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Robert Edwards, 85 anni, Premio Nobel 2010 per la Medicina

L’inventore della fecondazione in vitro fece nascere il 25 luglio 1978 Louise Brown in Gran Bretagna, la prima a essere concepita grazie alla rivoluzionaria scoperta del ricercatore inglese. Senza i risultati positivi dei suoi studi e dei suoi esperimenti, nel mondo non sarebbero nati quattro milioni di bambini. E lo scienziato inglese parla anche di valori e fa riferimento a Karl Popper.

E’ dovuto arrivare a 85 anni Robert Edwards per vedersi assegnare il Premio Nobel per la Medicina. A lui è andata la cifra di 1,5 milioni di dollari e l’onore della cerimonia di gala nel Palazzo Comunale di Stoccolma, avvenuta lunedì 4 ottobre.

Si tratta di un Premio Nobel assegnato a un uomo che ha dedicato la sua intera vita alla ricerca, con l’entusiasmo di chi non si arrende mai di fronte alle difficoltà sia di natura scientifica, sia di natura etica. Un percorso di cui Robert Edwards ha sempre parlato senza pregiudizi e senza posizioni preconcette, ma serenamente, dicendo negli anni quel che pensava, a mano a mano che i suoi studi andavano avanti e si concretizzava la possibilità di applicare i risultati raggiunti. Data storica per Edwards e per la scienza a livello mondiale è il 25 luglio 1978, quando nasce la prima bimba a seguito di fecondazione in vitro: Louise Brown ha oggi 32 anni.

Ma nel 1990, dodici anni dopo la nascita di Louise, Robert Edwards decise di mettere nero su bianco i suoi pensieri e la sua storia in un libro ‘indimenticabile’ non soltanto per quanti si occupano di fecondazione assistita, ma per tutti coloro che sono impegnati nel mondo della ricerca scientifica.

Edwards scelse lui il titolo del libro: “La vita prima della nascita”, per significare già nel ’90 la portata degli studi da lui effettuati assieme all’amico Patrick Steptoe, un ginecologo, e a Jean Purdy, un’altra amica, assistente di laboratorio. Il gruppetto di costituì negli anni ’70 presso l’Oldham and General District Hospital. Rispetto a Patrick e Jean, Robert Edwards si autodefinisce il “meccanico della situazione”. E nel libro parla diffusamente non soltanto di sé, ma anche dei suoi instancabili collaboratori, purtroppo tutt’e due prematuramente scomparsi, dopo aver condiviso con loro tutte le fasi della ricerca, nonché dell’organizzazione della struttura dove la ricerca doveva essere applicata, compreso il trasferimento da Oldham a Cambridge e le difficoltà connesse all’avvio dell’attività a tempo pieno in una nuova città. Racconta Edwards che tutta l’attività di ricerca fu svolta in condizioni di ristrettezze finanziarie e di mezzi, fino a quando non si affacciò qualche opportunità di ottenere qualche finanziamento: “Per un certo periodo, la Fondazione Ford contribuì generosamente: io ero immensamente grato, ma era nondimeno ironico per me, un socialista inglese impegnato, dovermi rivolgere a capitalisti stranieri per ottenere delle sovvenzioni. A metà degli anni settanta, ritirarono però il loro aiuto finanziario, preoccupati dei problemi etici sollevati negli USA nei riguardi della fertilizzazione in vitro”.
E la discussione sugli aspetti etici ha accompagnato poi negli Usa, ma anche nei Paesi europei, l’evolversi delle tecniche di fecondazione assistita, toccando in Italia l’apice dello scontro tra posizioni diverse attorno alla legge ’40, quando era Ministro della Salute Girolamo Sirchia.

Robert Edwards racconta anche questo aspetto della sua vita professionale, l’estrema attenzione da lui posta a un sistema di valori di riferimento, da cui emerge fondamentalmente un approccio laico al tema della ricerca: “La filosofia della scienza – scrive Edwards – esercita su di me una particolare attrattiva, forse perché io stesso sono uno scienziato. Per questo motivo sir Karl Popper ha un influsso particolare su di me, perché traduce in parole le emozioni che sento e la visione che ho: «La scienza ha un grande significato come una delle più grandi avventure spirituali che l’uomo abbia conosciuto» – ha scritto Popper – «Le sue teorie non sono delle raccolte di fatti impersonali riguardo al mondo, ma sono dei prodotti della mente umana…delle conquiste personali di un ordine sorprendente. Le teorie nascono…in sogni o in uno stato quasi di sogno: in lampi di ispirazione…tutti gli organismi sono costantemente impegnati, notte e giorno, nella risoluzione di problemi…». Le grandi teorie della scienza mi riempiono di meraviglia. Jacques Monod, un filosofo francese della scienza, pone l’uomo in prospettiva in un enorme, impersonale universo, esposto, come lo sono tutti gli animali, alle cieche pressioni dell’evoluzione”.

Fin qui Robert Edwards fornisce la sua ‘visione’ della complessità del rapporto tra scienza e valori. Ma, sempre nel libro del 1990, entrava anche nel merito di una valutazione sul cammino che era stato percorso in quegli anni, rispondendo a una semplice domanda: ma tutti questi sacrifici, l’impegno, la dedizione, sono stati compensati? “Ne è valsa sicuramente la pena –scrive Edwards- perché alcune cose sono state cambiate in meglio. La fertilizzazione in vitro è accettata in tutto il mondo come rimedio alla sterilità e ora non verrà mai dichiarata illegale. Sono certamente necessari dei miglioramenti, in particolare per aiutare gli spermatozoi degli uomini il cui liquido seminale ne contiene in scarso numero a penetrare la sona pellucida dell’uovo che in alcuni casi impedisce la fecondazione, ma gente di ogni razza e religione in tutto il mondo ha tratto benefici dalla fecondazione assistita”.

Basti pensare a quante coppie vivono come un dramma il problema della sterilità e quante di esse hanno risolto il problema: si stima infatti che nel mondo quattro milioni di bambini siano nati con la fecondazione assistita, diecimila soltanto in Italia. Di fronte a polemiche scatenate da più fronti, Edwards ha sempre risposto con una sua frase: “Avere un bambino è la gioia più grande”. Forse è il suo modo di difendere la scienza e ancora una volta prende a prestito le considerazioni del teorico della ‘società aperta’: “Dopo la musica e l’arte, la scienza è la più grande, la più bella e la più illuminante conquista dello spirito umano. Detesto la rumorosa moda intellettuale che cerca di denigrare la scienza…Ammiro al di là di ogni cosa i meravigliosi risultati raggiunti dal lavoro dei biologi e dei biochimici e resi disponibili attraverso la medicina a tutti coloro che soffrono su questa nostra splendida terra”.

Autore: Redazione FNOMCeO

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