Migliorare l’accessibilità alle cure odontoiatriche, aumentandone la detraibilità fiscale. Contrastare il “turismo dentale”, con i correlati rischi per la salute dei pazienti. Regolamentare l’esercizio dell’odontoiatria in forma societaria, consentendolo solo sotto forma di Società tra professionisti iscritte al relativo Albo.
Sono le tre proposte della Commissione Albo Odontoiatri nazionale, presieduta da Andrea Senna, portate all’attenzione della Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati, nell’audizione FNOMCeO di questo pomeriggio sul “DDL Prestazioni sanitarie”.
“Il 28,2% degli italiani – spiega Senna – secondo l’ultimo Rapporto Italia Eurispes afferma di aver dovuto rinunciare alle cure odontoiatriche, mentre la metà dei cittadini si rivolge al dentista solo quando costretta da un’emergenza o da un dolore acuto. Solo il 23,7% si sottopone a visite regolari, e appena il 13% si reca nello studio almeno una volta all’anno. Per incrementare questi numeri, e portare la totalità della popolazione a poter usufruire delle cure odontoiatriche, è necessario un intervento in materia di detrazioni fiscali”.
La maggiore accessibilità alle cure, secondo la Cao nazionale, non avrebbe solo benefici diretti sulla salute orale ma, più in generale, sulla salute pubblica e a livello sociale: consentirebbe infatti di diagnosticare e trattare precocemente patologie anche gravi, come i tumori del cavo orale, sempre più diffusi per l’allungamento della vita media e l’invecchiamento della popolazione. Secondo “I numeri del cancro in Italia”, a cura di Aiom e Airtum, sono 6.000 ogni anno le nuove diagnosi di Tumori del cavo orale, laringe e faringe con una mortalità, a 5 anni dalla diagnosi, di oltre il 39%. Per questi tumori, che rappresentano il 5% dei tumori negli uomini e l’1% nelle donne, la diagnosi precoce è fondamentale: quando il carcinoma è rilevato e curato nelle sue fasi iniziali, infatti, si ottiene una guarigione che va dal 75% al 100% dei casi, con interventi terapeutici poco invasivi.
“Considerando che queste patologie spesso restano silenti per molto tempo – spiega Senna – l’accessibilità alle cure odontoiatriche o ai controlli periodici consentirebbe di intercettare anche patologie ancora asintomatiche, scongiurando l’eventualità di intervenire in futuro su situazioni più compromesse; l’anticipazione diagnostica determinerebbe non solo un aumento della sopravvivenza ma anche un risparmio in termini di “costi” sociali ed economici sia per il cittadino che per il Servizio Sanitario Nazionale: le spese mediche (costi di ospedalizzazione, visite ambulatoriali e farmaci), extramediche (costi di caregiving e assistenza) ed economiche (perdita di risorse in termini di forza lavoro o esborsi pubblici per forme di sostegno economico previdenziale) sono infatti tanto più alte quanto più avanzata è la fase evolutiva della patologia da trattare”.
L’aumento delle detrazioni fiscali, e quindi dell’accessibilità alle cure, avrebbe anche un effetto economico positivo per l’intera filiera e per l’indotto, determinando un maggiore utilizzo di strumenti e materiali e, dunque, maggiori introiti per le casse dello Stato in termini di Iva. Favorirebbe l’emersione del sommerso e la riduzione dell’abusivismo, con un maggiore gettito fiscale per lo Stato.
Per quanto riguarda l’esercizio in forma societaria, la CAO nazionale sottolinea che le Società tra professionisti costituiscono l’unico contesto nel cui ambito è possibile l’esercizio di attività regolamentate nel sistema ordinistico. Tali società, inoltre, sono soggette al rispetto del Codice di Deontologia Medica. Pertanto, l’esercizio dell’attività odontoiatrica in forma societaria dovrebbe, sempre secondo la CAO nazionale, essere consentito esclusivamente alle Società tra professionisti iscritte al relativo albo.
“Ad oggi si rileva – sottolinea Senna – un costante incremento del numero di Società tra Professionisti in cui l’attività cosiddetta. “prevalente” è quella propriamente odontoiatrica. Tale fenomeno, in una condizione in cui si registra una non uniformità interpretativa delle fonti, esige una puntuale regolamentazione e, nel rispetto dei compiti istituzionali attribuiti agli enti ordinistici, un capillare monitoraggio ed una accorta vigilanza, affinché la costituzione di siffatte realtà societarie, in qualunque forma siano esse costituite, non si riducano a mero strumento di commercializzazione di servizi, ma si armonizzino con la necessità di rispondere ai bisogni di salute del cittadino che, da tutte le professioni sanitarie riconosciute, non può essere mai considerato un semplice “cliente” ma resta, nella sua accezione più nobile, unicamente un “paziente”. Il bene afferente alla salute è tutelato dall’art. 32 della nostra Costituzione, non solo come interesse della collettività, ma anche e soprattutto come diritto fondamentale dell’individuo, sicché si configura come un diritto prioritario ed assoluto e, come tale, da salvaguardare indipendentemente da ogni altra posizione che obbedisce, invece, a criteri di concorrenzialità”.
Solo la Società tra professionisti, secondo quanto espresso dalla CAO nazionale, “fornisce puntuali parametri volti ad equilibrare e contemperare i contrastanti interessi (l’interesse all’efficienza e allo sviluppo della concorrenza, da una parte; l’interesse a tutelare l’affidamento del paziente nel momento in cui riceve servizi connotati da particolare delicatezza e “sensibilità” dall’altra) che nella fattispecie si confrontano”. Lo svolgimento delle attività professionali “protette” tramite una comune società commerciale farebbe venir meno i suddetti parametri.
Infine, il “turismo dentale”, che coinvolge i cittadini che scelgono di andare in Paesi extra UE per sottoporsi a prestazioni e operazioni odontoiatriche, attratti da tariffe più economiche e dalla possibilità di abbinare la cura a una vacanza, ma spesso senza piena consapevolezza dell’appropriatezza e della necessità stessa delle cure, del loro livello di qualità, dei possibili rischi.
Tra le criticità del turismo odontoiatrico, la scarsa informazione dei pazienti, anche per problemi di linguaggio e per i tempi ristretti che non permettono la piena espressione del consenso informato. Il rischio di ottenere un piano di trattamento prettamente protesico, senza possibilità di un monitoraggio nel tempo. Ancora, la mancanza di una certificazione europea sui materiali utilizzati. E poi, il follow up, con l’impossibilità di ricorrere prontamente all’odontoiatra che ha operato in caso di complicanze. E, in caso di contenzioso, le difficoltà di ottenere un’adeguata tutela secondo la normativa italiana. Senza contare il danno per le casse dello Sato, emergente da un’attività che riversa bei paesi extra UE una quota cospicua di capitali, a discapito della terapia nazionale.
“Da un punto di vista prettamente scientifico – aggiunge Senna – mettere impianti post estrattivi è sicuramente più rischioso per la salute del paziente rispetto a un trattamento secondo tempistiche tradizionali. Il rapporto, infatti, tra l’odontoiatra e il paziente dovrebbe sempre prevedere una continuità non solo relativamente alla diagnosi e cura ma anche ai controlli periodici a scopo di prevenzione”.
Da qui la proposta della CAO nazionale: “porre in essere misure legislative volte a costituire un deterrente contro il fenomeno del turismo odontoiatrico nei Paesi extra UE, quali l’esclusione della detraibilità delle spese odontoiatriche sostenute in Paesi extra UE”.
In allegato, il testo depositato.
Ufficio Stampa FNOMCeO
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11 giugno 2025
Autore: Ufficio Stampa FNOMCeO