Medici in ricambio generazionale? La parola al professor Cuccurullo

In un recente articolo apparso prima di Pasqua sul Messaggero a firma di A. Maria Sersale il professor Franco Cuccurullo, Rettore dell’Università ‘Gabriele d’Annunzio’ di Chieti-Pescara e Presidente del CIVR (Comitato d’indirizzo per la valutazione della ricerca), ha affermato che nel prossimo quinquennio mancheranno laureati in medicina.

“Per motivi anagrafici ci sarà l’uscita di interi contingenti”. Negli anni 70, continua Cuccurullo, c’era stato il boom di iscrizioni, poi per non creare medici disoccupati, abbiamo istituito il numero programmato. Ma nei prossimi anni il Ministero dovrà rivedere le “quote” e aumentare il numero delle matricole Diversamente, conclude Cuccurullo, dovremo importare medici dai Paesi stranieri, come già accade in Gran Bretagna.

In effetti il Ministero, nei mesi scorsi, aveva già lanciato un allarme peraltro, appunto,non nuovo: i nostri Atenei sfornano un numero di medici e, soprattutto di infermieri troppo ridotto rispetto alle esigenze del SSN, soprattutto nel Nord Italia. Il grido di allarme del Ministero è stato comunque raccolto. Alcune Università hanno infatti allargato il numero chiuso sulle ultime selezioni già svolte, ripescando coloro che in graduatoria erano arrivati immediatamente dietro gli ammessi.

Non tutti gli Atenei hanno però risposto all’appello: Torino e Napoli sono state irremovibili, mentre Milano Bicocca, Roma La Sapienza, Palermo,Genova e Firenze, hanno aumentato retroattivamente, i posti disponibili in Medicina e Chirurgia. Negli ultimi anni, secondo quanto riportato dal Messaggero Veneto del 2 Aprile, negli ultimi anni il numero delle matricole è aumentato da 7.400 a 8.500 (+ 15%).

Sull’argomento abbiamo interpellato direttamente il Prof. Franco Cuccurullo che ha riproposto concretamente il problema di una futura carenza di medici nel nostro Paese:

Professor Cuccurullo, le sue affermazioni sono suffragate da dati statistici più o meno certi sulle future carenze di medici nel nostro Paese?
Proprio la FNOMCeO ha ripetutamente sollevato il problema e proiettato al 2026 la possibilità di una forte carenza di medici nel Servizio sanitario nazionale. Quella stima valutava che nel giro di 15-20 anni il rischio è di perdere qualcosa come 70 mila medici. D’altra parte, chi più degli Ordini può avere il polso della situazione della professione medica e odontoiatrica in Italia? Non ho motivo di ritenere che quella stima sia errata.

Vuole, per cortesia spiegarci meglio il senso della sua affermazione “dovremmo migliorare le politiche di orientamento e la programmazione delle lauree?
Credo che questa risposta debba darla la politica, vale a dire le scelte strategiche che il Ministeri dell’Istruzione, Università e Ricerca e della Salute intendono mettere in campo, magari in maniera concertata. Ritengo però che una ripresa di dialogo tra il mondo universitario e gli Ordini dei Medici sia non solo auspicabile, ma da perseguire in tempi rapidi. L’obiettivo è quello di modulare meglio l’orientamento affinché i giovani che scelgono di iscriversi a Medicina lo facciano nella piena consapevolezza delle difficoltà che dovranno superare. Mi riferisco alla necessità di contrastare il fenomeno della cosiddetta ‘mortalità’ studentesca, vale a dire quel 28 per cento di studenti che si iscrive e non va avanti negli studi. Occorre considerare che si tratta di un percorso di studi lungo, valutabile attorno ai 10-12 anni, tra laurea, specializzazione e tirocinio. Un fenomeno tipicamente italiano questo dell’abbandono, che non ha eguali in altri Paesi europei e nemmeno negli USA. Questo è un segnale negativo del rapporto che c’è tra i giovani studenti e l’Università e, forse, anche della scarsa tenuta del rapporto con le Istituzioni in generale.

Secondo il recente rapporto EMN (European migration network) sono in aumento le iscrizioni agli Ordini dei Medici degli stranieri (12.527 nel 2004 – 14.548 nel 2008) e già sarebbero in crisi settori come l’Anestesia e la Radiologia. Non pensa che occorrerebbe superare i limiti derivanti dalle nostre normative (es. cittadinanza) e consentire a questi medici di operare, di diritto, presso le strutture pubbliche del SSN superando così l’attuale “collaborazione occasionale?
Il problema è di approccio culturale, vale a dire come si affronta con politiche serie il tema ormai globale delle migrazioni. Fermo restando che occorrono politiche ‘rigide’ sull’immigrazione clandestina, al tempo stesso occorre affrontare con mentalità aperta il tema dell’accoglienza e dell’integrazione degli immigrati regolari, creando per loro le condizioni di vivere e lavorare nel nostro Paese, nel rispetto delle nostre leggi. E’ in questo contesto che si colloca anche la questione degli studenti stranieri che vengono, per i motivi più svariati, a studiare in Italia. Se questi studenti sono incanalati in percorsi di studio e di lavoro codificati non potranno che portare il loro contributo positivo all’interno dell’Università e del Servizio Sanitario nazionale. 

Autore: Redazione FNOMCeO

© 2023 - FNOMCeO All Rights Reserved. Via Ferdinando di Savoia, 1 00196 ROMA CF: 02340010582

Impostazioni dei Cookie.