Professione medica e nuovi ospedali: un contributo necessario

Nei giorni scorsi un importante convegno ha visto confrontarsi a Padova il mondo vario degli"stakeholders" della sanità sul tema del "futuro ospedale" della città veneta. Promosso da Maurizio Benato edall’Ordine dei Medici di Padova, il convegno "Quale nuova realtà sanitaria in Padova nel prossimo futuro?" ha dato voce agli interlocutori eccellenti che stanno dando l’avvio ad un nuovo polo, una realizzazione che i presupposti indicano come uno dei luoghi di cure più importanti del Nord Italia.

Perché diamo spazio ad un dibattito che potrebbe sembrare "locale"? Per una serie di ragioni che andiamo cosi a precisare: forte di una delle più antiche scuole mediche d’Italia e di assolute eccellenze in ambito oncologico, cardiologico e pediatrico (solo per citare le più celebri), Padova è insieme a Milano, Bologna, Firenze e Torino il centro sanitario di maggior attrazione nazionale; la vocazione attrattiva della città veneta si potrà con gran probabilità confermare anche in campo europeo con l’entrata in vigore della direttiva europea sulla libera circolazione dei pazienti; il nuovo ospedale dovrà unificare le attività cliniche con le attività di polo universitario di medicina; il percorso di nascita del nuovo ospedale richiede il coinvolgimento di amministrazioni locali, regionali e nazionali per la copertura di un budget che ad oggi si prefigura di oltre 600 milioni di euro.

L’insieme dell’operazione si presenta come si vede non come la nascita di "un" ospedale, ma di un centro di cure di peso e di centralità nazionale. Per questo è stato quanto mai rilevante il confronto soprattutto su una domanda precisa: un progetto di questo tipo può vedere la luce senza che la professione medica dia il suo contributo in termini di conoscenze, esperienze e visioni sul futuro?

Ci sono casi recenti di ospedali di grande rilevanza territoriale progettati, edificati e diventati operativi senza alcun contributo della riflessione medica. In quegli ospedali già oggi si nota un deficit: mancanza di coesione e interrelazione con il resto dell’assistenza primaria e territoriale, difficoltà organizzativa, complesso interscambio tra aree-dipartimenti terapeutici, mancanza di prospettiva, sottostima dell’intensità di cure, carenza (anche logistica) nella gestione del rapporto tra acuzie e cronicità.

La sanità sta mutando profondamente. I modelli stessi sono in cerca di definizione. E il contributo a definirli arriva da tutti i soggetti che ne sono coinvolti: territorio, cittadini, medici, istituzioni,. E dunque: è possibile sviluppare un progetto di centro di cure inserito nel modello di cure che verrà, prescindendo dal contributo e dalla visione di questi soggetti? Da Padova è arrivato un coro abbastanza unanime: l’ospedale deve sorgere raccogliendo in una cabina di regia i contributi dei soggetti autorevoli. Un giudizio chiaro che non riguarda la sola situazione veneta, ma tutto il Paese, con tante situazioni nelle quali si parla di nuove strutture sanitarie.

E’ utile che su questo ci sia la chiara consapevolezza professionale dei fattori in gioco e delle responsabilità alle quali non è opportuno rinunciare.

Autore: Redazione FNOMCeO

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