Medici di pronto soccorso – Rifiuto indebito di atti di ufficio

Cassazione Penale Sentenza n. 24163/18 – Medici di pronto soccorso – Rifiuto indebito di atti di ufficio – La Corte di Cassazione ha condannato un medico di un pronto soccorso, riconosciuto responsabile del reato di cui all’art. 328, comma 1, c.p., perché, asserendo che la radiodiagnostica non funzionava, aveva rifiutato l’accettazione di R. C., che era stata trasportata presso il Pronto Soccorso sull’autoambulanza del 118 in codice rosso con patologia cardiologica e affetta da dispnea severa, omettendo dunque, di mettere in atto il protocollo diagnostico-terapeutico previsto per l’approccio ai pazienti in dispnea (valutazione delle condizioni dell’apparto cardio-circolatorio, valutazione dei parametri vitali della paziente, approfondimenti strumentali).

FATTO E DIRITTO: Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Messina, a seguito di gravame interposto dall’imputato G. S. avverso la sentenza emessa il 28.10.2015 dal Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, ha confermato la decisione con la quale il predetto è stato riconosciuto responsabile del reato di cui all’art. 328 comma 1 cod. pen. e condannato a pena di giustizia perché quale medico in servizio presso il pronto soccorso dell’Ospedale “Omissis” di (Omissis), indebitamente rifiutava un atto del proprio ufficio che per ragioni di sanità doveva essere compiuto senza ritardo, in particolare, asserendo che la radiodiagnostica non funzionava, rifiutava l’accettazione di R. C., che era stata trasportata presso il Pronto Soccorso sull’autoambulanza del 118 in codice rosso con patologia cardiologica e affetta da dispnea severa, omettendo dunque, di mettere in atto il protocollo diagnostico-terapeutico previsto per l’approccio ai pazienti in dispnea (valutazione delle condizioni dell’apparto cardio-circolatorio, valutazione dei parametri vitali della paziente, approfondimenti strumentali).  Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato che, con atto del difensore, deduce: 2.1.violazione dell’art. 59 cod. pen. e vizio della motivazione a riguardo della sussistenza della scriminante in questione – reale o putativa – in relazione alla circostanza – documentalmente emergente in atti – secondo la quale la Direzione sanitaria aveva sollevato il medico dalla scelta di attuare o meno il protocollo di Pronto soccorso presso l’ospedale di (Omissis), optando di dirottare tutti i pazienti in codice rosso presso il nosocomio della vicina (Omissis), poiché il guasto perdurante del servizio di radiologia avrebbe reso impossibile o inadeguato il soccorso ai pazienti più gravi. Inoltre, del tutto illogica è l’affermazione della sentenza in ordine alla riattivazione del servizio alle 15,30, della quale il ricorrente non sapeva nel precedente momento in cui la paziente era giunta al pronto soccorso. Ancora, alcuna colpa può essere ascritta all’imputato in relazione alla mancata attuazione del protocollo generale di intervento rispetto alle condizioni disperate della paziente che sarebbe ugualmente deceduta e manifestamente illogica è la sentenza sul punto in relazione alla circostanza secondo la quale l’attuazione del protocollo prevede anche l’esecuzione dell’ECG , che presuppone il funzionamento del servizio di radiologia. Il ricorrente non ha pretestuosamente fatto leva sul disservizio del reparto di radiologia per dirottare altrove la paziente, ma operato una scelta più adeguata alla sua assistenza.  violazione dell’art. 328 cod. pen. e vizio della motivazione in relazione al rifiuto indebito di atti di ufficio, dovendosi tenere conto della valutazione discrezionale d’ordine tecnico demandata all’operatore sanitario rispetto all’adempimento richiesto. Il ricorso è inammissibile. Al di là dei formali motivi proposti, il ricorrente – con il primo di essi – fa leva su una questione di fatto – le disposizioni della Direzione sanitaria dell’Ospedale di (Omissis) – di cui, peraltro, non v’è traccia nel provvedimento impugnato, dal quale risulta soltanto una programmata interruzione del reparto di radiologia tra le ore 12,30 e le 15,30, risultando la paziente pervenuta al Pronto soccorso alle ore 15,20. Inoltre, ineccepibile è la considerazione secondo la quale il rifiuto di prestare soccorso alla paziente in codice rosso risultava ingiustificato sia in relazione al previsto rispristino – di lì a poco – del servizio di radiologia, come pure alla essenzialità di detto servizio, rispetto ad una serie di accertamenti che potevano prescindere da esso. Secondo motivo costituisce generica deduzione in fatto, avente ad oggetto questione neanche sottoposta al Giudice di merito, in costanza della indiscussa urgenza dell’intervento richiesto dal 118 relativo ad un paziente in “codice rosso”, invece, dirottato pretestuosamente ad altro ospedale. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila in favore della cassa delle ammende)

Autore: Marcello Fontana - Ufficio Legislativo FNOMCeO

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