Li chiamano i ‘medici a gettone’: medici precari, pagati a prestazione. Sono sempre più numerosi, a causa della carenza di specialisti che sta già facendo sentire i suoi effetti: li troviamo nelle guardie mediche, sulle ambulanze medicalizzate del 118. Ma cominciano a vedersi anche negli ospedali, soprattutto nei pronto soccorso, ma anche in sala parto e persino in sala operatoria. E, come spesso accade in Italia, la precarietà si organizza a sistema, tanto che i ‘gettonisti’ si costituiscono in cooperative e le Asl cominciano ad avvalersene con contratti anomali prolungati a sei mesi, anziché compensarli a prestazione.
“Nel quotidiano, per colmare i “buchi” del personale si tratta di fare lavorare di più chi è in servizio con riposi saltati, incentivi, guardie e gettone, sale operatorie a gettone, esami di radiologia a gettone, tutto a gettone, fino ad un certo punto” si sfogava alcune settimane fa il vicepresidente Fnomceo, Giovanni Leoni, dalle pagine di Quotidiano sanità. Tanto che, sempre secondo la fedele cronaca di Leoni, che da più di trent’anni lavora in ospedale, molti medici lasciano il nostro Servizio Sanitario Nazionale, per andare nel privato, in pre-pensionamento e ora, se passerà la “Quota cento” prevista dalla manovra inserita nella legge di stabilità, anche in pensione. Per il riposo, infatti, basterebbero 100 “punti pensione”, sommando gli anni di età a quelli di contributi.
E a ‘farci un pensierino’, alla Quota cento, è lo stesso Giovanni Leoni, che così dichiara a Francesca Sironi de L’Espresso nel numero in edicola questa settimana e del quale riportiamo un estratto.
“Certo che ci pensa, a Quota 100 «visto che ho 61 anni e fra turni di notte, reperibilità 24 ore e straordinari, la vita in ospedale è per me, come per i molti miei coetanei che lavorano in reparto, sempre più pesante» . Ci pensa, Giovanni Leoni, vicepresidente della Federazione nazionale medici chirurghi e odontoiatri, alla possibilità di dire addio in anticipo al camice, nonostante il suo lavoro lo entusiasmi ancora, «con i tagli alla Sanità purtroppo è diventato impossibile gestire lo stress e la burocrazia ospedaliera», riflette. Quindi sì, sta valutando davvero i possibili benefici della riforma delle pensioni voluta dal governo gialloverde, e in particolare da Matteo Salvini che dell’abbattimento del sistema Fornero ha fatto uno dei suoi vessilli elettorali perpetui, insieme alla Flat Tax. Però, Leoni ha già un però: «ci penserò solo se non introducono limiti al reddito o non impediscono attività supplementari. In quel caso, escludo che in tanti sceglieremo quest’opzione. Forse solo i più stanchi, quanti non riescono proprio più a reggere i ritmi del pronto soccorso a 60 anni». Gli altri, continueranno a lavorare fino ai 67, come previsto”.
Una sanità sempre più precaria dunque, al risparmio, con sempre meno medici, costretti a coprire turni sempre più pesanti e con sempre meno tutele contrattuali. Ma la precarizzazione della sanità può comportare un aumento dei rischi per il cittadino? Se ne parlerà domani pomeriggio, giovedì primo novembre, a Tagadà (La7). E a intervenire su un argomento a lui così caro e vicino, in collegamento, alle 15,20 circa, dagli studi di Mestre, non poteva che essere proprio Giovanni Leoni.
A cura dell’Ufficio Stampa Fnomceo
Autore: Redazione