Report n. 84/2010
PARTI CESAREI IN COSTANTE CRESCITA
La frequenza del taglio cesareo nei paesi industrializzati ha da anni un andamento in ascesa. In Italia il ricorso al taglio cesareo è in continuo aumento: è passato, infatti, dall’11% del 1980 al 38% del 2008.
Questa percentuale supera di molto la soglia del 10-15% che, secondo la raccomandazione pubblicata nel 1985 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, garantisce il massimo beneficio complessivo per la madre e il feto e si discosta notevolmente anche dagli standard europei riportati nel rapporto Euro-Peristat sulla salute materno-infantile pubblicato nel dicembre 2008.
L’Italia presenta a livello europeo la più alta percentuale di cesarei, seguita dal Portogallo con il 33%, mentre negli altri Paesi si registrano valori inferiori al 30% che scendono al 15% in Olanda e al 14% in Slovenia.
Si rileva inoltre una spiccata variabilità su base interregionale, con valori tendenzialmente più bassi nell’Italia settentrionale e più alti nel meridione: si va dal 23% nella Provincia autonoma di Trento e in Friuli-Venezia Giulia al 62% in Campania.
Infine, si registrano anche differenze intraregionali tra punti nascita di diversa tipologia amministrativa e volume di attività, con percentuali di tagli cesarei nettamente superiori alla media nazionale nei reparti con basso numero di parti e nelle strutture private rispetto a quelle pubbliche. Non sono disponibili prove a sostegno di un’associazione tra il maggiore ricorso alla pratica chirurgica e una riduzione del rischio materno-fetale,né tanto meno di miglioramenti significativi degli esiti perinatali.
Al contrario, i dati disponibili riportano una più alta mortalità perinatale nelle regioni meridionali del paese, dove la percentuale di tagli cesarei è più elevata.
La variabilità rilevata sembra essere un indizio di comportamento clinico-assistenziale non appropriato, riconducibile a molteplici fattori indipendenti dalle condizioni di necessità clinica: carenze strutturali e organizzative, aspetti culturali che assimilano il taglio cesareo a una modalità elettiva di nascita, scarsa competenza del personale sanitario nel gestire la fisiologia (taglio cesareo visto come pratica difensiva).
Sulla base dei dati epidemiologici sopra descritti, il Sistema Nazionale per le linee guida dell’Istituto Superiore di Sanità (SNLG-ISS) ha incluso nel suo programma di sviluppo di raccomandazioni per la pratica clinica una linea guida sul taglio cesareo. In particolare, il piano prevede di elaborare due distinti documenti, da realizzare in momenti diversi, con il coinvolgimento di un gruppo di esperti.
Il primo riguarda i temi della comunicazione tra le donne e gli operatori sanitari, con specifico riferimento alle informazioni sulle modalità di parto, ai contenuti e ai tempi di acquisizione del consenso informato e alla gestione dell’eventuale richiesta materna di taglio cesareo in assenza di motivazioni cliniche. Lo scopo è di migliorare la relazione tra le donne e i professionisti della salute coinvolti nel percorso di assistenza alla nascita.
Il secondo documento, prende in esame le indicazioni al taglio cesareo elettivo, l’appropriatezza delle procedure diagnostiche e delle manovre impiegate nella pratica clinica corrente e le ricadute del taglio cesareo sulle future gravidanze e modalità di parto.
Roma 03/09/2010
Autore: Redazione FNOMCeO