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Manovra, Regioni compatte: “Segnali positivi ma il Governo ci ascolti”

A distanza di pochi giorni da domenica scorsa, quando il CN straordinario della FNOMCeO ha espresso, all’unanimità, la propria preoccupazione per gli effetti della manovra finanziaria del Governo, le Regioni, in successive prese di posizione, hanno messo nero su bianco quali sono le ‘criticità’ della manovra secondo il loro punto di vista. Balza agli occhi la convergenza delle analisi tra la mozione FNOM e la posizione delle Regioni: la manovra tocca settori importanti come la sanità e i servizi sociali, ma non solo: ciò che appare sproporzionato è l’entità dei tagli che sono chiesti alle Regioni rispetto ad altre Amministrazioni centrali e periferiche dello Stato.

Già mercoledì la posizione delle Regioni era emersa in tutta la sua nettezza: la manovra è da rivedere, con tanto di numeri e dati sullo stato reale della finanza regionale. Ma giovedì i primi spiragli si sono aperti. Un Ministro tra i più attenti e competenti del Governo ha avanzato l’ipotesi del dialogo possibile. Si tratta di Maurizio Sacconi, titolare del Welfare: “Credo che alla fine si possa trovare un’intesa – ha spiegato – Quello che conta è che le Regioni, come lo Stato, riflettano su se stesse”. Le Regioni infatti “davvero non hanno proprio nessun Ente, nessuna Agenzia, fra le tante che hanno prodotto in questi anni, da sciogliere? Nessuna azione di dimagrimento da fare? Sono davvero esenti dalle esigenze che lo Stato avverte e che ci hanno portato allo scioglimento di 15 Enti con questa manovra finanziaria? Questa credo – ha ammonito il ministro – sia la riflessione che anche le Regioni devono fare tenendo conto che tutta la discussione avviene al netto del Fondo sanitario che è garantito”.

Insomma, un ragionamento si può avviare, i tempi sono stretti, ma ci sono. La mediazione è possibile, valutando anche le affermazioni del Ministro per le Regioni Raffaele Fitto. Altro segnale positivo dal Ministro della Salute Ferruccio Fazio, che ha parlato della possibilità che il turn over non riguardi la sanità, così come il blocco degli stipendi. E di “sacrifici sproporzionati” per le Regioni ha parlato Giancarlo Galan, oggi Ministro per le Politiche agricole, già Presidente della Regione Veneto.

Ma la posizione ferma e compatta delle Regioni ha indotto Renato Schifani, Presidente del Senato, la seconda carica dello Stato, a lanciare un monito: “La riduzione strutturale della spesa pubblica non è rinviabile, né sono più accettabili sprechi e privilegi. Ma i sacrifici, pur necessari, non possono intaccare le tutele fondamentali, come quella della salute, che rappresentano sul piano della giustizia e dell’equità la difesa dei più deboli ed emarginati”. Schifani ha poi sottolineato che “nella sanità gli sprechi vanno eliminati con fermezza, ma garantendo la tenuta degli standard qualitativi e collettivi del servizio pubblico al quale si rivolgono anche le fasce sociali meno abbienti e quindi meritevoli di particolare e doverosa attenzione e tutela”.

A questi segnali positivi della politica devono seguire i fatti. In sintesi, questa è la posizione dei Presidenti delle Regioni, espressa dal Presidente Vasco Errani: “Le dichiarazioni rilasciate da diversi Ministri dimostrano che l’allarme lanciato dalle Regioni sulla insostenibilità e sulla iniquità della manovra è fondato. Prendo atto – ha proseguito Errani – che esiste un maggiore grado di consapevolezza sulla pesantezza e sulla sproporzione del taglio imposto alle Regioni. E’ un primo passo in avanti, frutto della nostra iniziativa responsabile e istituzionale. Ora attendiamo i fatti. Deve essere chiaro a tutti che ci sono in gioco servizi essenziali per i cittadini in settori come il trasporto pubblico locale, il welfare, la sanità e il sostegno alla piccola e media impresa. Riequilibrare la manovra non è soltanto giusto, ma è anche indispensabile per l’Italia. Adesso è il momento – ha aggiunto il Presidente della Conferenza delle Regioni – di fare chiarezza sulle diverse voci della spesa pubblica per effettuare una scelta che sia condivisa dai diversi livelli istituzionali. Lasciamo da parte la demagogia, impegniamoci in uno sforzo comune, al centro come in periferia, nella lotta per ridurre i costi di funzionamento e gli sprechi e costruiamo una manovra correttiva che sia sostenibile e soprattutto che non imponga sacrifici alle fasce più deboli della popolazione. Di fronte alla difficile fase che vive il Paese – ha concluso Errani – occorre mettere bene a fuoco gli obiettivi. C’è la necessità di inforcare lenti che ci facciano vedere bene da vicino, e mi riferisco ai conti pubblici,  alla trasparenza degli stessi e ai conseguenti interventi finanziari. E c’è la necessità di avere le giuste lenti per vedere lontano e dare al federalismo fiscale quella base finanziaria che lo renda possibile e utile per l’intero Paese”.

In questi giorni la compattezza tra i Presidenti delle Regioni è forte. E, proprio su questo punto, spicca la posizione di Roberto Formigoni, Presidente della Lombardia: “Abbiamo avuto ragione – ha ribadito Formigoni – e oggi tutti sanno che la manovra è pesantissima per le Regioni mentre risparmia i ministeri. Anche grazie ai contatti che ho avuto e che continuo ad avere qualcosa comincia a muoversi. Chiederò che ci sia la convocazione di un tavolo tra ministero delle Finanze e Regioni per potere procedere ad un riparto più equo dei tagli perché la manovra non può essere così pesante”. Già nei giorni scorsi, Formigoni era andato diretto al cuore del problema, vale a dire la sproporzione dei tagli imposti alle Regioni, ma, anche di fronte all’apertura del Ministro delle Riforme Umberto Bossi, lo stesso Formigoni ha rilevato che “qualcosa comincia a muoversi”.

E, riprendendo la metafora della mozione FNOMCeO sulle tasche che non sono tutte uguali, si può dire che le Regioni hanno messo le mani in tasca proprio alla manovra, andando ad analizzare i dati più stridenti, a partire da quelli relativi al debito nella PA e del suo rapporto con il PIL, riassunti in questa tabella.

Se è vero che la matematica non è un’opinione, questa tabella non ha bisogno di commenti. Ma le Regioni rilevano tra l’altro, nel complesso documento varato all’unanimità, anche un’altra pesante anomalia: “Alle Regioni è chiesto un risparmio nel 2011 di 4,5 mld su un totale di riduzioni previste dalla manovra di 10 mld, ciò equivale ad addossare il 40% della manovra alle Regioni. Per il 2012 il contributo a cui sono chiamate le Regioni è del 30% circa”. Traduzione dei dati: “Nel biennio i tagli per il solo patto di stabilità sono di 10 mld a fronte di una manovra pari a 12 mld per il 2011 e 24,9 per il 2012 previsti di riduzione della spesa pari al 35% circa della manovra. Considerando che le spese regionali sottoposte a patto di stabilità sono intorno ai 60 mld (al netto della spesa sanitaria già disciplinata dalle norme del Patto Salute) e che equivalgono a circa il 7% della spesa complessiva della PA circa 799 mld, il taglio prospettato è del tutto irragionevole. Si ricorda, inoltre, che a legislazione vigente le Regioni sono chiamate a concorrere agli obiettivi di finanza pubblica per 4,06 mld”.

Le Regioni rilevano inoltre una sproporzione tra le funzioni ad esse attribuite e le risorse ad esse assegnate dallo Stato, una sproporzione che, in assoluta compattezza bipartisan, aveva fatto dire ai Presidenti che la manovra è incostituzionale: “La prevista pesante riduzione dei trasferimenti finanziari necessari per finanziare integralmente le funzioni pubbliche attribuite alle Regioni appare in sicuro contrasto con la Costituzione e contraddice i principi dell’art. 119 e il principio di sussidiarietà previsto dall’art. 118 Cost. La riduzione colpisce i fondi destinati dallo Stato all’esercizio di funzioni amministrative trasferite alle Regioni in attuazione del processo di decentramento amministrativo realizzato prima della riforma del Titolo V e poi da questa riforma consolidato con le modifiche apportate, in particolare, agli articoli 117, 118 e 119 della Costituzione”. Il dubbio di costituzionalità è così motivato: “Questo taglio disposto unilateralmente dallo Stato va per la prima volta ad intaccare pesantemente il principio della necessaria corrispondenza tra le funzioni conferite e le risorse necessarie per il loro esercizio, già affermato dalle leggi che hanno disposto il conferimento di funzioni e, soprattutto, riconosciuto a livello Costituzionale dall’art. 119 , quarto comma “Le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi precedenti consentono ai Comuni, alle Province, alle Città metropolitane e alle Regioni di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite”.

La Corte Costituzionale, fin dalla Sentenza n. 37 del 2004, ha dato una lettura molto significativa dell’evidenziato passaggio recato dal quarto comma dell’art. 119 nel senso della doverosità della corrispondenza tra funzioni attribuite e risorse a disposizione. Peraltro, sempre nella citata sentenza, la Corte ha affermato che, in attesa della definizione della complessa architettura richiesta dall’attuazione dell’art. 119 Cost., se non è ammissibile, in materia tributaria, una piena esplicazione di potestà regionali autonome in carenza della fondamentale legislazione di coordinamento dettata dal Parlamento nazionale, vale ovviamente il limite (ndr, per lo Stato) discendente dal divieto di procedere in senso inverso a quanto oggi prescritto dall’art. 119 della Costituzione, e così di sopprimere semplicemente, senza sostituirli, gli spazi di autonomia già riconosciuti dalle leggi statali in vigore alle Regioni e agli enti locali, o di procedere a configurare un sistema finanziario complessivo che contraddica i principi del medesimo art. 119”.
Ma c’è un altro aspetto messo in evidenza dai Presidenti: “Una specifica considerazione va riservata al fatto che la manovra prospettata, incide sulla possibilità di attuare il Federalismo fiscale, in quanto le risorse che servono a finanziare competenze regionali, e sulle quali si sarebbe dovuto applicare la perequazione ovvero il riequilibrio finanziario per le Regioni con il maggior prelievo fiscale a fronte di minori trasferimenti dallo Stato, risultano sostanzialmente azzerate, vanificando il faticoso lavoro di avvio della riforma”.

La posizione forte delle Regioni sulla manovra è infine così motivata dal punto di vista strettamente politico: “Le Regioni, in conclusione, comprendono la necessità di una manovra tempestiva rispetto alla situazione economica attuale per dare risposta concreta ai mercati e all’Unione Europea sulle misure adottate dall’Italia. Ritengono d’altro canto che il taglio indiscriminato sulle spese regionali non sia congruo nell’equilibrio del concorso dei singoli livelli istituzionali alla manovra, per di più i tagli indiscriminati difficilmente sono applicabili e probabilmente non daranno i previsti frutti benefici al Paese e pertanto ritengono la manovra irricevibile”.

Non resta che attendere per verificare se gli spiragli diventeranno delle porte aperte al dialogo tra Governo e Regioni e se si arriverà a delle correzioni per rendere più equa la manovra, sulla quale si sono pronunciati pesantemente anche Province e Comuni, nonché singole categorie di lavoratori e dell’associazionismo delle imprese e del mondo sindacale. Intanto i Comuni hanno convocato una manifestazione a Roma per il 23 giugno, mentre, in un incontro al Quirinale, hanno incassato l’attenzione del Presidente della Repubblica. Il Presidente dell’Anci Sergio Chiamparino ha riferito che Napolitano “ci ha rafforzato nella nostra convinzione che i Comuni sono l’anello indispensabile alla catena che collega rappresentanze della politica, istituzioni e cittadini e ci ha sollecitato a spiegare bene al governo quali potrebbero essere le conseguenze della manovra sui Comuni”.

Autore: Redazione FNOMCeO

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