Può una cura, una prestazione sanitaria essere commercializzata alla stregua di un telefonino o di un capo di abbigliamento, con le stesse regole in fatto di pubblicità e di controlli? La risposta è ovvia: no, perché il “bene salute”, tutelato dalla stessa Costituzione, non può essere assimilato a qualsiasi altro bene.
Eppure, la normativa non pare andare in questa direzione. È quanto denuncia la Commissione Albo Odontoiatri in un Documento appena consegnato all’Antitrust dal Segretario Sandro Sanvenero, per chiedere, per il “mercato dei servizi sanitari”, un regime speciale, in cui la vigilanza sia affidata alle autorità competenti, Ministero della Salute in primis, con l’ausilio degli Ordini. Eppure, le regole ci sono, e sono – afferma la Cao – “chiare, condivise e condivisibili”.
Parliamo, ad esempio, di pubblicità: deve essere funzionale all’oggetto, veritiera e corretta, non deve violare il segreto professionale e non deve essere equivoca, ingannevole o denigratoria. E, secondo la Cassazione, tale veridicità e correttezza vanno valutate alla luce delle evidenze scientifiche. Ma chi controlla questi requisiti? L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, che non solo non possiede, per sua natura, le competenze “scientifiche” necessarie ma soprattutto può intervenire solo a posteriori, senza alcun controllo preliminare sulla qualità delle informazioni erogate.
“Prendiamo un caso noto a tutti, che è stato più volte oggetto di denunce anche da parte dei media: un medico che propagandava di poter curare il cancro con il bicarbonato e che, per la falsità dei suoi comportamenti, è stato radiato dall’Albo nel maggio del 2002. Ebbene, il provvedimento dell’AGCM, che proibiva la pubblicità di tale metodica, è stato emanato solo novembre 2010 e pubblicato nell’aprile 2011. In tutti quei nove anni, chi ha tutelato i pazienti? Chi ha tutelato il loro diritto fondamentale alla Salute?” si chiede il presidente Cao nazionale Giuseppe Renzo.
“Siamo i soli a vedere il grave rischio in cui può cadere il cittadino? – continua Renzo – Possibile che la politica non si preoccupi? Fuori da ogni inutile e perniciosa polemica, Cao nazionale ha il dovere di contrastare in ogni sede questa, che non a caso, ho definito deriva. Abbiamo portato oltre 12000 firme per una pubblicità corretta. Ora portiamo le prove. Cos’altro serve, per smuovere le coscienze?”.
La Cao chiede quindi – si legge nel Documento, che alleghiamo integralmente – un “regime speciale per il quale qualunque soggetto intenda fare “pubblicità in materia sanitaria” debba presentare domanda, almeno 30 giorni prima, alle Autorità sanitarie, il Sindaco o il Ministero della Salute, che, nel termine perentorio di 30 giorni (acquisito il parere dell’Ordine dei medici provinciale, per i Sindaci e della Federazione nazionale degli ordini dei medici, per il Ministero della Salute) devono rispondere motivando la loro, eventuale, negazione al consenso ad effettuare quella specifica pubblicità”.
“La pubblicità deve seguire un protocollo di verifica che in via preventiva ne certifichi la liceità, come già avviene per i farmaci da banco – conclude Renzo.- Non si tratta di difesa corporativa, anzi chiediamo al Ministero della Salute e ai sindaci di porre in atto le norme vigenti"
Autore: Redazione FNOMCeO