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Possibilità per Atenei stranieri di delocalizzare in Italia alcuni dei loro insegnamenti

Possibilità per Atenei stranieri di delocalizzare in Italia alcuni dei loro insegnamenti  (c.d. Filiazione)- Il Tar Lazio ha affermato che la Direzione Generale per l’Università non poteva legittimamente negare l’autorizzazione se non contestando la veridicità delle affermazioni contenute nell’istanza e nella documentazione allegata. “Né, a fronte del chiaro tenore della vigente disciplina normativa primaria e attuativa, potrebbe rilevare l’ipotetico intento di parte ricorrente di aggirare la vigente normativa in materia di numero chiuso- secondo quanto ipotizzato dall’associazione interveniente- consistente nell’aprire in Italia, sotto le mentite spoglie di una filiale, una vera e propria sede in cui far iscrivere gli studenti italiani esclusi dalle preselezioni nazionali per l’accesso alle facoltà a numero chiuso (peraltro precluso dalla necessità prevista ex lege che la filiale accolga esclusivamente studenti già iscritti nella sede principale) o, comunque, nella migliore ipotesi, consentire loro un facile trasferimento in un più prestigioso Ateneo italiano, possibilità che a seguito della richiamata decisione n.1/2015 è oggi consentita a qualsiasi studente che abbia frequentato il primo anno presso un Ateneo straniero, previa verifica della sussistenza di posti disponibili e valutazione della congruità degli esami sostenuti (requisiti che naturalmente resterebbero validi anche per l’Ateneo ricorrente”).

FATTO: Con il ricorso numero di registro generale 13331 del 2014 l’Università ricorrente – Medical University di Sofia- ha impugnato, deducendone l’illegittimità sotto vari profili, il provvedimento con cui la Direzione Generale per l’Università, Ufficio IV del Miur ha rigettato l’istanza presentata dalla ricorrente in data 7 febbraio 2014 finalizzata all’ottenimento dell’autorizzazione per l’insegnamento decentralizzato sul territorio italiano (e, segnatamente, a Città di Castello, Perugia) di materie che fanno parte dei programmi didattici per i primi due anni accademici di studio delle specialità di medicina e di medicina dentale presso la stessa università richiedente, così da consentire la frequenza a studenti già iscritti ai corsi dell’Università istante di frequentare in Italia alcuni degli insegnamenti propri del biennio dei corsi di laurea di medicina e medicina dentale.

DIRITTO: Al fine di circoscrivere l’oggetto della presente controversia, Il Tar Lazio  preliminarmente evidenzia che essa non attiene alla nota questione del trasferimento presso Atenei italiani, ad anni successivi al primo, di studenti già iscritti presso Università straniere — i cui presupposti sono stati delineati nella decisione dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n.1/2015- bensì alla ben diversa fattispecie della possibilità per Atenei stranieri di delocalizzare in Italia alcuni dei loro insegnamenti, al fine di consentirne la frequenza a propri studenti (c.d.”Filiazione”). La norma che disciplina l’istituto della filiazione è, specificatamente, contenuta nell’art.2 della legge n. 4 del 1999, recante disposizioni riguardanti il settore universitario, la ricerca scientifica, nonché il servizio di mensa scolastica. Il Collegio ritiene che l’amministrazione, nel concedere o negare detta filiazione, fosse vincolata alla valutazione dei requisiti medesimi. In particolare, dalla documentazione agli atti risulta che nell’istanza proposta la ricorrente abbia dichiarato la sussistenza dei requisiti richiesti, allegando la documentazione prescritta. L’amministrazione, pertanto, non poteva legittimamente negare l’autorizzazione se non contestando la veridicità delle affermazioni contenute nell’istanza e nella documentazione allegata. Né, a fronte del chiaro tenore della vigente disciplina normativa primaria e attuativa, potrebbe rilevare l’ipotetico intento di parte ricorrente di aggirare la vigente normativa in materia di “numero chiuso”- secondo quanto ipotizzato dall’associazione interveniente- consistente nell’aprire in Italia, sotto le mentite spoglie di una filiale, una vera e propria sede in cui far iscrivere gli studenti italiani esclusi dalle preselezioni nazionali per l’accesso alle facoltà a numero chiuso (peraltro precluso dalla necessità prevista ex lege che la filiale accolga esclusivamente studenti già iscritti nella sede principale) o, comunque, “nella migliore ipotesi, consentire loro un facile trasferimento in un più prestigioso Ateneo italiano”, possibilità che a seguito della richiamata decisione n.1/2015 è oggi consentita a qualsiasi studente che abbia frequentato il primo anno presso un Ateneo straniero, previa verifica della sussistenza di posti disponibili e valutazione della congruità degli esami sostenuti (requisiti che naturalmente resterebbero validi anche per l’Ateneo ricorrente

Autore: Redazione FNOMCeO

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