Rapporto Aiop: 10 miliardi di euro l’anno in fumo per sprechi ed inefficienze

Report n. 114/2010    

IN 15 REGIONI ITALIANE, 10 MILIARDI L’ANNO IN FUMO PER SPRECHI E INEFFICIENZE – RAPPORTO AIOP 2010

Spreco di risorse e bilanci "inattendibili" nelle Aziende sanitarie pubbliche. Regioni commissariate sempre più a rischio se non si interviene rapidamente sulle inefficienze sommerse. È duro il giudizio sull’ospedalità pubblica emerso nell’ottava edizione del Rapporto annuale “Ospedali & Salute/2010" promosso dall’Associazione italiana ospedalità privata (Aiop).

Il Rapporto – realizzato dalla società Ermeneia e presentato in questi giorni a Roma presso la Camera dei Deputati – fa il punto sull’andamento degli ospedali pubblici, privati accreditati e delle cliniche private, monitorando comportamenti e valutazioni delle prestazioni utilizzate dai cittadini. E quest’anno si presenta con una novità: sono state fotografate le inefficienze sommerse dell’ospedalità pubblica in 15 Regioni italiane, ma anche messi in luce i risultati positivi raggiunti in alcune realtà locali e frutto delle collaborazioni virtuose tra pubblico e privato accreditato.

"Si tratta di un’analisi unica in Italia – ha detto Enzo Paolini, presidente dell’Aiop – che si è voluto promuovere non per puntare il dito contro gli amministratori degli ospedali pubblici o le regioni ma per offrire uno strumento di lavoro che aiuti a comprendere come ogni riforma nella gestione della sanità non possa prescindere dalla riorganizzazione del sistema. Siamo convinti che le risorse siano più che sufficienti e che la soluzione, anziché i continui tagli alla sanità privata, stia nell’introduzione di criteri uniformi e trasparenti per valutare i costi delle prestazioni, con controlli attuati da un ente terzo. In questo modo si porrà fine al conflitto di interesse dello Stato che, salvo eccezioni come la Lombardia, eroga e allo stesso tempo controlla i servizi sanitari.  Inoltre – ha aggiunto – si devono adottare nuovi sistemi di finanziamento e accreditamento nell’ottica di realizzare un sistema misto pubblico/privato per ampliare l’offerta sul territorio a costi sempre più appropriati".

Per valutare l’efficienza delle strutture pubbliche, ha spiegato Nadio Delai, direttore di Ermeneia, “sono stati messi a confronto i costi reali (così come risultano dai bilanci consuntivi), sostenuti dalle Aziende ospedaliere e dagli ospedali a gestione diretta con i costi teorici, calcolati però sulla base del sistema dei Drg (utilizzato al momento solo nella sanità privata accreditata). Sono state applicate però anche alcune correzioni di costo in più, riconosciuto al pubblico in quanto svolge attività aggiuntive. Si è potuto così misurare lo scostamento rilevante tra i costi così calcolati (e quindi più alti) effettivamente presenti nel conto economico delle strutture pubbliche , e i costi effettivamente dichiarati. Una differenza che ci ha consentito di misurare la quota di inefficienza sommersa”.

E’ emerso che nelle Regioni analizzate dall’Aiop (Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia Romagna, Liguria, Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria), c’è una quota di “inefficienza sommersa” con percentuali che variano dal 16,9% della Lombardia e dal 18% del Veneto, fino al 42,4% della Campania, al 43% del Lazio e al 45,5% della Calabria. Tradotto in soldoni, secondo le stime degli analisti, l’inefficienza sommersa costa alla Lombardia 875 milioni di euro, al Veneto 697 milioni, ben 2.026 milioni al Lazio e 647 alla Calabria. Tirando le somme delle inefficienze, si arriva a quasi 10 miliardi di euro di spese in più che potrebbero essere evitate con maggiore efficienza.

E non è finita qui, dall’analisi dell’Aiop sono emerse non solo differenze tra Nord, Centro e Sud, ma anche disparità nell’ambito delle stesse macro aree. E così, se si va dal 20,5% di inefficienza delle Regioni del Nord, al 33,4% e al  34,7% rispettivamente di quelle del Centro e del Sud, nell’ambito del Nord Italia le inefficienze variano  dal 16,9% in Lombardia al 26,6% del Piemonte;  al Centro dal 19,7% dell’Umbria al 43,0% del Lazio; e al Sud dal 21,1% della Basilicata al 45,5% della Calabria.

Per ciascuna Regione sono stati considerati 4 importanti indicatori di prestazioni che incidono sull’efficienza degli ospedali: il costo medio per posto letto, il case-mix, ossia l’indicatore medio nazionale di complessità delle prestazioni, la mobilità interregionale dei pazienti e il tasso di ospedalizzazione. La “combinazione migliore” degli indicatori è data dal costo contenuto per i posti letto, accompagnato da un case mix alto ( le prestazioni complesse implicano rimborsi più alti, ma anche un impiego di risorse da parte degli ospedali che incide sui costi),da un’elevata capacità di attrarre pazienti da altre regioni e da un tasso di ospedalizzazione proporzionato al case mix e all’indice di attrazione dei pazienti. Un alto tasso di ospedalizzazione è segno di inefficienza (ad esempio i ricoveri impropri) se non è accompagnato da un buon case mix e dalla capacità di attirare pazienti. Emerge così che alla base dell’alto valore di inefficienza del Piemonte c’è un elevato indice di fuga dei pazienti (1,28 contro una media al Nord dell’0,72). Al contrario, Lombardia ed Emilia Romagna sono avvantaggiate proprio dall’indice di attrazione dei pazienti (rispettivamente 2,27 e 2,3, di gran lunga superiore alla media del Nord pari all’1,39).

Il Lazio ha un discreto indice di attrazione (1,35) vanificato da un elevato costo dei posti letto (312,2dato in migliaia di euro) non imputabile alle complessità dei casi trattati (case-mix basso, 0,98) e da un’eccessiva ospedalizzazione (147,5, ben oltre la media nazionale di 137,3).

La Basilicata spicca per l’eccellente rapporto tra il costo medio dei posti letto (196,3dato in migliaia di euro, il più basso d’Italia, la media nazionale è 271,7dato in migliaia di euro) e l’elevata complessità delle prestazioni (il case-mix è pari a 1,02 contro lo 0,94 che rappresenta la media del sud), si distingue anche per una bassa ospedalizzazione (110 contro 141,2 della media del Sud).

In generale è ampio il divario tra Nord e Centro-Sud soprattutto su case mix (media del Nord 1,07 contro 1,02 del Centro e 0,94 del Sud) e indice di attrazione (1,39 al Nord, 1,21 al Centro e 0,52 al Sud). nonostante ciò l’ospedalizzazione è più alta al Sud (141,2 contro la media nazionale di 137,3).

Lo scenario diventa a tinte fosche se si mettono a confronto le Regioni commissariate e sottoposte a Piani di rientro, con la relativa quota di inefficienza sommersa. Sono emersi dati preoccupanti in particolare per tre delle cinque realtà con i conti in rosso: Lazio (43% di inefficienza), Campania (42,4% di inefficienza) e Calabria (45,5% di inefficienza). Tirando le somme, rilevano gli analisti, le percentuali di inefficienza sono talmente elevate per cui “se si vuole ragionare su tempi di rientro realistici bisogna agire con decisione sulla quota di inefficienza sommersa”.

Sui tempi di rientro dal deficit, il Rapporto ha messo nero su bianco alcune ipotesi tracciando gli scenari futuri per Lazio, Campania, Abruzzo e Molise. Risultato? I tempi prospettati per il rientro dal deficit sono tutt’altro che brevi. Infatti, secondo gli analisti di Ermeneia, se si riuscisse a recuperare al 100% l’inefficienza sommersa, per rientrare dal debito, ci vorrebbero un minimo di 2,4 anni per l’Abruzzo e un massimo di 4,7 anni per il Molise. E nell’ipotesi di un recupero al 50% ovviamente gli anni si raddoppierebbero, e quindi si andrebbe da un minimo di 4,9 anni per l’Abruzzo a un massimo di 9,2 per il Lazio e di 9,4 per il Molise.

I bilanci degli ospedali pubblici, hanno un livello di inattendibilità  molto elevato, sostiene il Rapporto, al punto che lo scenario tratteggiato “rende difficile la messa a punto di un sistema unitario di misurazione dell’efficienza del pubblico e del privato accreditato (con problemi di adeguatezza delle classificazioni delle voci di bilancio e quindi di trasparenza, oltre che di pubblicizzazione e di libero accesso delle informazioni).

Il Rapporto ha presentato, in via anonima, 13 casi di strutture ospedaliera pubbliche situate al Nord, 15 al Centro e 10 al Sud, in cui si sono rilevate delle palesi incongruenze, tali da non “poter utilizzare tali casi per la costruzione dell’indicatore di inefficienza implicita attribuibile alle singole Regioni”. Tra le tante citate c’è il caso dell’Azienda del Nord che sostiene un costo medio per ricovero (12.825 euro) nettamente superiore alla media della regione di appartenenza (8.402 euro) e doppio rispetto alla media nazionale (6.349); di quella del Centro che presenta un costo del personale pari all’81% dei costi totali a fronte di una media regionale del 43,7% e nazionale del 50,4%. E ancora il caso dell’ospedale di una regione del Sud dove è possibile che molte prestazioni di pronto soccorso e specialistiche sono considerate come ricovero i quanto il rapporto ricoveri/posti letto è fortemente alterato rispetto alla media nazionale.

Da un’indagine condotta su un panel telematico di 2mila famiglie italiane, con più di 4mila persone intervistate nel mese di settembre 2010, è infine emersa la crescita della consapevolezza degli utenti e dei cittadini circa le opportunità di scelta tra ospedali pubblici e ospedali privati accreditati, e della possibilità di ricoverarsi al di fuori della propria Regione di residenza. Insomma, secondo l’analisi dell’Aiop, il mondo dell’ospedalità è considerato sempre più dagli italiani come un sistema misto pubblico-privato a cui si accede in base a giudizi che guardano ai bisogni dei pazienti e alla qualità dell’assistenza e non certo alla tipologia di strutture che offrono i servizi.
I cittadini sottolineano però la necessità di poter disporre di campagne di informazione ad hoc per migliorare le opportunità di libera scelta, visto che la crescita di consapevolezza esiste, ma i relativi valori non risultano ancora essere soddisfacenti.

Roma, 06/12/2010

Autore: Redazione FNOMCeO

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