“Se la sanità pubblica deve essere realmente al servizio delle persone, medicina ed economia non sono autonome. Tagli, profitti, reinvestimenti e assistenza sanitaria integrativa devono innanzitutto conciliarsi con l’etica. Oltre ai diritti civili e politici, è la stessa Costituzione a sancire la tutela della salute e all’assistenza, ratificando quindi che la salute non ha prezzo, anche se i suoi costi aumentano e sono meno sostenibili”.
Così commenta il presidente dell’Ordine dei Medici di Palermo, Toti Amato, i dati del Censis sull’aumento delle spesa sanitaria privata e la condizione di difficoltà di 11 milioni di italiani costretti a rinunciare alle cure perché troppo care.
“Che ben vengano forme sanitarie integrative e agevolazioni fiscali – spiega Amato – per prestazioni che non sono più erogate dallo Stato purché servano ad offrire più garanzie per tutti e non si sostituiscano al Servizio sanitario nazionale. Bisogna ripartire da un welfare esteso anche ai fondi sanitari della spesa privata, che muove circa 4 miliardi di euro dei 30 miliardi di spesa sanitaria privata. Con un piano organico fatto di regole chiare, così come è avvenuto per il sistema della previdenza complementare.
È vero che alcune coordinate vanno cambiate come i ricoveri inutili, analisi di laboratorio superflui, cattiva amministrazione e spreco di farmaci. Ma è altrettanto vero che fino a ieri le regioni si sono misurate con una forma di sanità pubblica assistenzialista che ha privilegiato la cura piuttosto che la prevenzione, deresponsabilizzando nei fatti amministratori, professionisti e pazienti poco inclini al bene comune.
E poi c’è anche una questione meridionale di cui si parla poco e che va affrontata in fretta. Conosciamo già i numeri dell’Istat che indicano la Sicilia, seguita dalla Campania e dalla Calabria, come la regione italiana più povera. Perciò con meno possibilità a curarsi privatamente anche attraverso una forma integrativa di sanità, a cui con ogni probabilità i più disagiati non riuscirebbero neanche ad accedere. La Sicilia, come altre regioni, paga la distrazione di tante risorse e che, in generale, non può più funzionare ‘il tutto gratuito’ con un aggravio economico del Ssn, ormai diventato fuori misura. Questo però non vuol dire negare il diritto alla salute”.
Dall’Ufficio Stampa OMCeO Palermo – 10 giugno 2016
Autore: Redazione FNOMCeO