Medici e social media: l’intervento di Eugenio Santoro

Conto alla rovescia per la seconda edizione del Convegno del Triveneto su Information and Communication Tecnology (ICT),  in ambito medico, che si svolgerà come lo scorso anno a Cortina D’Ampezzo – il 25 26 e 27 gennaio – e che sarà questa volta dedicato a ‘privacy e tutela dei dati in sanità’.

Tra i relatori, un componente del Gruppo di Lavoro della Fnomceo sulle ICT, Eugenio Santoro, direttore del laboratorio di informatica medica dell’IRCCS – Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri” di Milano.

A lui, a Cortina, saranno affidate due relazioni: una sulle applicazioni dell’intelligenza artificiale in ambito medico, l’altra su medici e social network.  E proprio su quest’ultimo argomento riproponiamo qui, per gentile concessione della rivista Torino Medica, un articolo a sua firma, pubblicato sul numero di dicembre 2017.

Social media e comunicazione in ambito medico-sanitario

Prof. Eugenio Santoro

Responsabile del laboratorio di informatica medica dell’IRCCS – Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri”

Gli italiani sono forti consumatori di Internet e di social media. Questo almeno è quello che sostiene il Censis nella sua recente indagine sulla comunicazione che ogni anno fotografa la situazione in Italia. In base a questi dati, gli utenti di Internet sono oggi il 75,2% della popolazione italiana (con un incremento dell’1,5% rispetto al 2016), mentre i possessori di almeno un telefono cellulare sono l’87%, una gran parte dei quali (circa il 70%) sono smartphone. Tra i social network, Facebook domina con il 56,2% della popolazione (con punte di circa l’80% tra i giovani appartenenti alla categoria 14-29 anni), seguito da YouTube (49,6% sul totale e circa il 76% tra i giovani), Instagram (21% sul totale, 48,6% tra i giovani), Twitter (13,6% sul totale e 26,5% tra i giovani) e LinkedIn (8,7% sul totale e 14,0% tra i giovani).

Tuttavia, il dato che emerge dall’indagine di Censis è che tra i mezzi di comunicazione che esercitano più di tutti un’influenza sui fattori ritenuti centrali nell’immaginario collettivo della società di oggi i social media sono quasi allo stesso livello della televisione (27,1% rispetto a 28,5% tra le preferenze), e molto più avanti rispetto alla stampa (8,0%) o alla radio (4,6%). Come dire che il messaggio che passa sui social media è considerato autorevole tanto quanto quello che passa in televisione, ma con differenze importanti per età, con i più giovani (dai 14 ai 44 anni) che preferiscono il primo al secondo.

I social media hanno da molti anni modificato il modo di comunicare la salute. Non solo quella rivolta al cittadino/paziente ma anche quella rivolta al professionista della salute.

Diverse indagini condotte negli scorsi anni dall’IRCCS – Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri” di Milano hanno evidenziato come i medici specialisti (nello specifico cardiologi, diabetologi, oncologi, psichiatri, urologi) siano abituali frequentatori di social media (con medie paragonabili a quelle individuate dal Censis), ma solo circa un terzo di chi usa i social media (indipendentemente dal mezzo impiegato) lo fa per motivi professionali. In questo caso i medici usano i social media per il proprio aggiornamento professionale o per monitorare le fonti di informazione a lorodedicate (per esempio congressi scientifici, riviste mediche, società, portali e organizzazioni scientifiche), o per confrontarsi (attraverso i gruppi di discussione o le online communities rivolte esclusivamente ai medici) con i propri colleghi al fine di condividerecasi clinici o chiedere dei pareri.

Il limitato uso è probabilmente legato al fatto che è ancora carente la consapevolezza di un uso professionale dei social, mancando, probabilmente, occasioni formative nelle quali questi strumenti siano presentati sotto una diversa luce. E probabilmente anche dal fatto che le stesse società scientifiche non ne spingono abbastanza il loro impiego, come dimostra la carenza d’uso di strumenti social  da parte delle stesse per comunicare i con i propri associati.

Non se la passa meglio, purtroppo, la comunicazione mediata dai social media nei confronti dei cittadini e dei pazienti.

Quella istituzionale latita, come dimostra uno studio del Dipartimento PolComIng dell’Università di Sassari che ha stimato che solo il 53% delle Asst (ex ASL) è presente su almeno una piattaforma di social media, con una certa preferenza per YouTube (usato da circa il 50 per cento delle strutture che usano i social media).  Se nel corso degli ultimi due anni la crescita è stata costante (nel 2013 erano il 36% di quelle italiane), i canali di social media sono però spesso rivolti agli addetti ai lavori e utilizzati come una finestra per promuovere servizi sanitari o informazioni “amministrative” (comunicati stampa, circolari, bandi). Sono poco usati per la promozione della salute e la prevenzione delle malattie, e non si cerca (o non si riesce) ancora ad attivare le voci dei cittadini/pazienti e forme di un loro coinvolgimento che possa aumentarne l’“empowerment”.

Ma è proprio a questi strumenti che guardano i pazienti, come dimostrano alcuni risultati di una recente ricerca condotta dall’IRCCS– Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri” in collaborazione con l’Osservatorio per l’Innovazione Digitale in Sanità. Da un’analisi di un campione di 258 associazioni di pazienti, è risultato infatti che i social network e i servizi di telemedicina sono le innovazioni tecnologiche considerate di maggior impatto sull’assistenza medica e sulla salute, con percentuali di risposta rispettivamente dell’81% e del 79%, seguite dall’uso dei Wearable (64%) e delle App per la salute (60%).

Se quella istituzionale latita, la comunicazione mediata dai mezzi elettronici tra medico e paziente sembra invece andare a gonfie vele. Come evidenziato da molte ricerche, un gran numero di pazienti usa infatti Whatsapp, email, sms e social media, per inviare al proprio medico immagini e dati contenenti dati sensibili. Purtroppo, però, ciò avviene in situazioni non protette, mettendo a rischio la privacy del pazienti ed esponendo il medico stesso a possibili conseguenze dal punto di vista penale.È quanto mai necessario oggi individuare delle linee guida sul corretto uso dei social media nella pratica medica e più propriamente clinica. All’estero lo hanno fatto. È ora che ciò avvenga anche in Italia.

Autore: Michela Molinari - Ufficio Stampa FNOMCeO

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