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Speciale Matera: intervista a Silvana Quadrino

Cosa significa oggi fare una "scelta saggia in medicina"?

In realtà nell’applicazione del progetto Choosing Wisely in Italia ci si sta spostando dal concetto di “scelta saggia”, che rischia sempre di evocare un “saggio” un po’ antipatico che sceglie per gli altri, al concetto di “scelta condivisa”: l’esperimento piemontese per l’applicazione di CW in medicina generale ha preso il nome di Scegliamo con CURA, proprio per sottolineare, con il verbo al plurale e con la parola CURA, l’estrema importanza della condivisione delle scelte e delle decisioni fra medico e paziente. Nessun medico può fare una scelta “saggia” se non ascolta il paziente e se non tiene conto delle sue esigenze e delle sue priorità, e nessun paziente può scegliere in modo saggio se non viene aiutato a rivalutare le sue richieste e a cercare insieme al medico i percorsi di cura più adatti a lui. Le tre parole chiave di Slow Medicine uniscono alla sobrietà (che focalizza soprattutto gli aspetti di appropriatezza), il rispetto e la giustizia: scegliere con cura significa rendere possibili scelte che sono al contempo sobrie, rispettose e giuste, cioè costruite in collaborazione con il paziente e non contro di lui o suo malgrado.

Possiamo forse dire che Slow Medicine ha anticipato un dibattito che dopo molti anni domina la scena politico-sanitaria, cioè "l’equilibrio" che dovrebbe dominare la pratica medica. Cosa ne pensa?

L’equilibrio è stato messo a dura prova dal cosiddetto “decreto appropriatezza”: il decreto finiva per proporre un equilibrio fra risorse e prescrizioni, senza tenere conto dell’altro elemento dell’equilibrio che è il paziente, e di conseguenza della relazione di cura fra il medico e il paziente. Torniamo insomma al tema delle scelte condivise: il medico deve poter decidere insieme al paziente cosa è saggio, appropriato, equilibrato in quella specifica situazione e in quella specifica relazione di cura. La marcia indietro del ministero non è in sé una vittoria, riporta semplicemente il discorso al punto zero, cioè alla necessità di una assunzione di responsabilità competente da parte dei medici : imporre l’appropriatezza per decreto significava dare per scontato che i medici non fossero in grado di garantire questa assunzione di responsabilità. Da ora in poi, la ricerca del modo per garantire a ogni cittadino cure sobrie rispettose e giuste, senza eccessi e senza restrizioni ingiustificate, ritorna nelle mani del medico. In questo Slow Medicine si impegna per affiancare i medici – e tutti gli altri professionisti sanitari – costruendo progetti condivisi, proponendo formazione e informazione, rendendo possibile una appropriatezza “non per decreto ma per scelta”.

Il ruolo del medico oggi tra prescrizioni legislative e gabbie linguistiche: nei concetti cruciali di cui si discute (appropriatezza, buone pratiche, erogabilità…), non c’è il rischio di una rigidità teorica a svantaggio dei destinatari finali del percorso di cura? E in questo dibattito quanto è preso in considerazione l’atto concreto del prendersi cura?

Negli ultimi tempi i pazienti e le associazioni di pazienti si sono avvicinate in modo sempre più propositivo a SM: da loro sono venute critiche franche e costruttive anche sul piano della scelta delle parole con cui esprimiamo le nostre proposte. “Fare di più non significa fare meglio”, per esempio, che per i professionisti suona semplicemente come un segnale di allerta nei confronti di ciò che è inappropriato, ai cittadini evoca immediatamente un’idea di restrizione, di sottrazione di diritti acquisiti. Anche perché a dirlo sono i medici, i politici: gli stessi – ci dicono i cittadini – che finora ci hanno bersagliati di inviti a fare di più, di messaggi come “prevenire è meglio che curare”, di rimproveri ogni volta che la nostra salute peggiorava (ma cosa aspettava a fare gli esami?).
Il nostro obiettivo in questo momento è proprio la ricerca e la diffusione di messaggi capaci di produrre il cambiamento culturale che SM ha proposto fin dalle origini: un cambiamento basato su una visione meno miracolistica della medicina, sulla correzione di un’idea di prevenzione che si è spostata sempre di più verso la prevenzione secondaria e la diagnosi precoce, accrescendo la convinzione che se si fanno abbastanza esami sofisticati sarà possibile non ammalarsi. Devono essere messaggi in positivo: i messaggi “non” sono scarsamente efficaci, creano sospetto e contrapposizione. E devono essere messaggi che sottolineino l’importanza della relazione. Lo slogan di Scegliamo con CURA è “Medici e pazienti, sempre insieme e mai contro”: magari i più scettici sorridono, ma una cosa è importante: chi partecipa al progetto ci crede. E chi crede alle cose le fa succedere.

Autore: Redazione FNOMCeO

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