Responsabilità medica

Cassazione Penale Sentenza n. 50078/2017 – Responsabilità medica – Sulla nuova disciplina introdotta dall’art. 6 della L.24/17– Deve affermarsi il seguente principio di diritto: "L’ art. 590-sexies cod. pen. , comma 2, articolo introdotto dalla L. 8 marzo 2017, n. 24 (c.d. legge Gelli-Bianco), prevede una causa di non punibilità dell’esercente la professione sanitaria operante, ricorrendo le condizioni previste dalla disposizione normativa (rispetto delle linee guida o, in mancanza, delle buone pratiche clinico-assistenziali, adeguate alla specificità del caso), nel solo caso di imperizia, indipendentemente dal grado della colpa, essendo compatibile il rispetto delle linee guide e delle buone pratiche con la condotta imperita nell’applicazione delle stesse". Giova ribadire che con il novum normativo si è esplicitamente inteso favorire la posizione del medico, riducendo gli spazi per la sua possibile responsabilità penale, ferma restando la responsabilità civile. La nuova legge, in sostanza, cerca di proseguire in un percorso di attenuazione del giudizio sulla colpa medica, introducendo così una causa di esclusione della punibilità per la sola imperizia la cui operatività è subordinata alla condizione che dall’esercente la professione sanitaria siano state rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge, ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico assistenziali e che dette raccomandazioni risultino adeguate alla specificità del caso concreto.

FATTO E DIRITTO: Il Tribunale di Bologna ha affermato la responsabilità dell’imputato in ordine al reato di lesioni colpose gravi in danno di B.S. e lo ha altresì condannato al risarcimento del danno nei confronti della parte civile da liquidarsi dinanzi al giudice civile, riconoscendo una provvisionale di Euro 10.000,00. La pronunzia è stata confermata dalla Corte d’appello di Bologna.All’imputato è stato mosso l’addebito di aver cagionato alla vittima, nel corso dell’esecuzione di un intervento di ptosi (lifting) del sopracciglio una ipoestesia tattile in ristretta zona frontale destra, consistente in una diminuzione della sensibilità della zona interessata ancora permanente a distanza di cinque anni dall’intervento. La colpa è stata individuata nella imperizia nella concreta esecuzione dell’intervento e non nella scelta dello stesso, imperizia che aveva determinato la lesione del nervo sovra orbitario nel corso della esecuzione.L’incertezza sull’azione che aveva determinato tale lesione (la somministrazione dell’anestesia o la successiva fase di taglio o di sutura) veniva considerata irrilevante ai fini dell’accertamento della responsabilità in quanto entrambe le azioni erano state poste in essere personalmente dall’imputato. La Corte territoriale escludeva l’applicabilità della legge Balduzzi sul rilievo che l’intervento non era di particolare complessità e della gravità della colpa, concretizzatasi in una deviazione ragguardevole rispetto all’agire appropriato. Ricorre per cassazione l’imputato. La non manifesta infondatezza dei motivi proposti, nei termini che verranno delineati, impone al Collegio di tenere conto del corso della prescrizione intervenuta successivamente alla sentenza di appello. Il giudicante (sia in primo che in secondo grado) ha escluso l’applicabilità della c.d. legge Balduzzi, avendo apprezzata, in modo assorbente, la sussistenza dei profili della colpa grave, che come è noto, è configurabile nel caso di una "deviazione ragguardevole rispetto all’agire appropriato", ossia dell’errore inescusabile, che trova origine o nella mancata applicazione delle cognizioni generali e fondamentali attinenti alla professione o nel difetto di quel minimo di abilità e perizia tecnica nell’uso dei mezzi manuali o strumentali adoperati nell’atto operatorio e che il medico deve essere sicuro di poter gestire correttamente o, infine, nella mancanza di prudenza o di diligenza, che non devono mai difettare in chi esercita la professione sanitaria. Ciò detto, il tema trattato impone di prendere in considerazione – anche se non è stato oggetto di motivo di ricorso – la nuova disciplina introdotta dall’art. 6 della L. 24/17 che ha innovato la materia della responsabilità penale del medico. Da quanto sopra esposto in punto di responsabilità emerge, infatti, con chiarezza che il profilo di colpa è stato individuato nella imperizia nella concreta esecuzione dell’intervento e non nella scelta dello stesso, imperizia che aveva determinato la lesione del nervo sovra orbitario nel corso della sua esecuzione. Altrettanto chiaro è che il legislatore ha ritenuto di limitare l’innovazione alle sole situazioni astrattamente riconducibili alla imperizia, cioè al profilo di colpa che si fonda sulla violazione delle leges artis, che ha ritenuto non punibili neanche nell’ipotesi di colpa grave. Occorre, inoltre, tener conto della obiezione di fondo secondo la quale in presenza di "colpa grave", sarebbe oltremodo difficile ipotizzare come sussistenti le condizioni concorrenti previste per l’impunità del sanitario, nel senso che sembrerebbe difficile conciliare il grave discostamento del sanitario dal proprium professionale con il rispetto delle buone pratiche clinico assistenziali, e, soprattutto, decisivamente, che possa conciliarsi la colpa grave con un giudizio positivo di adeguatezza delle linee guida al caso concreto. Giova ribadire che con il novum normativo si è esplicitamente inteso favorire la posizione del medico, riducendo gli spazi per la sua possibile responsabilità penale, ferma restando la responsabilità civile. La nuova legge, in sostanza, cerca di proseguire in un percorso di attenuazione del giudizio sulla colpa medica, introducendo così una causa di esclusione della punibilità per la sola imperizia la cui operatività è subordinata alla condizione che dall’esercente la professione sanitaria siano state rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge, ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico assistenziali e che dette raccomandazioni risultino adeguate alla specificità del caso concreto. In questa prospettiva l’unica ipotesi di permanente rilevanza penale della imperizia sanitaria può essere individuata nell’assecondamento di linee guida che siano inadeguate alla peculiarità del caso concreto; mentre non vi sono dubbi sulla non punibilità del medico che seguendo linee guida adeguate e pertinenti pur tuttavia sia incorso in una "imperita" applicazione di queste (con l’ovvia precisazione che tale imperizia non deve essersi verificata nel momento della scelta della linea guida – giacchè non potrebbe dirsi in tal caso di essersi in presenza della linea guida adeguata al caso di specie, bensì nella fase "esecutiva" dell’applicazione). Alla luce delle considerazioni svolte deve affermarsi il seguente principio di diritto: "L’ art. 590-sexies cod. pen. , comma 2, articolo introdotto dalla L. 8 marzo 2017, n. 24 (c.d. legge Gelli-Bianco), prevede una causa di non punibilità dell’esercente la professione sanitaria operante, ricorrendo le condizioni previste dalla disposizione normativa (rispetto delle linee guida o, in mancanza, delle buone pratiche clinico-assistenziali, adeguate alla specificità del caso), nel solo caso di imperizia, indipendentemente dal grado della colpa, essendo compatibile il rispetto delle linee guide e delle buone pratiche con la condotta imperita nell’applicazione delle stesse" . La Corte ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata, agli effetti penali, per essere il reato estinto per prescrizione).

Autore: Marcello Fontana - Ufficio Legislativo FNOMCeO

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