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Servono medici più padroni della giurisprudenza. E giornalisti più attenti

La Corte di Giustizia Europea (ECJ), che ha sede in Lussemburgo, il 21 giugno scorso ha pronunciato una sentenza che “consente” il versamento di un indennizzo da parte dell’azienda farmaceutica produttrice di vaccini agli eredi di un cittadino francese morto per sclerosi multipla dopo essersi sottoposto alla vaccinazione contro l’Epatite B.
L’uso del verbo “consentire” relativo all’indennizzo deriva dal fatto che il ricorso alla ECJ è stato fatto dalla Corte di Cassazione francese per stabilire se esista aderenza delle leggi nazionali francesi alle disposizioni della Direttiva comunitaria 85/374, soprattutto per quanto riguarda il suo primo articolo che prevede la responsabilità del produttore farmaceutico soltanto se chi si ritiene danneggiato dall’assunzione di un suo prodotto prova che lo stesso era difettoso, esibendo la prova della connessione causale tra difetto e danno riportato.
Giornali di tutto il Mondo hanno però ripreso la notizia di questa sentenza (vedi) facendo più di un cortocircuito mediatico risultato fuorviante e che ha prodotto la classica tempesta in bicchiere d’acqua. Quasi tutti gli organi d’informazione (generalisti, ma anche specializzati in materie scientifiche) hanno infatti parlato di “sentenza shock” perfetta per alimentare (anche soltanto a partire dal punto di vista della giurisprudenza) le convinzioni degli antivaccinisti.
La rivista Nature, di fronte a tanto clamore, ha voluto vederci chiaro in questa vicenda (vedi).
Ha fatto esaminare questa sentenza da suoi giuristi di fiducia che in modo perentorio hanno immediatamente escluso la volontà della Corte di Giustizia Europea di avvalorare una qualsiasi tesi di natura scientifica, chiarendo innanzi tutto il connotato giuridico principale relativo alla sentenza. La Cassazione francese non aveva chiesto alla ECJ di stabilire l’esistenza di un nesso causale tra vaccino anti Epatite B, la malattia e la morte del Signor W ma soltanto  di valutare compiutamente l’aderenza delle leggi nazionali francesi alle disposizioni della Direttiva comunitaria 85/374.

I fatti
Quel cittadino francese era stato vaccinato contro l’Epatite B con tre dosi di preparato in tempi successivi e programmati. Nel mese dopo la terza iniezione il Signor W ha iniziato a manifestare disturbi che a novembre del 2000 sono stati valutati come sintomi di una sclerosi multipla che l’ha portato alla morte nel 2011.
Nel 2006 il Signor W aveva citato per danni la casa farmaceutica produttrice del vaccino sostenendo l’esistenza di un nesso causale tra vaccinazione e comparsa della sclerosi multipla, negando nel contempo una familiarità per tale patologia senza però mai tirare in ballo un difetto di produzione relativo al prodotto che gli era stato inoculato, come la normativa europea prevede.
Una prima sentenza del Tribunale di Nanterre nel 2009, arrivata all’attenzione della Corte d’Appello di Versailles nel 2011, affermava l’idoneità di presunzioni gravi, precise e concordanti circa l’esistenza di un nesso di causalità tra vaccinazione e l’insorgenza della malattia ma non sull’esistenza di un difetto del vaccino usato.
Nel 2012 la Corte di Cassazione ha infatti annullato la sentenza d’appello ritenendo che il giudice non avesse esplicitato in maniera sufficiente da un punto di vista giuridico la motivazione della decisione assunta. Tale contestazione verteva ancora una volta sulla mancanza di presunzioni gravi, precise e concordanti circa la dimostrazione della difettosità del vaccino.
Dopo la pronuncia della Cassazione, nel 2014, il Tribunale d’Appello ha quindi respinto, il ricorso degli eredi del Signor W, esplicitando tra l’altro nella sentenza la non esistenza di consenso scientifico condiviso sul nesso di causalità tra la vaccinazione contro l’epatite B e l’insorgenza della sclerosi multipla. In più, sempre nella sentenza, il giudice ricordava come il Signor W avesse potuto contrarre la malattia anche prima della vaccinazione senza però accusarne ancora i sintomi.
Gli eredi del Signor W hanno impugnato questa sentenza facendo di nuovo ricorso alla Cassazione francese che ha deciso di sottoporre alla Corte di Giustizia Europea il complesso iter giudiziario richiedendo il suo parere su tre questioni pregiudiziali (che devono essere risolte prima di procedere ad un giudizio legale di merito).

La principale di queste riguarda (come già accennato) l’aderenza delle leggi nazionali francesi alle disposizioni della Direttiva comunitaria 85/374 che nel primo articolo prevede la responsabilità del produttore farmaceutico qualora un cittadino danneggiato dall’assunzione di un suo prodotto provi che lo stesso fosse difettoso e lo faccia attraverso la prova della connessione causale tra difetto e danno.

La sentenza della Corte di Giustizia Europea spiegata da Nature
La sentenza della Corte di giustizia Europea non impedisce che, accanto a riscontri “seri, specifici e coerenti”, in sede dibattimentale vengano portate anche prove validate dalla ricerca medico- scientifica. Proprio per questo la Corte ha sottolineato che una richiesta di responsabilità per danni presunti da vaccinazione debba essere considerata caso per caso. Questa sentenza non significa assolutamente, quindi, che i vaccini possano essere incolpati in sede giudiziaria di causare danni senza prima si siano prodotte prove scientifiche a supporto.
Occorre però sapere che la mancanza di un’evidenza scientifica condivisa su un qualsiasi aspetto della Medicina apre la strada a contenziosi legali che si possono tuttavia risolvere senza confondere i piani della Giustizia con quelli della Scienza.
Le preoccupazioni degli scienziati europei, relative ad ingerenze della Giustizia in campo medico,
appaiono in genere quindi esagerate e dimostrano piuttosto una scarsa conoscenza delle modalità in cui operano Tribunali e Corti.
La legislazione dell’UE sulla responsabilità dei prodotti sanitari, in larga parte lascia ai tribunali degli Stati membri la possibilità di declinare secondo la giurisprudenza elaborata nei singoli Stati membri l’aderenza alla legislazione comunitaria.
In definitiva, il risultato più preoccupante della sentenza che tanto ingiustificato clamore ha sollevato potrebbe essere un inasprimento del clima culturale di sospetto che aleggia sui vaccini: un problema planetario che i giornalisti dovrebbero cercare di ridurre, non di rinfocolare con la pubblicazione di notizie non verificate a sufficienza.

A cura di Nicola Ferraro

Autore: Redazione FNOMCeO

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