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Pazienti e clinici insieme per la lipodistrofia. Nascono la prima associazione di pazienti e un gruppo di lavoro SIE dedicati alla malattia

Nell’ambito del congresso “Incontri Italiani di Endocrinologia e Metabolismo”, organizzato pochi giorni fa a Bari dalla Società Italiana di Endocrinologia (SIE), sono nate la prima associazione italiana di pazienti affetti da lipodistrofia – AILIP – e un gruppo di studio interno alla Società Italiana di Endocrinologia dedicato a questa malattia. Tra gli obiettivi comuni, la volontà di far modificare nell’elenco delle malattie rare esenti, inserito nei nuovi LEA, la denominazione della patologia. Attualmente viene infatti utilizzato il termine ‘Lipodistrofia totale’ che però non trova riscontro nella letteratura scientifica e che potrebbe creare delle difficoltà nell’esenzione per i pazienti. La corretta denominazione richiesta è quella di ‘sindromi lipodistrofiche’. Lamrichiesta formale di modifica è già stata presentata un anno fa alla Commissione Nazionale Lea e, nonostante non vi sia ancora una risposta soddisfacente, la società scientifica e i pazienti sono determinati nel portare ancora avanti questa richiesta. La comunità scientifica si sta muovendo anche a livello europeo, dove è stato attivato il registro dell’European Consortium of Lipodystrophies (ECLip), un network di 14 nazioni, il cui meeting annuale si è appena concluso in Germania a Münster.

La lipodistrofia è una malattia molto rara, poco conosciuta e sottodiagnosticata, che altera la distribuzione del grasso corporeo – che si accumula nei muscoli, negli organi interni e nel fegato – con gravi conseguenze per la salute. I pazienti presentano spesso alterazioni ormonali e metaboliche, con una notevole compromissione della qualità della vita. In Italia a esserne affetti sono circa 100 pazienti, con una netta prevalenza nelle donne, con un rapporto donne/uomini di 3:1.

“Le sindromi lipodistrofiche sono un gruppo eterogeneo di malattie caratterizzate dalla perdita più o meno estesa di tessuto adiposo sottocutaneo, in assenza di uno stato di deprivazione nutrizionale o di uno stato di aumentato catabolismo”, ha spiegato Ferruccio Santini dell’Unità Operativa di Endocrinologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Pisa. “In base all’eziologia, vengono distinte forme genetiche o acquisite e, in base al grado di perdita del tessuto adiposo, forme generalizzate o parziali. Le forme congenite includono sottotipi a trasmissione autosomica recessiva e dominante, mentre le forme acquisite possono riconoscere una causa autoimmune”.

“La diagnosi viene effettuata mediante valutazione clinica della storia medica, descrizione del fenotipo clinico, storia familiare e risultati di laboratorio”. ha proseguito Martin Wabitsch, Professore di endocrinologia e diabetologia pediatrica dell’Università di ULM, in Germania. “Se si sospetta una lipodistrofia familiare, i test genetici possono aiutare a confermare la diagnosi. Lo screening annuale per le complicanze della lipodistrofia (diabete, dislipidemia, steatosi epatica, insufficienza renale, malattie cardiache) è raccomandato in una grande proporzione di pazienti affetti da lipodistrofia”.

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Autore: Redazione

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