Manovra: scongiurati i tagli alla Sanità

Consiglio dei Ministri di domenica 4 dicembre, pomeriggio, al termine delle consultazioni del Premier Mario Monti con partiti e parti sociali. La seduta a Palazzo Chigi termina alle ore 19,35. Contrariamente a quanto paventato da anticipazioni e indiscrezioni, nella manovra è stato scongiurato il taglio di 2,5 miliardi al Fondo sanitario nazionale e si è raggiunta un’intesa con Regioni ed Enti locali sul trasporto pubblico locale (vedi file allegato). Come anche sono state smentite le notizie relative ai ritocchi alle aliquote Irpef, che non sono toccate dalla manovra, che si attesta sui 20 miliardi di euro e non 24 come si era detto. L’unica misura che riguarda la farmaceutica è quella delle liberalizzazioni dei farmaci di fascia C, che potranno essere venduti non solo nelle farmacie, ma anche nelle parafarmacie, nonché nei supermercati che già lo fanno per alcuni generi di prodotti.

A confermare queste scelte è Vasco Errani, Presidente della Conferenza delle Regioni, dopo l’audizione con il Premier. Sulla sanità, Errani ha affermato: “Credo di poter dire, e vedremo gli atti che se anche questo punto fosse confermato, potremmo dare un giudizio positivo. Quello di oggi e’ stato un incontro rivelatosi non formale e non di semplici comunicazioni”. Errani ha aggiunto: “E’ fondamentale ricostruire relazione col governo, per questo abbiamo ribadito due concetti: bisogna rifare il punto sul federalismo fiscale. La situazione così com’è non ha possibilità di effetti positivi. Poi bisogna attivare la commissione su finanza pubblica per concertare le scelte sul settore, trovando letture omogenee dei conti”.

Confermati gli interventi sul sistema pensionistico, sull’IRAP, nonché le misure per la crescita. Il Governo afferma: “L’insieme degli interventi ammonta a circa 20 miliardi di euro strutturali per il triennio 2012- 2014 con una forte componente permanente di risparmi conseguiti. La correzione lorda è di oltre 30 miliardi in quanto sono previsti interventi di spesa a favore della crescita, del sistema produttivo e del lavoro per oltre 10 miliardi”.

Ci sarà una scontata approvazione da parte di Camera e Senato convocati per oggi (lunedì) in sequenza rapida, prima la Camera e poi il Senato, entro la serata sarà portato a compimento il primo atto “strutturale” del Governo Monti, tutto compreso in un unico decreto. In tal senso si è espresso lo stesso Premier nel corso della conferenza stampa a Palazzo Chigi, subito dopo il Consiglio dei Ministri. Monti ha parlato di “manovra salva Italia” e ha confermato di rinunciare al compenso che gli spetta come Presidente del Consiglio e come Ministro dell’Economia, per dare un segnale sul tema caldo dei tagli al costo della politica. In tal senso va anche la misura di dimagrimento nei confronti delle Province.

Il fatto che la sanità non sia stata toccata è una buona notizia, visto che due giorni prima, venerdì 2 dicembre, il Censis, nel suo 45° Rapporto sulla situazione sociale del Paese, aveva parlato del rischio di non sostenibilità delle politiche del Welfare e della sanità in particolare. “Nel periodo 2001-2010 le Regioni con Piano di rientro hanno registrato un incremento della spesa del 19% contro il +26,9% del resto delle Regioni. Nel 2006-2011 hanno subito una riduzione della spesa in termini reali dello 0,6%, mentre le altre Regioni hanno avuto un aumento di oltre il 9%. Spicca il contenimento della spesa in Sicilia (-10% nel periodo 2006-2010), Abruzzo (-4,4%), Lazio (-3%) e Campania (-1,9%), che hanno siglato i rispettivi Piani di rientro nel 2007”.

Per i cittadini, la sanità non è solo un problema finanziario
La tendenza a una visione esclusivamente finanziaria della gestione di Asl e ospedali non ha riscontrato, negli anni, il favore dei cittadini. Il Censis registra così la percezione dei pazienti: “La cura a cui è sottoposto il Servizio sanitario non sta generando effetti positivi secondo i cittadini. Nell’ultimo biennio i dati dell’indagine Forum per la Ricerca Biomedica-Censis indicano che è solo l’11% a ritenere migliorato il servizio sanitario della propria regione, quasi il 29% ha registrato un peggioramento e circa il 60% una sostanziale stabilità. Il futuro della sanità per i cittadini è segnato da alcune paure: un’accentuazione delle differenze di qualità tra le sanità regionali (35,2%), che l’interferenza della politica danneggi la qualità della sanità (35%), che i disavanzi rendano indispensabili robusti tagli all’offerta (21,8%), che non si sviluppino le tipologie di strutture e servizi necessarie, come l’assistenza domiciliare territoriale (18%), che l’invecchiamento della popolazione e la diffusione delle patologie croniche producano un intasamento delle strutture e dei servizi (16,3%)”.

Donne e salute
Emerge quest’anno un aspetto particolare nel Rapporto Censis e riguarda le donne che “dichiarano condizioni di salute buone in quote sistematicamente inferiori ai maschi, mentre più spesso affermano di soffrire di due o più malattie croniche. La maggiore consuetudine tra donne e malattia ha a che vedere anche con l’impegno nel lavoro di cura, visto che i caregiver sono soprattutto donne. Nel caso dell’ictus si arriva al 75,7% dei casi, con importanti differenze di età, laddove i pazienti maschi hanno più spesso caregiver mogli (54,3%), mediamente più anziane, mentre le pazienti donne sono assistite per lo più dai figli (55,9%). Le caregiver mogli tendono a sobbarcarsi il carico assistenziale da sole, e ne pagano spesso il prezzo in termini di problemi psicologici e di salute, mentre le figlie trovano con maggiore frequenza sollievo e aiuto da una badante”.

Comuni sull’orlo del default sociale
“6,7 miliardi di euro è il valore degli interventi e servizi sociali comunali, ai quali si aggiunge la compartecipazione degli utenti (circa 1 miliardo l’anno) e la quota a carico del Servizio sanitario (circa 1,1 miliardi l’anno), per un totale di spesa pari a poco più di 8,7 miliardi di euro, pari a circa il 10% del totale della spesa per tutte le politiche socio-assistenziali. Ma in tre anni i fondi sociali nazionali sono stati tagliati in misura consistente: il Fondo nazionale per le politiche sociali è passato dal 2008 al 2011 da 929,3 milioni di euro a meno di 220 milioni, il Fondo per la non autosufficienza nel 2011 non è stato finanziato, con un taglio netto di 400 milioni di euro. Chi subirà gli impatti dei tagli? In primo luogo l’utenza: oltre il 40% delle risorse per il sociale dei Comuni è impiegato per famiglie e minori, il 21,2% per gli anziani, una quota simile per i disabili e il 7% circa per la lotta alla povertà. Ma anche gli occupati nel sociale, perché il 48,5% della spesa comunale per i servizi sociali è impiegato per affidare i servizi all’esterno, a cooperative sociali e altri soggetti del terzo settore. Va ricordato che nel periodo 2006-2010 si è avuto un aumento di oltre 505.000 famiglie in condizione di deprivazione (+14,6%), che ora sono 4 milioni; è aumentato di oltre 1 milione (sono 4,1 milioni in totale) il numero di famiglie che hanno intaccato il patrimonio o contratto debiti; le coppie con figli in povertà assoluta sono aumentate di 115.000 nuclei (+37%) e sono ormai oltre 424.000; le monogenitoriali in povertà assoluta sono aumentate di 65.000 nuclei (+72,3%) e sono salite a 154.000; le famiglie numerose in povertà assoluta con 5 e più componenti sono aumentate di 43.000 unità (+41,6%) e sono ora 147.000”.

Autore: Redazione FNOMCeO

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