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Rapporto Pit 2013: accesso alle cure pubbliche sempre più difficile

Liste di attesa con tempi “biblici”, ticket sempre più alti e accesso alle prestazioni esponenzialmente più difficile. Tanto che sempre più italiani si rivolgono alle visite in “intramoenia” o alle strutture private, chiedendo prestiti per curarsi.

È questo il quadro del nostro Servizio Sanitario che emerge dal XVI Rapporto Pit Salute del Tribunale per i Diritti del Malato-Cittadinanzattiva, presentato questa mattina a Roma al ministero della Salute e intitolato eloquentemente: “Meno Sanità per tutti, la Riforma strisciante”.

Dopo anni in cui gli errori medici rappresentavano il problema più sentito dai cittadini-pazienti, ora al primo posto tra le 27491 segnalazioni giunte al Tribunale dei diritti del malato nel 2012 si attestano quelle riguardanti l’accesso alle prestazioni sanitarie, costituendone il 18,4%.

Di questo 18,4%, i tre quarti sono relativi ai tempi d’attesa: oltre un anno per una mammografia, nove mesi per ecodoppler e colonscopia, un anno per una visita urologica, dieci mesi per quella pneumologia.

La seconda voce tra le segnalazioni – che costituisce il 12% del totale – è quella relativa ai costi delle prestazioni sanitarie. E sono soprattutto i farmaci a “pesare” sui bilanci degli italiani: sia per via delle differenze di prezzo tra generici e corrispettivi “di marca”, sia per la spesa dovuta alla “fascia c”, che è a totale carico del cittadino.

Anche i costi per le prestazioni in intramoenia appaiono eccessivi, ma i pazienti sono costretti a sostenerli, per poter rispondere più tempestivamente di quanto attualmente avvenga nel pubblico ai loro bisogni di cure.

“La situazione economica – ha spiegato Cittadinanzattiva ha assunto nel nostro Paese una gravità particolare a causa della mancata individuazione di misure di rilancio e di spinte all’innovazione e alla crescita”.

A concludere la presentazione del rapporto Pit, Sara Todaro – la giornalista de Il Sole 24 Ore che moderava l’evento – ha poi voluto far intervenire due “super esperti” che, nella loro duplice veste di rappresentanti di Ordini, oltre che di senatori, hanno una maggiore ampiezza di visuale su tutto il comparto politico sanitario: Amedeo Bianco e Annalisa Silvestro.

Così, dopo l’intervento della presidente dell’Ipasvi, che ha voluto sottolineare un aspetto sin qui poco analizzato, la migrazione di infermieri all’estero (“non c’è solo la fuga di medici – ha infatti oggi affermato – ma anche quella, preoccupante, degli infermieri”), e che ha ringraziato gli organizzatori dell’evento per aver messo sotto focus un drammatico nuovo aspetto della realtà italiana – “meno sanità per tutti” – la parola è quindi passata al presidente della FNOMCeO, Amedeo Bianco, che ha quindi portato a termine i lavori della giornata.

“Convergiamo con l’analisi di osservatori così attenti come quelli di Cittadinanza attiva – ha detto Bianco concludendo la presentazione –: ad essere in sofferenza è tutto il Sistema Sanitario, anzi, tutto il nostro Welfare”.

Che fare, allora? Da dove cominciare per metter mano e migliorare una situazione definita da tutti emergenziale? Soprattutto, ma non solo, ha detto sempre Bianco, dal punto di vista istituzionale.

“Il ministero della Salute – ha infatti voluto sottolineare –, posto a tutela di diritti costituzionalmente protetti, deve essere più parte in causa, va in buona sostanza riqualificato il suo ruolo autonomo rispetto a quello delle Finanze” .

“Il nostro Sistema Sanitario nazionale – ha aggiunto – non può più sopportare ulteriori politiche di definanziamento pubblico, salvo scontare inaccettabili cadute dell’universalismo e della equità che ne rappresentano i principi fondanti”.

Oltre a Bianco, in rappresentanza della FNOMCeO era presente anche il Segretario, Luigi Conte; per la Fimmg il Segretario Generale, Giacomo Milillo; per l’Anaao – Assomed, Giulio Liberatore.

Autore: Redazione FNOMCeO

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