Report n. 90/2010
LE MOLESTIE SESSUALI SUL LAVORO
Un milione e 224 mila donne, secondo l’ISTAT, è oggetto di violenza o pressione, in una gamma di umiliazioni che, dalIa telefonata hard può raggiungere lo stupro. E’ quanto emerge da un’indagine effettuata nel corso degli anni 2008 – 2009 tramite intervista telefonica sulle molestie a sfondo sessuale nell’ambito lavorativo.
La consapevolezza d’essere in presenza di un reato ancora non aiuta, visto che, documenta l’Istat, l’80% delle vittime-lavoratrici non solo non denuncia ma addirittura neppure si confida, tenendo tutto per sè. Le ragazze, ma anche le adulte molestate, sono pari all’8,5% della forza lavoro femminile, incluse quelle che, al momento, sono escluse daI mercato, in cerca magari di un’altra assunzione.
In Italia il numero delle donne che subisce molestie sul luogo di lavoro è praticamente stabile dal 2002 dopo un caIo del fenomeno dalIa seconda metà degli anni Novanta, quando i casi erano oltre un terzo in più.. E quì il merito va alIa legge del 1996 suIIa violenza aIle donne che ha “rotto il silenzio” creando un clima sociale e un’attenzione mediatica che ha contribuito a inibire comportamenti molesti.
Nella ricerca commissionata dal Ministero delle Pari Opportunità, I’istogramma più alto spetta al settore impiegatizio, pubbIico e privato, con il 40% di dipendenti molestate. AI secondo posto quello commerciaIe con iI 24% di lavoratrici, vittima di aggressioni di varia natura.
Alcune delle percentuali Istat sono impressionanti. Ad esempio la reiterazione del ricatto sessuale che, nel 43% dei casi, si ripete ogni giorno.
La molestia è grosso modo trasversale: iI 14,3% delle donne molestate Iavorava in attività immobiliari e informatiche, il 10,3% nelle attività manifatturiere, il 18% in professioni tecniche, il 7,8 in professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione, come ad esempio legislatori, imprenditori, dirigenti.
Molestie interclassiste insomma. Quanto alla percentuaIe bassissima di denunce, tra Ie motivazioni resiste “la paura”. Mentre nel 9,3% dei casi I’intervistata chiama in causa “indecisione, vergogna, auto-colpevolizzazione” per spiegare iI tentativo di rimuovere Ia vicenda, senza parIarne apertamente.
II senso d’impotenza assume un risvolto per così dire “istituzionale” laddove I’intervistata parla di “mancanza di fiducia nell’operato delle forze dell’ordine o delIa loro impossibilità di agire. Oltre iI 20% delle vittime.
Roma 20/09/2010
Autore: Redazione FNOMCeO