Giovanni Leoni, Vicepresidente di FNOMCeO, è intervenuto ai microfoni di Radio Roma Capitale per riferire ancora una volta la posizione della Federazione riguardo all’abolizione del numero chiuso per l’accesso alla facoltà di Medicina, tema particolarmente caldo in questi giorni perché discusso in sede ministeriale.
“Solo uno su sette tra quelli che tentano il test riesce ad accedere alla Facoltà di Medicina e chirurgia, per un corso di laurea che non è completo ma che richiede anche la laurea magistrale per completare la specializzazione” ha affermato Leoni. “Dopodiché può intraprendere la professione medica. Attualmente, con il sistema in atto, valutiamo che ci siano tra i 10 e i 12mila medici laureati ma impossibilitati a entrare nel mondo del lavoro perché non sono in possesso né della specializzazione né del corso triennale obbligatorio per accedere alla Medicina del territorio. Questo li pone nel cosiddetto limbo formativo, che contrasta con il ripristino del turnover medico di cui si parla in questi giorni nell’ambito di ospedali e territorio a causa della gobba pensionistica. Questa problematica ha bisogno di una soluzione in tempi certi, perché mentre se ne discute le persone continuano ad andare in pensione e l’offerta in termini di salute per la popolazione cala. In questo momento il problema più grosso, dunque, è sostituire i medici che sono andati in pensione, perché se non ci sono medici i reparti chiudono.”
“Allo stato attuale bisogna sicuramente aumentare i contratti formativi per le scuole di specialità” ha proseguito Leoni. “Recentemente con il Presidente Anelli siamo riusciti ad aumentare da 800 a 2000 le borse di studio per i corsi triennali di Medicina generale. A Venezia, dove io sono Presidente, l’anno scorso si sono presentati in 850 per 50 posti al corso di Medicina generale. Questa situazione è nota, va avanti da dieci anni, e non è mai stata risolta; adesso improvvisamente ci si attiva perché i nodi di contrasto sociale si cominciano a notare, anche grazie alla stampa, in tante diverse circostanze a livello nazionale.”
Cosa si può fare, dunque? “Il primo passaggio è quello di aumentare le borse di studio per quanto riguarda gli specialisti, soprattutto anestesisti, pediatri e ginecologi. Tutti coloro che entrano a Medicina devono avere la possibilità di completare il proprio percorso di studi, sia per quanto riguarda la specializzazione, sia per quanto riguarda il corso formativo per fare il medico del territorio. Non ci sono altre soluzioni. E nel frattempo bisogna recuperare i 10-12mila medici che al momento non hanno occupazione, a fare lavori di ripiego mentre aspettano di poter concludere la propria formazione.”
“Le università italiane sono a un ottimo livello” specifica Leoni. “La reputazione dei medici formati in Italia è così alta che un gran numero di loro vengono assunti all’estero. L’inglese è ormai la lingua scientifica universale, fa parte del corso di studi, quindi è facile avere l’opportunità di andare a lavorare all’estero, e chi è abbastanza intraprendente per farlo difficilmente poi torna in Italia. E noi perdiamo persone che hanno impiegato risorse a livello nazionale: formiamo dei medici, e poi li cediamo ad altri.”
“Il problema del numero chiuso non è quello principale” conclude Leoni. “Noi come FNOMCeO siamo a disposizione del Ministero della Salute, e il Presidente Anelli l’ha ribadito più colte, per discutere della formazione e del turnover, ma non è il problema principale. Anche perché abolire il numero chiuso adesso significherebbe avere dei medici laureati tra sei anni, e in questi sei anni il problema dell’uscita dei medici pensionabili sarà peggiorato. Il problema è strutturale, e va risolto negli uffici che si chiamano appunto di programmazione sanitaria. Bloccare il turnover, ridurre in numero dei medici ha dato la possibilità di un grosso risparmio alle Regioni. Ed è alla base di questa carenza in termini di salute il desiderio di risparmiare sul personale sanitario medico e infermieristico: la gente deve sapere queste cose quando si chiede perché ci sono liste d’attesa infinite per le visite d’emergenza. Per chi non può permettersi le visite private ci deve essere una risposta istituzionale del sistema sanitario con un numero di medici adeguato.”
“Il livello di disagio della categoria che vive tutti i giorni con un camice addosso, in corsia ospedaliera” ha concluso Leoni “ha superato il livello di sopportazione.”
Autore: Redazione