pubblica ogni anno dei Rapporti sui consumi degli italiani e, più specificamente, delle famiglie. L’ultimo, in ordine di tempo, è dell’ 8 luglio. In termini di macrodati, emerge il seguente quadro: “Dopo due anni di calo, nel 2014 la spesa media mensile per famiglia invalori correnti risulta sostanzialmente stabile e pari a 2.488,50euro (+0,7% rispetto al 2013) in un contesto macroeconomico che, tra il 2011 e il 2014, registra una moderata crescita del reddito disponibile e della propensione al risparmio.
Trail 2013 e il 2014 la spesa media mensile è pressoché invariata intermini reali, tenuto conto dell’andamento dei fitti figurativi (-0,8%), della dinamica dei prezzi (+0,2%) – che ha determinato una sostanziale stabilità del potere d’acquisto – e dell’errore campionario. Il livello di spesa alimentare rimane complessivamente stabile (in media 436,06 euro al mese). Continua la diminuzione della spesa per carne (da 99,64 nel 2013 a 97,20 euro nel 2014), che si accompagna a quella per oli e grassi (da 15,16 a 13,79 euro) e per bevande analcoliche (da 20,61 a 19,66 euro), mentre aumenta la spesaper piatti pronti e altre preparazioni alimentari (da 9,52 a 10,5 euro).

Dopo tre anni di crescita, scende il numero di famiglie che riducono la quantità o la qualità dei prodotti alimentari acquistati (dal 62%al 59%), soprattutto nel Centro-Nord. Non si riduce la quota di acquisti presso hard discount (13%), che continua a crescere al Sud enelle Isole (dal 12% al 15%).

Sostanzialmente stabile anche la spesa per beni e servizi non alimentari (2.052,44 euro in media al mese). Per il secondo anno consecutivo si riducono le spese per comunicazioni, servizi ricettivi e di ristorazione.Tornano, invece, a crescere dopo tre anni di calo le spese per abbigliamento e calzature, quelle per mobili, articoli e servizi per la casa, per la salute, l’istruzione, la cura della persona e gli effetti personali, soprattutto nel Nord-ovest.

I livelli di spesa più bassi, tenuto conto anche dell’ampiezza familiare, si osservano per le coppie giovani (con persona di riferimento under 35), che, per la prima volta, hanno una spesa inferiore a quella delle coppie con persona di riferimento di 65 anni e oltre (di circa 100 euro).

Le famiglie composte solamente da stranieri spendono mediamente 1.644,72 euro al mese – 900 euro in meno delle famiglie di soli italiani – e destinano una quota maggiore di spesa ad alimentari, abitazione e comunicazioni.

Nelle aree metropolitane, dove la spesa media mensile raggiunge i 2.723,92 euro, (2.409,96 euro quella nei piccoli comuni), quote di spesa più elevate sono destinate all’abitazione (a seguito dei livelli più alti degli affitti e dei fitti figurativi) e ai beni e servizi legati al tempo libero (ricreazione, spettacoli, cultura, servizi ricettivi e di ristorazione).

Restano le tradizionali differenze territoriali nelle spese medie delle famiglie tra Centro-Nord e Mezzogiorno, con valori massimi osservati in Trentino-Alto Adige (3.073,54 euro) e in Emilia-Romagna (2.883,27euro) e valori minimi per la Calabria (1.757,82 euro) e la Sicilia (1.778,86 euro). Si tratta di una differenza tra i valori medi che assume un massimo pari a 74,8%”.
 

Più spesa delle famiglie per farmaci e prestazioni sanitarie

Fin qui l’Istat delinea quel fenomeno che è stato raccontato, nei mesi scorsi, come “ripresina”, vale a dire una timida inversione di tendenza rispetto a sette anni di recessione e di deflazione, conseguente alla crisi economica mondiale scatenatasi negli anni terribili 2007-2008. Ma, entrando più nello specifico del rapporto tra spesa pubblica e privata che tenta di sostenere le politiche di Welfare, emerge che non esiste soltanto lo spread sui titoli di Stato, ma esiste anche uno spread nel sociale. L’Istat conferma pertanto che il Welfare è in recessione, o, prendendo a prestito una recentissima ricerca del Censis, è in fase di rinserramento. Ecco i dati sui consumi delle famiglie per prestazioni sanitarie e farmaci: “Gliitaliani spendono sempre di più per farmaci e prestazioni sanitarie. Nell’ultimo anno ben 166 euro in più. Il numero emerge da una nostra elaborazione degli ultimi dati dell’Istat sulla Spesa per i consumi delle famiglie. Dal Report si evidenzia come in media nel 2014 ogni famiglia italiana ha speso per servizi sanitari e prodotti per la salute una cifra stimata di 109,45 euro al mese, pari a 1.313,4 euro l’anno. Un esborso pari al 4,4% della spesa totale delle famiglie che rivela una crescita dello 0,5% rispetto al 3,9% del 2013 dove la spesa media era di 95,63 euro e quella annuale eradi 1.147,5 euro. Aumentano, ancora una volta soprattutto nel Nord,sia le spese per medicinali e altri prodotti farmaceutici sia quelle per servizi ambulatoriali. In generale si spende di più nelle Regioni del Nord e meno in quelle del Centro. Nello specifico, le Regioni in cui i cittadini dedicano ai consumi di salute una percentuale più elevata di budget sono la Valle d’Aosta (5,6%), il Veneto (5,4%), la Puglia (5,2%), la Pa di Trento (5,2%). Le Regioni invece i cui i cittadini spendono meno sono la Sardegna (3,2%), l’Umbria (3,5%), la Campania (3,6%) e la Toscana (3,9%). Ricorre di più al portafoglio chi abita nei piccoli comuni. Da notare come all’aumentare del titolo di studio la spesa per la salute si abbassa. Profondo anche il divario con le famiglie di cittadini stranieri che spendono per la salute esattamente la metà rispetto a quelle italiane. Per quanto riguarda i medicinali, diminuisce la percentuale di famiglie che li acquista presso i supermercati (dall’11,3% del 2013 al 9,4% del 2014), a favore delle farmacie (dall’85% all’88%)”.

Il rinserramento del Welfare, secondo il Censis

L’enorme mole di dati fornita dall’Istat testimonia come gli italiani siano costretti sempre più a svuotare le proprie tasche per assicurarsi prestazioni sanitarie e farmaci, in altre parole appare sempre più giusta l’intuizione di chi ha segnalato che i famosi LEA si siano trasformati da Livelli essenziali di assistenza a Livelli eventuali di assistenza. Il Welfare è in recessione. A giugno, come ogni anno, il Censis ha promosso il “Mese del Sociale”, un ciclo di quattro incontri dai quali è emerso che la nostra economia è sempre più a-ciclica e apolide, che riscopre il privato e che, in termini di Welfare, siamo in fase di rinserramento. L’ultimo incontro, il 24 giugno, non a caso, è stato titolato “salvare il sociale”. Perché? Sostiene il Censis che emblematico è quel che è successo nella Sanità: “Una situazione evidente nelle politiche sanitarie, con il dato emblematico della riduzione della spesa pubblica a fronte della crescita della spesa privata (per altro anche essa in fase di lenta diminuzione negli ultimi due anni) così come nella gestione delleregioni più problematiche attraverso il ricorso allo strumento dei piani di rientro. Ma è sul fronte delle politiche socio-sanitarie esocio-assistenziali che le conseguenze del progressivo rinserramento del welfare italiano hanno dato i frutti più marcati anche se apparentemente meno evidenti”. Ed ecco la spiegazione: “Un dato eclatante è quello legato all’andamento del Fondo per le politiche sociali, istituito nel 1997 per garantire risorse aggiuntive agli Enti locali e consentire la strutturazione di servizi a supporto di anziani, disabili, infanzia, famiglie in difficoltà, che testimonia il progressivo ed importante ridimensionamento dell’impegno pubblico nel finanziamento di queste politiche, nonostante il parziale recupero degli ultimi due anni. Simile l’andamento anche di un altro Fondo, potenzialmente strategico, quello per la non autosufficienza, istituito a dicembre del 2006, che nel 2012 non è stato
neanche finanziato”.

Contrazione della spesa pubblica, aumento della spesa privata per i farmaci: la tendenza è questa ormai da anni, e non solo per scelte politiche di contenimento della spesa, ma anche per problemi strutturali tipicamente italiani, che elevano a 427giorni i tempi per accedere a un farmaco dopo l’approvazione a livello comunitario, quando nel Regno Unito ne occorrono ‘solo’ 108, per dirla con Carla Collicelli del Censis. Dato confermato da Massimo Scaccabarozzi, Presidente di Farmindustria, in più riprese, anche il 2 luglio nell’Assemblea pubblica dell’Associazione delle aziende farmaceutiche.

C’è solo da sperare che se la ‘ripresina’ si trasformerà in ripresa vera, la politica sia capace e trovi gli strumenti per ripensare profondamente le politiche di Welfare, che, ormai, non possono che essere concepite a livello europeo, soprattutto per ribaltare la versione minimalista degli ultimi decenni che ha imposto solo riduzioni di spesa e di investimenti che hanno determinato un Welfare al ribasso. E’ questo il rinserramento descritto dal Censis.

Autore: Redazione FNOMCeO

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