Si inizia il giorno 30 con un convegno dedicato alla cooperazione sanitaria internazionale (Salute globale), a cui seguirà, nel pomeriggio del 31 maggio, la “Giornata del medico e dell’odontoiatra”, tradizionale appuntamento dell’Ordine di Padova, in cui colleghi giovani e meno giovani si ritrovano per festeggiare i medici che hanno raggiunto l’ambito traguardo delle nozze d’oro con la laurea.
L’incontro, che si terrà nella suggestiva cornice dell’Abbazia di Praglia, a Bresseo di Teolo (Pd), sarà anche l’occasione per avviare, in collaborazione con rappresentanti delle facoltà mediche, un dibattito finalizzato a delineare un nuovo profilo del medico e dell’odontoiatrica, che permetta al professionista di meglio rispondere alle esigenze di salute di una società in continua trasformazione .
E noto infatti che le questioni connesse alla salute acquisiscono un peso sempre crescente nella società. Molti aspetti e molte espressioni che riguardano la nostra salute sono ormai entrate a far parte del nostro vivere quotidiano, così come si moltiplicano e proliferano trasmissioni televisive e riviste mediche di ogni tipo. Il tutto con una notevole incidenza sul piano economico, ma anche culturale.
La politica, da parte sua, si trova sempre più a confrontarsi con decisioni che concernono questioni di carattere sanitario e con la necessità di dare risposte concrete alle domande che si affacciano sui diversi piani in cui si articola la nuova tutela della salute .
Ecco la necessità di iniziare a riflettere sul nuovo modello di assistenza sanitaria e su una nuova figura di medico, non scisse dalla moderna organizzazione socio-economico-culturale.
In questa prospettiva viene da chiedersi: la professione medica è pronta ad affrontare questo cambiamento, a rapportarsi con un paziente sempre più partecipe delle decisioni che riguardano la propria salute, ed a convivere, oggi più di ieri, con logiche manageriali?
Questi interrogativi li abbiamo girati a Maurizio Benato, Presidente dell’Ordine di Padova, oltre che Vicepresidente della FNOMCeO.
“Con la pluralizzazione del sapere si sono moltiplicati gli attori e create nuove professionalità che interagiscono nel concetto più vasto di tutela della salute, ma la medicina ufficiale – ha detto Benato – non deve rinunciare al proprio canone e tanto meno al regime della prova che rappresenta il capitale scientifico a sua disposizione.
Oggi il cittadino esprime aspettative spesso smisurate, spesso contrastanti con i limiti biologici della natura umana. Rifiuta il paternalismo basato, spesso solo a parole, sul principio della beneficità; reclama giustamente il diritto costituzionalmente garantito alla tutela della salute; chiede di essere informato sulle scelte che riguardano la sua vita, per decidere se accettarle o meno. E, mentre da un lato guarda con ammirazione e speranza ai successi trionfali vantati dalla medicina, dall’altro spinge verso un cambiamento dell’approccio tradizionale alla cura; mette in discussione i tradizionale modelli di malattia, chiede una riproposizione dell’individualità del malato, della singolarità e della specificità.
E’ certo che il paziente, nella sua interezza deve restare il riferimento cardinale della prassi medica ma non si può non prendere atto che oggi la presa in carico del paziente è multidisciplinare. La relazione con il paziente si è differenziata e la sua gestione e si presenta sempre più complessa, ponendo nuove sfide e nuove responsabilità al medico.
Tuttavia l’indipendenza professionale, l’autonomia culturale, devono restare gli strumenti per armonizzare i fondamentali orizzonti della professione: quello scientifico e quello umanistico”.
Come si andrà a strutturare la nuova figura di medico in parte “gestito” e in parte “gestore”?
Occorre innanzi tutto avere ben chiaro che il disagio della professione medica nasce dal dovere di fare tutto ciò che è scientificamente corretto, rispettando l’autonomia del paziente, di ricercare l’alleanza terapeutica e combattere gli sprechi, di rendere sempre più appropriata la prestazione ed infine essere in grado di giustificare il proprio operato.
Sono contesti che richiedono un’assunzione di responsabilità e di scelte e tra queste appare prioritaria la messa in atto di azioni in grado di contrastare la sempre più diffusa burocratizzazione della professione che subordina, alla propria logica, le stesse basi morali dell’assistenza sanitaria, rimodellando profondamente le forme e i contenuti dell’attività professionale medica.
La sua intrusione sta gradatamente privando i medici del controllo della propria attività, la quale va assumendo sempre di più le caratteristiche di una merce venduta nel mercato sanitario in cambio di un salario.
Le conseguenze di tale processo di burocratizzazione, del tutto evidenti, sono il superamento dell’unicità della persona e di ogni elemento di personalizzazione nella relazione con il paziente a favore di una spersonalizzante oggettivazione che mette in crisi il rapporto fiduciario e confidenziale tra curante e malato.
Spetta pertanto alla politica il compito di ridisegnare le priorità, interrogandosi sulle scelte che favoriscano la tutela della salute e la crescita più giusta della società.
La professione, dal canto suo, deve concorrere al governo del nuovo assetto socio sanitario e affrontare le difficoltà in cui si interfacciano culture diverse: politica, scientifica, tecnologica, pedagogica, bioetica, antropologica, sociologica, economica, non ultima la cultura del cosiddetto management.
E tutto ciò deve compiersi al di sopra del pluralismo culturale, politico, degli approcci morali che ne conseguono e delle diversità dei contesti socio culturali.
Come dovrebbero cambiare, secondo Lei, la formazione e la pratica professionale?
La formazione rappresenta l’unico strumento che ci permetterà di misurarci con nuove definizioni, i nuovi orizzonti e legittimazioni che riformano il concetto stesso della medicina, non più solo rivolta alla persona ma anche alla società .
Le Facoltà mediche, pertanto, dovranno rivedere i curricula di studio e di specializzazione che oggi non rispondono più ai nuovi bisogni ed alle nuove competenze richieste per assicurare la corretta gestione dei servizi sanitari e per garantire un prodotto professionale di qualità. Solo così il medico sarà in grado di adeguarsi ai mutamenti prodotti dalla e nella società, ed essere capace di gestire i nuovi bisogni di salute.
Una formazione di “qualità” per preparare “professionisti di qualità” richiede capacità e lungimiranza. Ecco allora il nostro appello al mondo accademico, spesso lento nell’adeguare l’offerta formativa ai bisogni del mercato del lavoro, perché si assuma la responsabilità di governare questo nuovo processo.
Esiste tuttavia un altro aspetto che non possiamo sottovalutare per tutelare al meglio la nostra professione. La crescita del livello di scolarità per l’esercizio delle nuove professioni sanitarie determina una nuova e peculiare caratteristica dell’organizzazione sanitaria: il latente ma crescente “conflitto” interprofessionale.
Da tempo ormai si sta producendo una spinta rivendicativa di spazi di autonomia e di forte identità da parte dei nuovi soggetti professionali, non più subordinati alla professione medica .
Ne consegue che in una organizzazione sempre più multiprofessionale, le nuove professioni tendono ad affermarsi, da un lato, individuando nuove aree di intervento professionale e, dall’altro, erodendo aree tradizionalmente occupate dai medici.
Le difficoltà per la professione medica sono evidenti e la soluzione va ricercata nella messa in atto di un “governo clinico” in cui la competizione interprofessionale deve essere ricondotta all’accettazione, da parte di tutti i professionisti, di regole virtuose di cooperazione nel rispetto delle competenze .
Il nuovo professionista medico dovrà essere responsabile in prima persona delle proprie azioni professionali verso i pazienti , dovrà modificare i propri comportamenti di lavoro e dovrà adottare modelli basati sulla reale partecipazione di tutto il variegato mondo delle professioni ed essere capace di intervenire sia nella fase della pianificazione che del governo del proprio cambiamento e dei propri processi operativi.
La ricerca clinica si sta spostando in larga parte dai Policlinici universitari ai complessi ospedalieri più efficientemente gestiti e, quindi, più competitivi nell’accedere ai fondi di ricerca, e sul territorio per mezzo di importanti ricerche multicentriche internazionali. Sono tendenze che hanno fatto esplodere la contraddizione presente nel rapporto tra attività didattica e di ricerca delle università e i nuovi profili dell’attività assistenziale.
Questo processo richiede una risposta formativa che riconduca una parte della formazione specialistica negli ospedali e nel territorio sia nella fase post-laurea che in quella permanente, proprio in virtù della supposta maggiore rispondenza di una formazione “on the job” alle esigenze reali dell’attività di lavoro negli ospedali e nelle strutture territoriali.
Appare evidente che il sistema sanitario sarà chiamato ad adattarsi via via alle radicali trasformazioni derivanti dal progresso scientifiche e sociali della società?
Il mondo della medicina, negli ultimi decenni ha subito una rivoluzione copernicana, che ha portato ad una radicale ridefinizione dei percorsi clinici relativi ad una ampia varietà di patologie mediche e chirurgiche. Oggi ci troviamo in presenza di un SSN che ha subito uno dei più veloci e profondi processi di ristrutturazione, avendo cambiato in pochi anni, pressoché tutti i propri parametri quali-quantitativi.
Sono infatti cambiati e cresciuti i bisogni sanitari dei cittadini, è cambiato il modo stesso di intendere la propria salute ed il proprio benessere. Sono altrettanto mutate le tipologie dei servizi sanitari attesi con una crescente sovrapposizione di altre branche, quali l’ingegneria e l’informatica.
A fianco di quelle mediche tradizionali stanno emergendo nuove professioni. Si sono aperte nuove frontiere dell’etica: dalla clonazione alla fecondazione assistita, alla crescente possibilità di trapiantare organi, alla donazione degli stessi, la terapia genica, la manipolazione genetica, l’eutanasia. Tutte queste trasformazioni determinate dal progresso sociale e scientifico e la crescente richiesta di appropriate prestazioni sanitarie erogate, reclamano comportamenti adattivi e un “cantiere permanente” di riforme che si ponga l’obbiettivo di trasformare alle radici la sanità per favorire lo sviluppo del sapere e delle tecnologie in un continuo e costoso aggiornamento professionale e tecnologico. In questo quadro generale alla politica è richiesta la capacità di sapersi misurare con un ambiente mutevole, di sviluppare strategie chiare e flessibili da implementare con razionalità per raggiungere gli obbiettivi prefissati. Solo così si potranno affrontare, con la giusta mentalità, tutti i problemi che derivano dalla domanda crescente di salute dei cittadini.
Autore: Redazione FNOMCeO