Medici e obbligo di reperibilità nel giorno festivo

CORTE DI CASSAZIONE CIVILE – Il servizio di reperibilità svolto
nel giorno festivo attribuisce al medico il diritto ad ottenere una
remunerazione economica aggiuntiva e non un riposo compensativo. La
Corte di Cassazione ha rilevato che la reperibilità, prevista dalla
disciplina collettiva, si configura come una prestazione strumentale ed
accessoria qualitativamente diversa dalla prestazione di lavoro,
consistendo nell’obbligo del lavoratore di porsi in condizione di essere
prontamente rintracciato, fuori del proprio orario di lavoro, in vista
di un’eventuale prestazione lavorativa; conseguentemente il servizio di
reperibilità svolto nel giorno destinato al riposo settimanale limita
soltanto, senza escluderlo del tutto, il godimento del riposo stesso e
comporta il diritto ad un particolare trattamento economico aggiuntivo
stabilito dalla contrattazione collettiva o, in mancanza, determinato
dal giudice, mentre non comporta, salvo specifiche previsioni della
contrattazione collettiva, il diritto ad un giorno di riposo
compensativo (Sentenza n. 26723/14)

FATTO: La Corte di Appello di Roma, confermando la sentenza del Tribunale di Cassino, rigettava l’opposizione dell’ASL di —- avverso i decreti ingiuntivi emessi, su istanza dei lavoratori in epigrafe (medici ed operatori sanitari),a titolo di differenze retributive relative a giorni di riposo non goduto, avendo gli stessi prestato servizio di pronta reperibilità in giorni festivi. A base del decisum la Corte del merito poneva il rilievo fondante secondo il quale l’art. 18 del DPR n. 270 del 1987, richiamato dall’art. 44 n. 1 del CCNL del comparto sanità, così come l’art. 20 n.6 del CCNL area dirigenza medica,prevedeva che al dipendente – nel caso in cui la pronta disponibilità coincideva con una giornata festiva – spettava un riposo compensativo senza riduzione dell’orario di servizio settimanale e conseguentemente non si poteva dubitare del diritto dei lavoratori ad ottenere la compensazione monetaria afferente la mancata fruizione del riposo compensativo nelle giornate di pronta reperibilità per cui era causa.
D’altro canto, secondo la Corte territoriale,una diversa interpretazione della norma non avrebbe consentito al dipendente di beneficiare del previsto riposo compensativo da ritenersi comunque irrinunciabile a norma dagli artt. 36 Cost. e 2109 cc. Avverso questa sentenza la predetta ASL ricorre in cassazione sulla base di tre censure.

DIRITTO: La Corte di Cassazione ha rilevato che la reperibilità, prevista dalla disciplina collettiva, si configura come una prestazione strumentale ed accessoria qualitativamente diversa dalla prestazione di lavoro, consistendo nell’obbligo del lavoratore di porsi in condizione di essere prontamente rintracciato, fuori del proprio orario di lavoro, in vista di un’eventuale prestazione lavorativa; conseguentemente il servizio di reperibilità svolto nel giorno destinato al riposo settimanale limita soltanto, senza escluderlo del tutto, il godimento del riposo stesso e comporta il diritto ad un particolare trattamento economico aggiuntivo stabilito dalla contrattazione collettiva o, in mancanza, determinato dal giudice, mentre non comporta, salvo specifiche previsioni della contrattazione collettiva, il diritto ad un giorno di riposo compensativo, il cui riconoscimento, attesa la diversa incidenza sulle energie psicofisiche del lavoratore della disponibilità allo svolgimento della prestazione rispetto al lavoro effettivo, non può trarre origine dall’art. 36 della Costituzione, ma la cui mancata concessione è idonea ad integrare un’ipotesi di danno non patrimoniale (per usura psico-fisica) da fatto illecito o da inadempimento contrattuale, che è risarcibile in caso di pregiudizio concreto patito dal titolare dell’interesse leso, sul quale grava però l’onere della specifica deduzione e della prova (Cfr., ex plurimis, Cass., nn. 27477/2008; 14439/2011; 14288/2011; 11727/2013).

Autore: Marcello Fontana - Ufficio Legislativo FNOMCeO

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