O.N.Da: i dati della violenza sulle donne

L’incontro organizzato dall’Osservatorio nazionale sulla salute della donna (O.N.Da) presso la Sala Monumentale della Presidenza del Consiglio a Palazzo Chigi, ha dato grande diffusione a dati dell’Oms e dell’ISTAT.

Nello studio pubblicato da Lancet (link) già presentato il 24 giugno a Ginevra, ‘La prevalenza e gli effetti sulla salute della violenza domestica‘ – dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), in associazione con la London School of Hygiene&Tropical medicine e con il South African Medical Research Council si è evidenziato come almeno un omicidio ogni sette (13,5%) sia commesso, nel mondo, fra le mura di casa per mano del partner.

Sono stati infatti raccolti, in maniera sistematica i dati relativi, negli ultimi 20 anni, a 169 Paesi e analizzati 118 studi condotti in 66 Paesi, con 492.340 casi di omicidio.

Ne è emerso che la violenza fisica o sessuale colpisce piu’ di un terzo delle donne nel mondo (35%) e che, a livello mondiale, il 38% dei femminicidi sono opera di partner intimi, mentre l’omicidio di un uomo avviene, per mano della compagna, con una ben più bassa incidenza, fra il 6,3% a meno del 2% , nei diversi Paesi.

Secondo gli autori, la vera dimensione del problema è ancora sottostimata perché si ritiene che, in almeno in un caso di femminicidio su cinque, non siano stati riportati legami esistenti tra assassino e vittima. Lo studio ha definitamente confermato il dramma della vulnerabilità del sesso femminile in ambiente domestico.

Sabrina De Camillis, sottosegretaria ai rapporti con il Parlamento nell’introdurre i lavori della conferenza organizzata da O.N.Da ha detto che “Il silenzio che spesso accompagna la violenza sulle donne é esso stesso violenza”, ricordando come solo il 7% delle vittima della violenza trovi la forza per reagire e come la violenza continui ad essere avvolta dal silenzio. Ha continuato “La strada è ancora lunga e passa per un etica e un’educazione del riconoscimento dei generi e i relativi comportamenti pubblici, per scelte politiche coerenti, per un linguaggio che non usi più immagini e parole che umiliano le donne”.

Maria Cecilia Guerra, viceministra del Lavoro e delle Politiche Sociali con delega alle Pari Opportunità ha detto che è nel persistere delle disparità di genere, negli stereotipi culturali non sufficientemente contrastati che la violenza contro le donne trova la possibilità di esistere. “Una vera azione di prevenzione deve muovere da un profondo ripensamento dei ruoli e delle relazioni tra i sessi. La violenza produce costi economici, oltre a privarci in molti casi delle risorse che possono venire dalle donne”.

La Guerra ha ricordato che uno studio europeo quantifichi in 30-60 euro l’anno procapite il costo complessivo della violenza sulle donne. “Nel nostro paese si spendono per costi diretti e indiretti causati da atti di violenza contro le donne circa 2,4 miliardi di euro l’anno. Mentre le risorse predisposte per i centri antiviolenza sono sotto la decina di milioni". È stata confermata la creazione di una task force trasversale ai diversi ministeri contro la violenza sulle donne.

Flavia Bustreo, Vice Direttore Generale, Salute della Famiglia, delle Donne e dei Bambini, Organizzazione Mondiale della Sanità ha presentato i dati Oms: "Tutte le fasce di età – ha detto Bustreo -, tutte le regioni e le classi sociali sono colpite. La violenza continua a colpire anche le donne sopra i 65 anni".

"Uno dei dati che sorprende maggiormente – ha continuato – riguarda la diffusione del fenomeno nelle fasce ad alto reddito, che si attesta al 23.2%. Le violenze, quando non portano alla morte, producono danni fisici e psichici gravi che si ripercuotono anche sui figli. L’Organizzazione Mondiale della Sanità auspica che tutti i Paesi si impegnino a combattere questo problema di dimensioni epidemiche, grazie al sostegno dei singoli Sistemi Sanitari Nazionali”.

Claudio Mencacci, Presidente SIP (Società Italiana di Psichiatria), partendo dai dati Istat ha presentato la situazione in Italia e gli effetti sulla salute mentale e fisica. Le principali conseguenze delle violenze si ripercuotono sulla salute mentale e sessuale e sulle capacità riproduttive. La violenza domestica è per le donne in gravidanza, tra i 15 e i 44 anni, la seconda causa di morte. Il 30% dei maltrattamenti ha inizio proprio durante il periodo della gestazione e le nel 70% dei casi, proseguono anche dopo la maternità. È dimostrato che l’esposizione alla violenza domestica modifica alcune aree cerebrali dei bambini. La violenza ha conseguenze devastanti: la probabilità di depressione diventa quasi il doppio e aumenta il consumo d’alcol. Salgono anche i rischi di aborto e di aver un bambino con un basso peso alla nascita. C’è per la donna una quasi totale perdita della cura di sé.

Francesca Merzagora, presidente O.N.Da ha detto che le donne devono essere aiutate a trovare la forza di reagire, quando anche in gravidanza, che dovrebbe essere un periodo sereno, è molto comune la violenza. “Ci sono ospedali che hanno strutturato servizi di assistenza sanitaria, psicologica e sociale. In altre realtà sono stati avviati progetti per creare una rete di supporto e assistenza attraverso l’integrazione ospedale-territorio".

Merzagora ha inoltre ricordato la guida per operatori sanitari realizzata da O.N.Da, ‘Donne e violenza domestica: diamo voce al silenzio’, e l’iniziativa dei Bollini rosa che premia le strutture dove sono attivati percorsi e servizi impegnati contro la violenza sulle donne.

Autore: Redazione FNOMCeO

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