Report: anche i dentisti “piangono”

Report n. 23/2010

ANCHE I DENTISTI “PIANGONO”

Nell’ultimo biennio, gli effetti della crisi hanno colpito anche le spese odontoiatriche. Secondo un’approfondita ricerca di “Altroconsumo”, un italiano su dieci vi ha infatti rinunciato, e la prima spesa ad essere stata rimandata è stata quella del dentista.

Dal campione preso in esame risulta che un italiano su dieci trova molto difficile o addirittura impossibile sopportare questi costi. Le prime ad essere colpite sono, ovviamente, le famiglie a basso reddito (sotto i mille euro al mese), quelle monoparentali e quelle dove ci sono malati cronici.

La ricerca è stata condotta contemporaneamente in 4 Paesi, Italia, Spagna, Portogallo e Belgio, per studiare il peso sulle famiglie, delle spese sanitarie a loro carico. Dai risultati appare che l’Italia, tra i quattro Paesi presi in esame, è quello con le più alte spese sanitarie a carico del cittadino ed il conto del dentista è ovunque quello che incide di più.

Se guardiamo la distribuzione geografica, come sempre il problema è particolarmente presente nel Sud e nelle isole. Il record negativo è detenuto dalla Calabria, dove addirittura l’81% degli intervistati ha detto di aver dovuto rinunciare o posticipare un trattamento sanitario per problemi finanziari. L’11% del campione ha dichiarato di aver dovuto rinunciare a cure di emergenza perché i soldi non bastavano, ed anche in questo caso è evidente il divario tra Nord e Sud.

Come sopra riportato, una grave conseguenza derivante dalla rinuncia alle cure mediche è l’assenteismo sul lavoro.
Nel 2009 il 38% degli italiani ha dovuto assentarsi dal lavoro a causa di problemi di salute (ovviamente chi non si cura o si cura male, rischia di peggiorare notevolmente la qualità della propria vita e tutto ciò influisce anche sulle prestazioni lavorative), percentuale decisamente inferiore rispetto al Belgio ed alla Spagna dove l’assenteismo ha toccato il 51% ed il 45%.

Dunque, la diminuzione o la rinuncia alle cure mediche, in particolare a quelle odontoiatriche, si aggiunge alla diminuzione della produzione di protesi, come è emerso da un studio effettuato dall’Istituto di ricerca Key-Stone, evidenziando un calo del 15% nel 2009.

In realtà, della crisi del settore dentale si parla ormai da un decennio, o forse più. E’ quanto emerge da un approfondito studio di settore effettuato dall’analista Franco Cellino della società Lessicom S.r.L: “Il suo segnale più evidente sembra essere il calo dei pazienti lamentato da molti studi odontoiatrici, dove il numero degli italiani che si rivolgono al dentista è ai minimi storici, con cali che vanno dal 30-35% per le cure tradizionali fino ad arrivare ad un 50% per i manufatti protesici”.

In teoria tutto ciò è vero, ma la realtà, almeno per qualcuno, è talvolta diversa. La questione, secondo Cellino, deve essere analizzata tenendo conto di come è strutturato oggi il mercato odontoiatrico sul fronte dell’offerta.

Sotto il profilo della struttura organizzativa e funzionale degli studi odontoiatrici, le informazioni disponibili riconducibili agli studi di settore – fornite dal Ministero dell’Economia e delle Finanze – ci dicono che il 75% degli studi odontoiatrici sono di piccola e media dimensione, mentre quelli di dimensioni grandi , ovvero quelli con molti professionisti, collaboratori specializzati nelle diverse aree cliniche, non superano il 10%.

E’ relativamente facile cogliere come l’offerta odontoiatrica sia prevalentemente di tipo tradizionale, con il singolo dentista che si avvale di collaboratori esterni in maniera saltuaria. E’ un modello tipico di impresa familiare, rivolto a clientela molto localizzata, nata senza fare calcoli economici nella sua localizzazione ottimale. E’ il modello “old”, obsoleto, con bassa capacità produttiva ma, soprattutto, non più in grado di soddisfare la domanda di una clientela sempre più informata, attenta, esigente.

In definitiva, è molto probabile che questa tipologia di studio, che andava bene 20 o 30 anni fa, oggi non abbia più la forza e gli strumenti necessari per poter far fronte ad un mercato competitivo ed in continua evoluzione. Alcuni professionisti, hanno intuito in tempo l’evoluzione del mercato, si sono organizzati ed infatti i risultati si vedono, in quanto non sono stati impattati dalla crisi in maniera cosi devastante. Questi ultimi, hanno curato la loro formazione professionale, si sono dotati di strutture moderne in grado di rispondere a tutte le esigenze cliniche – vecchie e nuove- della propria clientela, hanno messo a punto un’organizzazione del lavoro efficace ed efficiente, hanno introdotto veri e propri criteri di gestione aziendale.

In definitiva, tutto ciò porta ad un’unica conclusione: “la legge di Darwin, nella sua scientifica freddezza”: la sopravvivenza del più adatto o adattabile in tempi brevi, e la scomparsa degli altri. Si tratta, aziendalmente parlando, di selezione naturale, ciò comporta che se un domani ci fosse un qualsivoglia ritorno alla normalità, la specie o la categoria ripartirà da una situazione, professionalmente parlando, più elevata e qualificata della precedente.

P.S. chi fosse interessato ad approfondire, la documentazione completa è presso il Centro Studi e Documentazione della FNOMCeO.

Roma, 01/03/2010

Autore: Redazione FNOMCeO

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