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Medicina difensiva, Bianco: “A rischio il rapporto medico-paziente”

La medicina difensiva sta assumendo i contorni di un allarme sociale dalle conseguenze imprevedibili per la salute dei pazienti, per i costi sanitari e per la politica sanitaria in generale.
In Italia la Società italiana di chirurgia e in America i ricercatori del Department of Health Policy and Management della Harvard Medical School hanno recentemente pubblicato i più recenti sondaggi su campioni rappresentativi di medici.
Il 78% dei chirurghi italiani intervistati su 307 hanno ammesso di avere fatto ricorso alla medicina difensiva per il timore di essere trascinati in tribunali dai malati o dai propri famigliari.
Il 93% dei medici americani intervistati su 824 operanti in 6 distinte Strutture Sanitarie hanno dichiarato di praticare la medicina difensiva.
Di fronte a queste drammatiche indagini abbiamo sentito il parere di chi rappresenta istituzionalmente la categoria per una verifica delle ricadute del fenomeno sulla nostra sanità. Ad Amedeo Bianco, Presidente Nazionale della Federazione degli Ordini, abbiamo rivolto alcune domande sull’argomento.

Presidente, intanto le chiederei un suo giudizio generale sul preoccupante fenomeno della cosidetta medicina difensiva.

«Il termine preoccupante è molto indicato per definire il fenomeno. Un medico preoccupato nel suo lavoro che diviene a rischio non fa bene a nessuno. Al paziente che viene visto come un potenziale “denunciante”, al medico che è costretto a mettersi sulla difensiva, alla sanità che sembra non avere più la certezza di un tempo.
Dopo anni di autorevolezza viene completamente modificato il rapporto dialettico paziente – medico ed entra in crisi quella relazione interpersonale di natura molto particolare tra fiducia e coscienza: fiducia di un uomo sofferente che si affida alla coscienza etica e professionale di un altro uomo.
Mettere in crisi questi valori costituisce un pericolo reale ed il medico “aggredito” si difende come può e con i mezzi a sua disposizione».

Secondo i dati ANIA 2007 in Italia nel campo della responsabilità Civile nel settore Sanitario si è registrato un incremento di sinistri denunciati del 65% (da 17.000 a circa 28.500) secondo lei quali le ragioni di questo incremento?

«E’ un dato sintomatico di una mentalità “americaneggiante” che si sta diffondendo nel nostro Paese. Le ragioni vanno ricercate nell’esasperazione delle situazioni e nella ricerca spasmodica dell’errore in campo medico, quando i sentimenti delle persone lasciano il posto all’esasperazione, alla scompostezza e alla irrazionalità».

I ricercatori del Centro Studi sulla giustizia penale, stanno predisponendo un progetto imperniato sulla limitazione della responsabilità penale del Sanitario per i soli casi di accertata colpa grave e programmi di “giustizia ripartiva” alternativi al processo penale. Cosa ne pensa di questo progetto?

«Penso che siamo sulla strada giusta per tamponare un fenomeno allarmante. Il concetto di colpa grave accertata limiterebbe il giustizialismo “generico” dell’atto colposo, trovo anche interessante l’idea di programmi di “giustizia riparativa” alternativi al processo penale, si tratta di vedere in pratica di che cosa si tratta».

Quali i pericoli per i pazienti?

«Il paziente diviene spesso vittima di sé stesso perché deve sottoporsi spesso ad accertamenti più approfonditi talvolta rischiosi, tutto per consentire al medico di non rischiare nella formulazione di diagnosi o nelle procedure chirurgiche ospedaliere. Si tratta apparentemente di un paziente più sicuro, meno sottoposto all’autorevolezza del medico, ma in fondo è un paziente che rimane con le sue paure e le sue apprensioni per la sua salute».

Quali i rischi di questo atteggiamento in qualche modo “deresponsabilizzante” dei medici?

«Bianco Il rischio, come detto, è quello di snaturare la interazione medico – paziente; il medico non è deresponsabilizzato, è più che altro scoraggiato e frustrato nella sua funzione di “guida” del paziente che è divenuto diffidente e sospettoso. Pensi che in America, ormai, molti chirurghi citano il rischio di cause per malpractice come un buon motivo per non fornire assistenza alle vittime di traumi. E’ un fenomeno sociale molto preoccupante dai risvolti imprevedibili».

Quali le conseguenze sui costi della Sanità e sulla politica di contenimento?

«Se diamo fede all’indagine della SIC è chiaro che siamo dinanzi ad un fenomeno che rischia di depotenziare tutta la politica di contenimento dei costi, specie nel settore ospedaliero, attuato con i sistemi dei day hospital e del day surgery e ad una esplosione della spesa per la diagnostica.
Esami maggiori rispetto al necessario, consultazioni a catena di specialisti e consumo di farmaci non sempre strettamente indispensabili creano un allarme sui conti delle FSN ed un allarme sociale.
In queste situazioni non esiste la formula risolutiva magica, occorre che ognuno rispetti ruolo e competenze in uno spirito critico si ma costruttivo.
A volte la sensazione è quella di una “tensione” sociale nei confronti dei medici incomprensibile e assurda che rischia di ridurre la sanità ad una azienda nella quale si opera in via permanente a fornire quelle prestazioni che comportano il minor rischio possibile anche a discapito dell’efficacia».

Autore: Redazione FNOMCeO

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