La vice-presidente dell’OMCeO di Sassari, Rita Nonnis, entra nel dibattito sulla violenza alle donne distanziandosi dalla lettura proposta dall’intervento dello psicanalista Arrigone: “Mi domando: ma di quale potere si tratta? Le donne e gli uomini attribuiscono lo stesso significato alla parola potere?”.
Caro Direttore,
ti scrivo dopo aver letto l’intervento di Carlo Arrigone in cui la barbarie crescente del “femminicidio”, peraltro diffusa in tutti i paesi e in tutte le culture del mondo, viene attribuita ad una guerra fra uomini e donne per una mera conquista del potere.
Mi domando: ma di quale potere si tratta? Le donne e gli uomini attribuiscono lo stesso significato alla parola potere? Max Weber definisce il potere "qualsiasi possibilità di far valere entro una relazione sociale, anche di fronte ad un’opposizione, la propria volontà, quale che sia la base di questa possibilità".
E’ noto che nella cultura dominante maschile il potere che si esercita sulle donne è quello del controllo, scatenando una reazione forte da parte delle donne, specie in questo periodo storico in cui la loro condizione socio-economica è mutata in meglio. Tutte le storie di cronaca delle donne vittime di femminicidio, infatti, hanno come unico denominatore la volontà della donna di voler interrompere una relazione (controllo) molto spesso basata sulla violenza fisica e/o psicologica. Quindi c’è, è vero, un attacco al potere dominante, ma in un caso è per “mantenere” il controllo, nell’altro è per fuoriuscirne. I due aspetti non sono sullo stesso piano.
In quest’ottica la conquista del fallo è un’affermazione datata, nata in un contesto socio-culturale di fine ottocento e da una visione totalmente maschile, dunque parziale, del problema. Ho letto molto Freud, intorno ai vent’anni, sono rimasta affascinata dalle sue teorie anche se poi ho scelto altre strade di conoscenza. Fare la chirurga, infatti, è un metodo estremo che mi fa "entrare" nell’intimo di una persona, non per dominarla ma per conoscerla nella sua parte più vera, non sovrastrutturale. E’ una visione molto personale, ovviamente, ma la ritrovo in molte donne che fanno il mio stesso lavoro dove vi è una relazione profonda con la persona da curare che va oltre l’atto tecnico. Non così nei chirurghi maschi, dove il potere (controllo) e il narcisismo prevalgono e la relazione è ridotta al minimo indispensabile (quando va bene si riduce al solo consenso informato). Ma, secondo la psicoanalisi la chirurgia è comunque una forma di "aggressione" e dunque di potere e senza distinzione finiscono nello stereotipo anche le donne chirurgo.
Eppure non è così. Le pulsioni, le ragioni e le motivazioni in una donna hanno radici fisiche e culturali differenti. Ne sono un recente esempio la medicina e la farmacologia di genere che si stanno sviluppando finalmente in maniera seria e sistematica e che stanno rivoluzionando il sistema di diagnosi e cura, così che, nei prossimi decenni, curare una stessa patologia sarà differente se ad esserne affetto è un uomo o una donna. Conoscere e sviluppare le differenze sono dunque alla base del progresso e del futuro.
Ho fatto questa breve digressione partendo anche dal mio vissuto professionale per introdurre meglio il mio punto di partenza nell’analisi sulle cause del femminicidio, in cui risiede il principale e sostanziale punto di non accordo con le parole di Arrigone: non si può porre sullo stesso piano e ridurre ad uno stesso concetto le motivazioni della “guerra” tra uomo e donna.
Non sono convinta che la donna lotti per "dominio e possesso", contesto la frase "entrambi lo vogliono", è una arbitrarietà dell’uomo pensare che le donne abbiano "invidia" dell’arma di potere. Le donne hanno un’ altro vissuto e un’altra necessità: non quella di dominare, ma quella di non essere dominate. Le donne odiano l’uomo che le opprime, è vero, diventano cattive ed implacabili quando si ribellano contro la cultura dominante, quella sub-cultura basata sull’esercizio del controllo, molto diffusa e subdola, alla base delle diseguaglianze sociali non solo relazionali. Ma ora le donne vogliono "vivere alla pari" e fare non tanto quello che fanno gli uomini, ma quello che decidono loro di fare.
Il concetto di “potere” per la donna ha dunque una valenza totalmente differente, assume il significato di potere su di sé, non su gli altri.
L’articolo di Arrigone parte da un presupposto che non tiene conto dell’ importanza delle differenze e di conseguenza, a mio avviso, anche le conclusioni non sono adeguate. Quando invita gli uomini e le donne a "mettere da parte l’orgoglio", di quale orgoglio parla? Dell’ orgoglio dell’uomo che sente minacciato il suo forte senso di autostima, che ha paura di perdere fiducia nelle proprie capacità, e, soprattutto, di ricevere umiliazioni? Ma per le donne l’orgoglio ha un altro significato, è essere consapevoli di se stesse, affermarsi come persone definendo il proprio io come elemento non rinunciabile che consente di porsi come soggetto autonomo e non subalterno. Perché dovrebbero rinunciarvi?
Non tenere conto di questi aspetti non fa fare alcun passo di comprensione né di avvicinamento al dialogo tra uomo e donna. Ho l’impressione che sia prevalsa una unilaterale visione maschile, che non ha permesso di vedere "l’altra", e a cui attribuisce gli stessi suoi sentimenti (maschili) e forse anche le sue stesse paure.
Nella storia Giuditta uccide Oloferne per liberare il suo popolo dalla dominazione straniera, non per odio personale né per esercitare un potere “femminile”. Ma quell’episodio in senso traslato può anche significare che le donne possono agire quando l’uomo dorme (Dalila e Sansone, Giuditta e Oloferne). Dunque si ha paura della "vendetta" della donna, la si tiene sottomessa affinché non osi "uccidere" nel sonno.
E se allora fosse l’uomo ad aver paura del potere "intrinseco" della donna? Se fosse un uomo fragile che sa di essere meno “potente” della donna a scatenare la sua gelosia e la sua rabbia?
Questo probabilmente è un argomento laterale sul quale tentare un nuovo approfondimento. Ma sono convinta che solo l’analisi dei significati e il rispetto delle differenze tra un uomo e una donna può aiutarci a capire l’origine, e dunque a porre le basi per superare, questa tragedia contemporanea che definiamo "femminicidio".
Dott.ssa Rita Nonnis
Vice presidente OMCeO Sassari
Autore: Redazione FNOMCeO