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Orari di lavoro: 22 anni di deroghe ed effetti collaterali?

L’ultimatum è scaduto il 25 novembre, ma la Sanità non è pronta ad adeguare gli orari di lavoro alla normativa europea. Mentre prosegue il braccio di ferro tra governo e sindacati, medici e operatori sanitari continuano ad accumulare lavoro straordinario (con i relativi effetti collaterali). Eppure il tempo per organizzarsi c’era: la prima direttiva in materia risale al 1993.

Come adeguare l’orario di lavoro alla normativa europea senza mettere a rischio servizi e prestazioni sanitarie? Questo il dilemma che, a distanza di due settimane dall’entrata in vigore della legge e di oltre due decenni dalle prime disposizioni europee, sembra ancora lontano da una soluzione.

Per aggirare il blocco del turn over non basta l’efficientamento dell’organizzazione: il personale sanitario non dispone dei numeri sufficienti né tra i medici né tra gli infermieri. Questa la posizione condivisa dai sindacati, che chiedono subito concorsi straordinari per nuove assunzioni. Nel frattempo, per arginare almeno il caos interpretativo, Fp-Cgil Medici ha compilato una guida di “istruzioni per l’uso” della norma (vedi), e lanciato la campagna #giustOrario (vedi), per sostenere medici e infermieri che, in attesa dell’adeguamento al giusto orario, vogliano avviare diffida legale.

Secondo un’indagine di Anaao-Assomed (vedi), condotta su un campione di 1925 medici e pubblicata a febbraio 2015, “un incremento importante e prolungato dell’orario di lavoro è associato non solo ad un peggioramento oggettivo delle performance cognitive e ad un incremento del rischio clinico, ma anche ad un incremento del rischio di malattie e della sindrome da burnout”. Da cui l’incidenza, tra il personale medico, di malattie cardio-vascolari, patologie metaboliche, disturbi del sonno. Lo stesso sindacato ritiene quindi “tanto illegittima quanto inutile” l’ipotesi di un’ulteriore proroga (http://95.110.224.81/anaao/public/aaa_8298749_cs_2dicembre2015.pdf), che un emendamento del PD alla Legge di Stabilità vorrebbe a un anno. Un “no” già chiaramente espresso sia dall’Aaroi Emac nelle note inviate all’Aran (vedi allegato), sia dalla diffida (vedi allegato) inviata a Regioni ed Enti del SSN dai sindacati medici a inizio novembre (cui hanno aderito Aaroi Emac, Anaao Assomed, Cimo, Fesmed, Fp-Cgil Medici, Cisl Medici, Uil Medici e Fassid). Mentre i Direttori Generali di Fiaso e Federsanità-Anci chiedono finanziamenti per nuove assunzioni ma anche un meccanismo di deroghe temporanee: per non interrompere l’erogazione dei servizi e per non dover ricorrere all’autodenuncia (http://www.fiaso.it/News/Ultim-ora/II-Assemblea-nazionale-DG-Senza-deroghe-rischio-di-interruzioni-dei-servizi-in-attesa-delle-assunzioni).

Nell’incertezza della soluzione, l’unico dato certo è che la normativa europea in questione non è materia recente. Un’interrogazione parlamentare di Scelta Civica (Orario di lavoro e blocco del turn over medici ) ne ripercorre tutta la storia, iniziata ben 22 anni fa: l’Unione Europea impone ai Paesi membri una disciplina comune sull’orario di lavoro con la direttiva 104, nel 1993. Nel 2000, con la direttiva 34, gli standard previsti in materia vengono applicati ai settori dell’economia. E nel 2003 si arriva alla 88/2003/CE (vedi), pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 18 novembre dello stesso anno, messa in deroga da due legislature e, di fatto, mai entrata in vigore. Nemmeno nel 2012, quando la Commissione Europea chiede chiarimenti sulla mancata applicazione della norma e avvia una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia. Che oggi, insieme alla salute di medici e pazienti, rischia nuovamente anche pesanti sanzioni.

A cura di S. Boggio (MediaFNOMCeO)

Autore: Redazione FNOMCeO

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