Responsabilità medica – Danno da parto – La Corte di Cassazione ha affermato che non spetta nessun risarcimento ai fratelli postumi del nato con handicap a causa di errore dei sanitari. Tra la condotta dei sanitari e il danno lamentato dagli odierni ricorrenti non può esservi nemmeno un rapporto di causalità c.d. giuridica. Ammettere, infatti, che il fratello postumo d’un bimbo nato invalido per colpa d’un medico possa domandare a quest’ultimo il risarcimento del danno consistito nel nascere in una famiglia non serena, produrrebbe i seguenti effetti paradossali: (a) in teoria, anche la madre potrebbe essere ritenuta responsabile del suddetto danno, per aver messo al mondo un secondo figlio, pur sapendo della preesistenza d’un fratello invalido; (b) non solo nel caso di errore medico, ma dinanzi a qualsiasi fatto illecito lesivo dell’integrità psicofisica, tutti i parenti postumi (11,A, della vittima primaria potrebbero domandare un risarcimento al responsabile; e sinanche il coniuge che contragga le nozze dopo l’infortunio del partner sarebbe legittimato alla richiesta di risarcimento, senza limiti di generazioni o di tempo; (c) non solo nel caso di danno non patrimoniale, ma anche per il danno patrimoniale i nati postumi potrebbero domandare il risarcimento all’autore dell’illecito: così, ad esempio, i figli postumi del creditore insoddisfatto potrebbero pretendere il danno dal debitore insolvente, per essere nati in una famiglia povera. L’evidente insostenibilità di tali approdi evidenzia, in virtù della regola della reductio ad absurdum, l’erroneità del presupposto su cui si fondano, e cioè che persone non solo non nate, ma neanche concepite al momento della commissione del fatto illecito, possano domandare al responsabile di questo un risarcimento.
FATTO E DIRITTO: Nel 1997 i coniugi C.D. P. e G.D.S., sia in proprio che quali rappresentanti ex lege dei propri figli minori F., R. e C.D.P., convennero dinanzi al Tribunale di Napoli l’Università degli Studi di Napoli “Federico II” (d’ora innanzi, per brevità, “l’Università”), esponendo che: (-) G.D.S. 1’8 novembre 1988 diede alla luce il proprio figlio primogenito F., nel reparto di ginecologia ed ostetricia del Policlinico Universitario, gestito dall’Università; (-) il bimbo nacque con un grave ritardo neuromotorio dovuto ad ipossia cerebrale intra partum; ( -) il danno fu causato dalla colpevole condotta dei sanitari del Policlinico Universitario, i quali nonostante un evidente quadro sintomatico di sofferenza fetale, non eseguirono prontamente un parto cesareo, non sorvegliarono adeguatamente la gestante durante il travaglio, e comunque le somministrarono dosi eccessive di ossitocina, che si rivelarono controproducenti rispetto al felice esito del parto. L’Università si costituì, negando la propria responsabilità e contestando il quantum debeatur. Con sentenza 12 marzo 2004 n. 3055 il Tribunale di Napoli accolse la domanda. La sentenza venne appellata da tutte le parti. Con sentenza 30 dicembre 2013 n. 4514 la Corte d’appello di Napoli accolse parzialmente tanto l’appello principale proposto dall’Università, quanto l’appello incidentale proposto da C.D.P. e G.D.S., sia in proprio che quali rappresentanti dei propri figli minori. R.G.N. 4122/15 + 4287/15 Udienza del 22 dicembre 2017 Per quanto in questa sede ancora rileva, la Corte d’appello liquidò in misura più cospicua, rispetto a quanto ritenuto dal Tribunale, sia il danno (patrimoniale e non patrimoniale) patito da F.D.P., sia il danno patrimoniale patito dai suoi genitori. La Corte d’appello ritenne invece, accogliendo sul punto il gravame dell’Università, che non spettasse alcun risarcimento ai minori R.D.P. e C.D.P., fratelli postumi di F., poiché, essendo nati dopo quest’ultimo, non poteva dirsi sussistente un valido nesso di causa fra l’errore dei sanitari e il danno da essi lamentato. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione. La Corte di Cassazione ha affermato che non spetta nessun risarcimento ai fratelli postumi del nato con handicap a causa di errore dei sanitari. Tra la condotta dei sanitari e il danno lamentato dagli odierni ricorrenti non può esservi nemmeno un rapporto di causalità c.d. giuridica. Ammettere, infatti, che il fratello postumo d’un bimbo nato invalido per colpa d’un medico possa domandare a quest’ultimo il risarcimento del danno consistito nel nascere in una famiglia non serena, produrrebbe i seguenti effetti paradossali: (a) in teoria, anche la madre potrebbe essere ritenuta responsabile del suddetto danno, per aver messo al mondo un secondo figlio, pur sapendo della preesistenza d’un fratello invalido; (b) non solo nel caso di errore medico, ma dinanzi a qualsiasi fatto illecito lesivo dell’integrità psicofisica, tutti i parenti postumi (11,A, della vittima primaria potrebbero domandare un risarcimento al responsabile; e sinanche il coniuge che contragga le nozze dopo l’infortunio del partner sarebbe legittimato alla richiesta di risarcimento, senza limiti di generazioni o di tempo; (c) non solo nel caso di danno non patrimoniale, ma anche per il danno patrimoniale i nati postumi potrebbero domandare il risarcimento all’autore dell’illecito: così, ad esempio, i figli postumi del creditore insoddisfatto potrebbero pretendere il danno dal debitore insolvente, per essere nati in una famiglia povera. L’evidente insostenibilità di tali approdi evidenzia, in virtù della regola della reductio ad absurdum, l’erroneità del presupposto su cui si fondano, e cioè che persone non solo non nate, ma neanche concepite al momento della commissione del fatto illecito, possano domandare al responsabile di questo un risarcimento.