È l’arma che permetterà ai cardiologi di salvare centinaia di migliaia di vite ogni anno fra chi soffre di scompenso cardiaco. Ha polarizzato l’attenzione degli specialisti accorsi al congresso della Società europea di cardiologia (Esc) a Stoccolma, dove un nuovo studio dimostra la sua capacità di regolare l’attività di “pacemaker” di alcune cellule del cuore, permettendo di ridurne i battiti in maniera mirata e di evitare il rischio di eventi cardiovascolari letali. Si chiama ivabradina ed è un farmaco che deriva da una scoperta tutta italiana.
Autore: Redazione FNOMCeO