PALERMO 13 settembre 2018 – Il cambiamento imposto oggi dalla rivoluzione digitale sta modificando il lavoro dei professionisti intellettuali, costretti ad interfacciarsi ogni giorno con macchine e algoritmi, fino ad essere diventati dei veri e propri cyborg. Una nuova generazione di supercomputer, infatti, è già in grado di apprendere, elaborare soluzioni professionali, migliorando continuamente le proprie performances. C’è però una profonda differenza tra umani e macchine, almeno fino ad oggi, che sta nella libertà di coscienza e nell’etica che solo il “fattore umano” può produrre. Per questo, gli Ordini professionali, che si caratterizzano per l’adesione a codici deontologici ed etici liberamente determinati, sono un elemento di difesa del lavoro intellettuale.
Sulla sfida della rivoluzione digitale, scienziati esperti di intelligenza artificiale, di robotica e di Morale, neuroscienziati, sociologi, futurologi, medici, economisti e giuristi si sono confrontati nel corso dei lavori del congresso “Datacrazia”, che si è svolto al teatro Politeama Garibaldi di Palermo grazie alla sinergia di quattro istituzioni ordinistiche di Palermo: Ordine dei medici, Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, Ordine degli ingegneri, Ordine degli avvocati. Obiettivo: individuare percorsi di sopravvivenza delle categorie professionali, fino ad oggi pilastro di conoscenza e competenze della società civile.
“Credo che le libere professioni debbano essere considerate fondamentali perché garantiscono diritti e libertà – ha detto il presidente della FNOMCEO, Filippo Anelli durante il suo intervento -. Medici, avvocati, giudici, tutti sono garanti di diritti costituzionali, dal diritto alla salute a quello della difesa. Il rischio è una dittatura di numeri perché gli algoritmi hanno per definizione dati già preordinati, senza nessun tipo di emozione o sentimento. Questo significa che la società, quindi anche le professioni, devono decidere quanta della loro libertà sono disposti a spostare in futuro sul versante dell’intelligenza artificiale. Un tema filosofico e antropologico che riguarda tutti e coinvolge l’intera organizzazione della società proprio perché attiene alla libertà e all’autonomia. In un processo di sviluppo tecnologico così rapido e importante, è indispensabile che l’utilizzo di tutti gli strumenti disponibili lasciano libero il professionista di decidere autonomamente, diversamente diventiamo tutti pezzi di un ingranaggio”.
Per Alberto Oliveti, presidente dell’ENPAM e dell’ADEPP “sarà inevitabile che l’uomo si adatti a questo nuovo processo di cambiamento. Si dice che due terzi dei bambini di oggi, da grandi faranno un lavoro che non è neanche nei radar. Il processo di trasformazione del lavoro legato all’evoluzione tecnologica delle intelligenze artificiali avrà un impatto importante anche sulle entrate contributive. C’è da chiedersi se il lavoro sarà più individualizzabile anche per le dichiarazione dei redditi di contributi e se la creazione di valore aggiunto dalle intelligenze artificiali necessiterà di nuovi interventi previdenziali su un nuovo fronte: l’esigenza di sicurezza sociale. Valore e sicurezza sociale rappresentano un binomio a cui anche la politica dovrà rispondere aprendo nuovi campi d’intervento. Tuttavia, penso che sia improbabile che l’intelligenza artificiale possa sostituire il rapporto tra uomo e uomo. Empatia e fìlia difficilmente potranno essere offerte da una macchina, che potrà solo riprodurre al meglio un comportamento umano”.
Di etica ha parlato Toti Amato, presidente dell’Ordine dei medici della provincia di Palermo: “Non credo che l’empatia o il rapporto di fiducia tra un medico e un paziente, centrato sulla legittimazione della competenza professionale e la condivisione di una decisione o di un percorso di cura potrà mai essere automatizzato. Anche la matematica ha la sua armonia ed efficacia nelle sue applicazioni, ma bisogna governarla. Ci sono temi, come l’intelligenza artificiale, che coinvolgono tutte le professioni. Uno su tutti l’etica, che non può prescindere dal fattore umano nella relazione tra soggetti, in campo medico tra chi sta male e il medico che cerca di aiutarlo. L’intelligenza artificiale certamente va analizzata da più prospettive. Verosimilmente, più avanza nella nostra vita il calcolo digitale più dovremo anche aspettarci una proliferazione di ‘minacce’, ma anche di pregiudizi. Questo non vuol dire demonizzare l’efficienza di certe intelligenze digitali in un processo di miglioramento di tutte le professioni o sentirsi sotto pressione per una tecnologia che vuole prendere il sopravvento sul lavoro intellettuale. Ma neppure, al contrario, rimanere inermi allo sviluppo di una scienza ispirata solo a calcoli e che ignora i principi di libertà, responsabilità e sicurezza. Serve una visione più ampia e un cambiamento rapido ed efficace perché anche le professioni intellettuali non possono più prescindere da calcoli, numeri e algoritmi.
Addetto stampa Stefania Sgarlata
Redazione Ordine dei Medici Chirurghi
e degli Odontoiatri della Provincia di Palermo www.ordinemedicipa.it
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