Report: sfruttamento del lavoro minorile, un’intollerabile piaga sociale

Report n. 21/2011    

SFRUTTAMENTO LAVORO MINORILE: INTOLLERABILE PIAGA SOCIALE

In molte delle zone più povere e disagiate del mondo, dove spesso il problema più grande, sve­gliandosi la mattina, è quello di arrivare vivi la sera, sono così numerosi, ed è così "normale" vederli al lavoro, che dopo un pò quasi non te ne rendi nep­pure più conto.

Bambini costretti a trascorrere l’in­fanzia impegnati in occu­pazioni spesso troppo faticose o pericolose, a gua­dagnarsi ogni giorno una misera vita, senza neppu­re sapere cos’è il gioco, la scuola, la spensieratezza della loro età. E questi so­no i bambini visibili, i più fortunati, tutto sommato, quelli che è fin troppo facile incontrare magari stra­carichi di fagotti più gran­di e più pesanti di loro lun­go le strade di Mumbai, di Lima o di Lagos. Bambini che lavorano nelle fabbri­che o nei campi, nelle ca­ve o nelle miniere, nelle ca­se private o nelle imprese turistiche. Poi ci sono quel­li che non si vedono, di cui non si sa nulla, e che sono purtroppo i più numerosi e sfortunati.

In tutto il mondo, si calcola, sono 306 milioni i bambini con­siderati "economicamente attivi"; 215 milioni di bam­bini il cui lavoro viene sfruttato e altri 115 milio­ni costretti a lavori ri­schiosi o sottoposti alle peggiori forme di sfruttamento sessuale e a ignobili traffici. Sono i più re­centi dati ILO, quelli cioè resi noti per il 2010 dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro: secondo i quali, i bambini e le bambine che lavorano si concentrano per lo più in Asia e nel Pacifico, dove sono 113,6 milioni, ma so­no in preoccupante ascesa anche nell’Africa sub sa­hariana, dove già se ne contano 65 milioni.

Non si deve credere però che la piaga vergognosa dei bambini lavoratori ri­guardi solo il Sud povero del mondo. Lo sfrutta­mento dei bambini, tema al centro di una campagna del Cesvi, ma che impegna anche altre Ong come Ter­re des Hommes e Save the Children, non è una realtà che riguarda esclusiva­mente i Paesi in via di svi­luppo, ma anche quelli ad economia in via di transi­zione e quelli industrializ­zati, dove la percentuale dei minori lavoratori rap­presenta l’uno per cento.

In Italia, secondo l’Istat, la­vorano 144.000 bambini tra i 7 e i 14 anni; e di questi, 31.500 sono da consi­derarsi veri e propri casi di sfruttamento. Ma per l’Ires – Cgil la cifra e di 400 mi­la bambini; questa stima è confermata anche da un’indagine realizzata dall’Istituto Nazionale Con­sulenti del Lavoro nel 2007 e dal rapporto pub­blicato da Telefono Azzur­ro Eurispes nel novembre 2007.

E le differenze tra queste stime dimostrano che evidentemente il feno­meno nel nostro Paese è ancora poco analizzato. In base alla Convenzione dei diritti dell’Infanzia, per sfrutta­mento del lavoro minorile si intende "qualsiasi forma di lavoro compiuto da bambini e ragazzi di età inferiore ai 18 anni che in­terferisca negativamente con la loro educazione e/o possa danneggiarne la salute fisica o psicologica e lo sviluppo mentale, spiri­tuale, morale o sociale".

E, al di là del principio enunciato dalla Convenzione, la ragione profonda per bat­tersi per l’eliminazione del lavoro minorile è costitui­to dal diritto di ogni bam­bino e bambina a un’edu­cazione libera. Un’affer­mazione di principio, anche quest’ultima, che con­trasta purtroppo con la constatazione che spesso i minori subiscono le più gravi forme di sfruttamen­to, veri e propri crimini, anche nei Paesi che pure hanno sottoscritto la Con­venzione 182 sulle peggio­ri forme di lavoro minorile, che è stata ratificata da 163 Paesi ed è entrata in vigore nel novembre 2000.

Il 12 giugno è stata indetta la "Giornata mondiale con­tro lo sfruttamento del la­voro minorile", quale oc­casione per rafforzare l’azione e l’impegno a fa­vore dei diritti dei bambini non solo nei buchi neri del mondo, ma anche in Italia.

Roma 09/05/2011

Autore: Redazione FNOMCeO

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