Organizzato dall’OMCeO provinciale con il suo Laboratorio per una Progettazione di Genere nella Salute e con il patrocinio del Comune, si è svolto a Pescara un incontro con la città e fra operatori sul tema "Quale il ruolo dei medici contro l’escalation della violenza di genere?".
All’evento – tenutosi nel luogo identitario per eccellenza della città abruzzese, l’Aurum "Fabbrica delle idee" – hanno partecipato Melania Mucci, Vice Prefetto, e Cristina Tedeschini, Sostituto Procuratore di Pescara. È stato ricordato il significato del fiocco bianco come simbolo dell’impegno personale a non commettere, né tollerare o rimanere in silenzio, comportamenti violenti, nei diversi ambiti: in guerra, per le strade, nei luoghi di lavoro, ma anche tra le pareti domestiche. Portare un fiocco bianco è un modo per dire “non c’è posto per la violenza, per la violenza sulle donne, non c’è posto per la giustificazione o il silenzio. Occorre insieme, uomini e donne, cercare modalità per una “riconciliazione” tra i sessi”.
Annarita Frullini, Coordinatrice Osservatorio FNOMCeO sulla professione femminile, ha detto: “Noi medici vogliamo esserci, non solo supportando le attività istituzionali e culturali di contrasto a questo fenomeno, ma anche nell’esercizio quotidiano della nostra professione, imparando a cogliere i cosiddetti segnali deboli, perché il fenomeno della violenza avviene spesso tra le mura domestiche, e sempre precede il femminicidio, che è la punta di un iceberg. Le comprensibili reticenze a parlare di episodi di maltrattamento possono essere superate, in un contesto di fiducia e di accoglienza, nella relazione di cura”. La violenza di genere è anche un problema di salute pubblica, con costi enormi sui bilanci dello Stato in termini di spese mediche, processuali, di redditività. Secondo l’OMS è possibile “valutare il legame esistente tra la violenza all’interno della coppia e una serie di sintomi ed eventi associati alla salute; e definire quei fattori che possono proteggere la donna o esporla ad una situazione di rischio di violenza all’interno della coppia”.
Valentina D’Agostino, procuratore in Pescara che lavora in un gruppo specializzato negli interventi sulle fasce deboli, ha inquadrato i reati che si consumano in ambito familiare: maltrattamenti, atti persecutori e reati di violenza sessuale. “La violenza domestica – ha spiegato – si configura in abuso di posizione dominante fra un soggetto debole e un soggetto agente. Il reato di maltrattamenti in famiglia, esteso alle famiglie di fatto, è stato riformato anche dalla convenzione di Lanzarote, ratificata nell’ottobre 2012, che riguarda principalmente la tutela dei minori. L’introduzione dell’ipotesi di reato di atti persecutori o stalking del 2009 è un altro strumento giuridico importante.
Minacce, ingiurie e lievi lesioni sono di competenza del giudice di pace come fenomeni di microconflittualità ma assumono, se reiterate, diverso significato.
Stiamo assistendo a una crescita esponenziale di denunce per maltrattamento in famiglia. Questa tipologia di reato è abituale e perseguibile d’ufficio. Abbiamo anche tante denunce di genitori nei confronti di figli, con condotte penalmente rilevanti”.
Ci si chiede se la denuncia possa essere uno strumento utile di uscita dalla violenza e di tutela delle donne e perché vi sia un alto numero di richieste di archiviazione dalle Procure o richieste di remissione della denuncia/querela da parte della persona offesa, forse spinta a minimizzare.
“Occorre dettagliare la denuncia – la risposta di D’Agostino – e trovare altre soluzioni perché la magistratura penale può intervenire, ha gli strumenti per farlo, ma ha misure limitate nel tempo.
La custodia cautelare in carcere è l’estrema ratio e occorre dare alternative concrete alle donne maltrattate e curare il soggetto maltrattante. Ci muoviamo in un campo delicato dove s’intersecano diversi saperi, con profili sociologici e culturali, sanitari e giuridici. Dal nostro punto di vista è necessaria una formazione della polizia giudiziaria che raccoglie le denunce. Ed è fondamentale creare una rete di relazioni fra gli organismi che, a vario titolo, si occupano di questa materia con una particolare collaborazione con le strutture sanitarie”.
Mauro Della Guardia, medico di pronto soccorso, nell’affrontare il tema del Riconoscimento della violenza di genere ha detto: “L’aumento dei casi di violenza, soprattutto maltrattamenti e percosse all’interno delle mura domestiche, crea una situazione difficile per gli operatori, che si trovano a dover affrontare situazioni lavorative impegnative sia sul piano umano sia su quello sanitario. I reati di violenza sono spesso sottostimati: la violenza si manifesta 10 volte più frequentemente di quanto non sia percepita dagli operatori.
L’accesso al PS può essere il momento in cui, individuata una storia di maltrattamento, si può intervenire. Si può lavorare su un modello organizzativo e indicatori di risultato immediati e a medio termine” (in allegato l’intervento completo).
Rita Pellegrini, presidente ed operatrice del Centro Antiviolenza Ananke, ha parlato delle attività del centro e della necessità di agire sulla prevenzione, perché non si debba solo re-agire all’emergenza. “Manteniamo e rafforziamo le reti antiviolenza, volontarie ed istituzionale, che hanno avuto origine dalle esperienze Urban. La violenza nasce in relazioni non funzionali, ma non ci sono relazioni causa/effetto. Spesso nasce dalla non accettazione e dall’abbandono. Nei racconti dei maltrattanti è presente una lunga progettazione relativa a come fare del male. Nel centro proponiamo scambio di saperi e relazioni interpersonali per rafforzare quella che è l’identità femminile, per proteggere da quelle forme di isolamento che sono usate come sistema prevaricante. Ci sono donne che hanno preso consapevolezza, altre che faticano a dis-velare quello che hanno subito. Per noi operatrici c’è la sofferenza dell’ascolto, la difficoltà di distinguere le proprie emozioni da quelle della donna”.
Nel concludere Frullini ha detto: “La violenza di genere potrà essere sconfitta solo quando impareremo a riconoscerla nei suoi aspetti minimali, quando finirà il discredito e l’indifferenza verso le vittime e verranno meno quelle strategie di occultamento che mettiamo in atto, a livello individuale e collettivo, per non vedere e non capire. La violenza contro le donne è un problema globale che riguarda tutte/i, anche uomini che non sono violenti e donne che non hanno sperimentato violenza. È importante che si elabori lo stare nel conflitto e nelle incertezze. Nel vivere desiderando una felicità personale si deve anche imparare come si possa reagire/adattarsi ai problemi. Michela Marzano dice “Ci sarà sempre uno scarto tra l’esperienza e quello che si riesce a dire. Ma quando lo scarto è troppo grande non si capisce più nulla di se stessi e del mondo”.
L’incontro si è concluso con le parole di Nora da “Casa di bambola” di Henrik Ibsen (testo scritto ad Amalfi nel 1879), recitate da Patrizia Di Fulvio, attrice e regista.
Autore: Redazione FNOMCeO