Cassazione Penale – Responsabilità medica – I presupposti applicativi della legge c.d. Balduzzi – La giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione ha affermato che la nuova normativa ha dato luogo ad una "abolitio criminis" parziale degli artt. 589 e 590 c.p. , nei confronti dei medici, avendo ristretto l’area del penalmente rilevante individuata da questi ultimi ed avendo ritagliato implicitamente due sottofattispecie, una che conserva natura penale, caratterizzata dalla colpa grave, e l’altra divenuta penalmente irrilevante, caratterizzata dalla colpa lieve. (Sentenza 9923/15)
FATTO: Le parti civili D.D., D.O., D. G. e S.R. ricorrono avverso la sentenza di cui in epigrafe con cui il Gip del Tribunale di Taranto ha dichiarato non doversi procedere "per non avere commesso il fatto" nei confronti di M.G., T.A.G. e B. M., e "perchè il fatto non costituisce reato" nei confronti di M.F. e V.S., per tutti in relazione al reato di cui agli artt. 113 e 589 c.p. , ai medesimi contestato, nella qualità di medici in servizio presso la Casa di cura Bernardini (i primi quattro) e presso la Casa di Cura Villa Verde (il V.), per il decesso di D.M..Secondo l’imputazione ai medici si contestava di avere omesso per negligenza ed imperizia di effettuare accertamenti diagnostici cardiologici quali radiografia toracica e ecocardiogramma e, conseguentemente, di non avere prescritto adeguata terapia farmacologica per curare lo scompenso cardiaco di cui risultava affetto il D., che lo portava successivamente alla morte a Siena (insufficienza miocardica acuta da miocardite virale, riacutizzata, complicatasi in arresto cardiocircolatorio irreversibile).Il giudice, valorizzando anche gli esiti delle diverse consulenze tecniche, tra cui l’autopsia eseguita a Siena e la perizia medico legale svolta durante l’udienza preliminare, riteneva di prosciogliere con la formula più ampia (non aver commesso il fatto) i sanitari in servizio presso la Casa di cura Bernardini T., B. e M., sulla base dell’assorbente rilievo che questi – i primi due – risultavano avere eseguito solo esami strumentali (doppler e ecografia), da cui non erano emersi obiettivamente sintomi rilevanti della patologia (miocardite virale) che aveva condotto poi alla morte il paziente il loro operato, quindi, non aveva avuto alcun ruolo nell’evento; mentre il terzo, aveva parimenti eseguito un unico esame strumentale (ECG), rilevante ai fini del ricovero, ma non conducente ai fini dell’apprezzamento della patologia che si assumeva sottovalutata. Con il ricorso le parti civili, con ampi richiami alla vicenda processuale, sostengono che il giudice avrebbe esorbitato dai propri poteri valutativi, ripercorrendo gli elementi soprattutto di natura tecnica che doveva portare al rinvio a giudizio
DIRITTO: I ricorrenti hanno sostenuto l’inapplicabilità della legge Balduzzi al caso in esame, sotto due profili: il primo di carattere temporale, il secondo sul rilievo che nel caso in esame non si verteva in tema di imperizia ma di negligenza ed imprudenza. Tali deduzioni difensive non sono condivisibili. Sotto il primo profilo va rilevato che la giurisprudenza consolidata di questa Corte (v. Sezione IV, 29 gennaio 2013, n. 16327, Cantore), ha affermato che la nuova normativa ha dato luogo ad una "abolitio criminis" parziale degli artt. 589 e 590 c.p. , nei confronti dei medici, avendo ristretto l’area del penalmente rilevante individuata da questi ultimi ed avendo ritagliato implicitamente due sottofattispecie, una che conserva natura penale, caratterizzata dalla colpa grave, e l’altra divenuta penalmente irrilevante, caratterizzata dalla colpa lieve. Il parziale effetto abrogativo chiama in causa la disciplina dell’art. 2 c.p. , comma 2, e quindi ha efficacia retroattiva (Sezioni unite 27 settembre, Magera, rv. 238197; 26 marzo 2003, Giordano, rv.224607). Quanto al secondo profilo, come emerge esplicitamente dalla sentenza impugnata, il giudizio in ordine alla colpa si è incentrato proprio sul tema delle linee guida e delle prassi terapeutiche, nonché sulla loro osservanza da parte del M. e del V.. Ciò premesso, il giudice risulta avere correttamente interpretato la norma di che trattasi, ossia la portata dell’articolo 3 della legge. 8 novembre 2012, n. 189 (la cd. legge "Balduzzi"), in tema di responsabilità del medico), secondo cui "l’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve".L’art. 3 della legge n. 189 del 2012, per come costruita e come interpretata già da questa Corte (cfr. Sezione IV, 24 gennaio 2013, Pagano), appare porre un limite alla possibilità per il giudice di sancire la responsabilità del medico che abbia rispettato le linee guida e le best practices: nel senso che potrebbe pur sempre essere riconosciuta la responsabilità penale del medico per omicidio e lesioni personali che si sia attenuto ad esse, ma ciò solo allorchè invece avrebbe dovuto discostarsene in ragione della peculiare situazione clinica del malato e questo non abbia fatto per "colpa grave", quando cioè la necessità di discostarsi dalle linee guida era macroscopica, immediatamente riconoscibile da qualunque altro sanitario al posto dell’imputato. E’ noto che per aversi colpa grave occorre che il medico si sia altamente discostato dallo standard di agire dell’"agente modello", avendo attenzione alle peculiarità oggettive e soggettive del caso. In definitiva, potendosi configurare la "colpa grave" nel caso dell’errore inescusabile, che trova origine o nella mancata applicazione delle cognizioni generali e fondamentali attinenti alla professione o nel difetto di quel minimo di abilità e perizia tecnica nell’uso dei mezzi manuali o strumentali adoperati nell’atto operatorio e che il medico deve essere sicuro di poter gestire correttamente o, infine, nella mancanza di prudenza o di diligenza, che non devono mai difettare in chi esercita la professione sanitaria. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso proposto dalle parti civili.