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Ordine dei Medici Milanese e Nazionale insieme per la presentazione del volume “La scienza impareggiabile” di Ivan Cavicchi

Sanità, medici lombardi in affanno, senza numeri e risorse
Cavicchi: “Più attenzione all’individualità della persona”

Per la prima volta nella storia della medicina, questa società è costretta, se vuole essere idoneamente curata, a prescrivere al medico come comportarsi ma nello stesso tempo a lasciargli ampi spazi di autonomia intellettuale


Carenza di medici e condizioni di lavoro sempre più precarie, anzitutto in Lombardia che è una delle piazze più calde per la sanità. Non solo e non tanto per l’aumento dai carichi di lavoro determinati dall’aumento del numero di pazienti da segui re. Ma anche perché su ogni medico grava anche un insostenibile surplus di lavoro determinato dal carico burocratico che finisce per svilirne la professione. Inoltre, in Lombardia i bandi per la medicina generale vanno deserti, non ci sono aspiranti medici che vedono nella medicina generale uno sbocco per il futuro della loro professione. Una condizione che è sicuramente organizzativa, politica, finanziaria, ma che va assolutamente ripensata anche nei suoi cardini filosofici, alla base della professione medica. Nessuna riforma è possibile senza prima una revisione delle origini di questa professione. Perché la politica si è sempre occupata dei problemi della sanità e mai di quelli della medicina. Fin dalla nascita del servizio sanitario nazionale ha immaginato una sanità a medicina invariante senza accorgersi che i profondi mutamenti sociali etici culturali di questa società hanno finito per creare tra la medicina e la società tra i medici e i cittadini forti tensioni e forti incomprensioni Questi sono alcuni dei punti trattati nel libro “La scienza impareggiabile” scritto dal filosofo della medicina Ivan Cavicchi per l’editore Castelvecchi (288 pagine 22 euro) presentato oggi a Milano dall’autore e da alcuni ospiti. Non un semplice volume che tratta di medicina o sanità pubblica e convenzionata con il servizio sanitario nazionale ma un vero e proprio trattato che contiene le basi per ridefinire la professione medica.

“In dieci anni abbiamo perso mille medici di medicina generale e la situazione è destinata ad aggravarsi”, spiega Roberto Carlo Rossi, presidente dell’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri di Milano. “In un quadro così complesso ci sarebbe da ripensare anche alla filosofia del mestiere, per ristabilire un corretto rapporto tra medico e paziente, informazione, medicina e cura e valore, anche economico, di questa professione. Ecco perché un testo come quello di Ivan Cavicchi è qualcosa di più di un libro: è un trattato di filosofia della medicina nei confronti dell’uomo che cambia i paradigmi tradizionali”.

“Oggi si tratta di ripensare il nostro modo di essere medici, il nostro modo di curare le persone, di essere in grado di interpretare tanto le singolarità quanto le complessità che ci sono, di usare le relazioni per conoscere il proprio m alato e per decidere insieme a lui, cioè di scegliere consensualmente, le cure necessarie scrive infatti nella presentazione del volume Filippo Anelli, presidente della Federazione degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (FNOMCeO). “La medicina senza dissonanze prosegue è lo scopo della proposta di questo libro. Una tesi forte molto cara, sia a me che al professor Cavicchi, sulla quale ci siamo molto battuti e che riguarda l’autonomia del medico e delle sue prassi”.

Del rapporto tra medico e paziente in medicina ci parla il professor Cavicchi nel suo libro: “Per secoli, quindi fino ai giorni nostri, l’impianto concettuale della medicina ha prescritto al medico cosa fare e come fare perché riusciva, in qualche modo, a definire priorità in grado di governare i diversi gradi di complessità con i quali il medico aveva a che fare – spiega l’autore –. Mentre oggi le complessità in gioco sono tali che gli ‘a priori’ da soli non bastano più. Queste priorità – aggiunge Cavicchi – prima vanno aggiornate per avere la garanzia di poter contare su prassi davvero adeguate, poi integrate riconoscendo anche giuridicamente al medico maggiore autonomia di giudizio. Per cui, per la prima volta nella storia della medicina, questa società è costretta, se vuole essere idoneamente curata, a prescrivere al medico come comportarsi ma nello stesso tempo a lasciargli ampi spazi di autonomia intellettuale. Questa maggiore autonomia intellettuale del medico giustificata da una maggiore complessità implica anche la necessità di avviare una riforma della formazione universitaria. Oggi – prosegue Cavicchi – le persone di fatto chiedono alla medicina e al medico altre prassi altri modi di fare, altri approcci, in poche parole altri modi di praticare la medicina soprattutto, in grado di riconoscere le complessità del malato i suoi problemi contestuali e le sue contingenze le sue peculiarità. Per esempio, chiedono in modo insistente sempre più attenzione più attenzione alla singolarità e alla individualità della persona chiedono di avere attenzione non solo per la malattia ma per il malato”.

“Questa maggiore e la trasformazione profonda che essa reclama emergono considerando la funzione preziosa e insostituibile della medicina, che garantisce e tutela il diritto alla salute, riconosciuto espressamente come diritto ‘fondamentale’ dalla nostra  Costituzione, e, di conseguenza, anche il diritto all’autodeterminazione nelle scelte terapeutiche” spiega Benedetta Benedetta Liberali, professoressa associata di Diritto Costituzionale all’Università di Milano. “Il carattere carattere insostituibile e, nelle parole del prof. Cavicchi, ‘impareggiabile’ della medicina e quindi anche dei medici emerge chiaramente dalla giurisprudenza della Corte costituzionale. Interpretando la Costituzione la Corte ha arricchito ulteriormente i riferimenti alla salute e all’autodeterminazione, costruendo una nozione di consenso informato che risulta essenziale per la configurazione della relazione medico-paziente, in stretta relazione con l’evoluzione delle conoscenze scientifiche e valorizzando, in particolare, proprio l’autonomia del medico che, in ogni caso, si deve sempre accompagnare anche alla relativa responsabilità nell’assunzione delle scelte professionali”.

“Valutare l’efficacia di un farmaco, un vaccino, una nuova terapia, compete al medico che oggi, più che in passato, è chiamato ad esercitare la professione con maggior vigore e autonomia intellettuale intellettuale – conclude Rossi –. Tuttavia, sarebbe sciocco o velleitario non osservare il ruolo del medico nel rapporto con il paziente. Quest’ultimo, sempre più condizionato dall’informazione e, peggio ancora, dalla disinformazione che circola liberamente in rete.  Ancora, un approccio moderno alla medicina, che evolve verso la personalizzazione della cura, impone al medico nuove sfide, non ultima quella dell’aggiornamento. Queste idee vanno tradotte in buone pratiche mediche ma soprattutto in leggi e regolamenti che che ridiano dignità alla professione medica e un miglior servizio per i pazienti”.

Autore: Redazione

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