Report n. 85/2010
SPESA SANITARIA PRO–CAPITE ITALIANA ED EUROPEA – VII RAPPORTO CEIS SANITA’ 2009E’ una spesa sanitaria sotto controllo quella del nostro Paese. Basti pensare che, per effetto delle azioni di contenimento messe in atto negli ultimi anni, la nostra spesa pro-capite è del 17,6% inferiore a quella dell’Europa a 15. E addirittura di quasi il doppio più bassa se nel confronto ponessimo anche paesi extraeuropei come il Canada, il Giappone e gli Usa. Di contro, cresce I’impoverimento delle famiglie per spese sanitarie non coperte dal Ssn, mentre circa 5 milioni di italiani hanno riscontrato difficoltà nell’accesso alle cure. Infine, per il biennio 2010- 2011, sono previsti forti disavanzi di gestione per Asl e Ospedali. Questi i dati più significativi contenuti nel Rapporto Ceis-Sanità 2009 della Facoltà di Economia dell’Università Tor Vergata, presentato di recente a Roma e giunto, quest’anno, alla sua settima edizione. Dati che mettono in luce pro e contro di un sistema sanitario che, nonostante alcune criticità, è tra i migliori al mondo.
Tre dati su tutti: 338.000 nuclei familiari (pari ad oltre 1 milione di persone) sono stati soggetti a fenomeni di impoverimento a causa di spese sanitarie o sociali (soprattutto per problemi di non autosufficienza); altre 992.000 famiglie (per un totale di circa 3 milioni di persone) sono state costrette a sostenere spese per la sanità molto elevate rispetto ai propri redditi; in oltre 2.600.000 famiglie almeno un componente ha dovuto rinunciare a sostenere spese sanitarie per il peso economico che avrebbero comportato.
In tutto, quindi, si può presumere che siano oltre 5.000.000 gli italiani che hanno avuto problemi di diversa entità nell’accesso alle cure nel corso del 2009. Da sottolineare che la capacità delle Regioni di evitare tali fenomeni di impoverimento appaiono molto diverse, tant’è che I’analisi sull’equità in termini di impatto della spesa sanitaria sui bilanci famiIiari indica una significativa differenza regionale con picchi di maggiore impoverimento relativo e quindi di minore equità nella soddisfazione della domanda di cure e assistenza, in Piemonte, Molise e Liguria e una minore incidenza di impoverimento e quindi di maggiore equità nella soddisfazione della domanda in Campania, Marche e Puglia.
- La spesa sanitaria totale in Italia nel 2008 (ultimo dato consuntivo disponibile) è stata pari all’8,7% del Pil rispetto all’8,9% della media nei Paesi Oecd (e certamente il dato del 2009 risulterà cresciuto ulteriormente, anche per effetto della recessione economica) ma, con I’indotto che crea, si stima che I’economia legata alla Sanità in termini di valore aggiunto superi il 12%, rappresentando la terza industria italiana dopo alimentari ed edilizia.
Mentre il finanziamento della Sanità in senso stretto risulta in linea con i dati europei, quello per la non autosufficienza e la tutela sociale appare largamente carente (appena 123 euro per anziano over 65) e frammentato (Fondo Nazionale per le Politiche Sociali, Fondo per le Politiche sulla Famiglia, il Fondo per le Politiche relative ai Diritti ed alle Pari Opportunità, iI Fondo per Ie non Autosufficienze, il Fondo per l’lnclusione Sociale degli Immigrati) per quanto concerne la non autosufficienza e, in generale, il sociale.
La redistribuzione operata dal finanziamento pubblico è apprezzabile nel fatto che il finanziamento garantito in media alle Regioni, in rapporto al proprio PIL, si attesta al 5,7% nel Nord, al 6,0% nel Centro, sino al 9,3% nel Sud.
- La dimensione media delle Asl sfiora oggi i 350.000 abitanti, ma con una variazione regionale molto accentuata: considerando i casi estremi, si passa da 1,5 mil. di abitanti della unica Asl della Regione Marche, ai 118.200 della Regione Basilicata, con un rapporto di 1 a 12; analogamente la dimensione media dei distretti passa dai 154.000 abitanti in media della Regione Lazio (superando di fatto la soglia dei 60.000 abitanti indicata dalle norme) a meno di 25.000 del Molise (con una rapporto di circa 1 a 6).
Le differenze sono ancora più marcate per altre forme di presidio che caratterizzano la “primary care”: i punti di guardia medica vanno dai 61.700 abitanti in media per punto di guardia medica della P.a. di Bolzano ai 4.200 della Regione BasiIicata); i consultori dai 57.000 abitanti in media della P.a. di Trento ai 5.700 della Regione Valle D’ Aosta; i Centri di salute mentale dai 118.200 abitanti in media nella Regione Basilicata ai 15.700 della Regione Valle D’Aosta. Secondo i dati più recenti disponibili (2007) il personale dipendente delle Asl, al netto di quello impegnato nei presidi ospedalieri a gestione diretta varia da 6,5 dipendenti per 1.000 abitanti della Valle d’Aosta, all’1,4 della Lombardia, con una media nazionale di 3,0; si noti la forte disparità di personale con cui si gestiscono Ie attività extra ospedaliere, e anche come nell’ultimo quinquennio per quanto la numerosità del personale (per quanto il dato potrebbe essere inficiato ad esempio dalle modificazioni nei rapporti libero professionali e dal ricorso alle forme di outsourcing) sia in media leggermente diminuita (3,6% nel quinquennio), Ie Regioni approssimativamente si equiripartiscono: poco più di metà hanno aumentato il personale, in particolare la P.a. di Bolzano, la P.a. di Trento e Basilicata (rispettivamente con +94,1%, +41,3% e +29,8%), mentre Ie altre lo hanno diminuito (in particolare in Lombardia 36,3%, e la Liguria 26,2%.
Passando ai presidi ospedalieri, la tendenza è a un riduzione degli stessi e anche dei posti letto, ma con velocità, modalità e livelli difformi fra Ie Regioni.
Circa due terzi delle Regioni e Province Autonome hanno, nel periodo 2000- 2007, ridotto contemporaneamente numero di strutture e di posti letto, e di queste circa metà hanno ridotto i posti letto in una percentuale maggiore rispetto a quella delle strutture. Ad oggi la densità di posti letto per acuti ogni 1.000 abitanti registra un valore medio nazionale pari a 3,8; Ie Regioni con minore dotazione di posti letto per acuti risultano la Campania e il Piemonte con, rispettivamente 3,3 e 3,4 ogni 1.000 abitanti. Per contro, la Regione che presenta la densità di posti letto per acuti più elevata è iI Molise con 5,2 ogni 1.000 abitanti.
La disomogeneità territoriale è significativa anche nel caso dei posti letto per riabilitazione e lungodegenza. A fronte di una media nazionale pari a 0,6 posti letto per non acuti ogni 1.000 abitanti, a livello locale si registrano dotazioni che variano da 1,3 posti letto nella P.a. di Trento sino alla completa assenza di tale tipologia nella Valle d’Aosta.
II personale dipendente dei presidi ospedalieri pubblici, ivi comprese Ie aziende ospedaliere i policlinici etc, è pari a circa 2,6 unità per posto letto (media nazionale al netto degli universitari), passando da un minimo di 1,9 registrato in Molise, a un massimo di 3,1 del Friuli Venezia Giulia e della P.a. di Bolzano. Anche in questo caso gli organici medi risultano significativamente diversi: nel quinquennio 2002 – 2007 (ultimo dato disponibile) il personaIe assegnato alle strutture di ricovero e cura pubbliche (per quanto il dato potrebbe essere inficiato anche in questo caso dalle modificazioni nei rapporti libero professionali e dal ricorso alle forme di outsourcing) in metà delle Regioni sembra aumentare, in particolare in Molise e in Liguria (rispettivamente +14,9%, +13,3%), mentre diminuisce nel restante 50% delle Regioni, in particolare nella P.a. di Bolzano (6,6%), con una tendenza alla riduzione del 1,2% annuo.
- Come detto, anche la composizione dell’offerta pubblica e privata si sta rideterminando, e di conseguenza la composizione della spesa (quest’ultima, anche per effetto del ricorso a forme di outsourcing all’interno delle strutture pubbliche): la quota di spesa in convenzione passa dal 42,6% del 2001 al 37,1% del 2008; nelle Regioni Lazio, Lombardia, Puglia e Sicilia osserviamo il maggior ricorso alle strutture private con una quota di spesa convenzionata superiore al 40%; di contro, nelle Regioni Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia e nella P.a. di Bolzano tali percentuali sono inferiori al 26%. Osserviamo anche che tendenzialmente un maggior ricorso a strutture private accreditate si accompagna ad una offerta privata più frammentata: nel caso ad esempio della assistenza specialistica, i laboratori di analisi del Friuli Venezia Giulia nel 2007 avevano una dimensione media di quasi 600.000 prestazioni per struttura, e servono in media 43.600 abitanti, mentre in Sicilia facevano in media meno di 85.000 prestazioni, servendo solo 6.000 abitanti. Analogamente, per quanto riguarda i centri per la diagnostica, si passa da una dimensione media di quasi 34.000 prestazioni e di un bacino di utenza di 21.000 abitanti dell’Emilia Romagna, alle 10.000 prestazioni e di 11.000 abitanti della Sardegna.
La spesa diretta, per il 79% si riferisce a personale dipendente e beni, ma nel Lazio ci si ferma al 73%, mentre in Calabria si arriva all’86%: tale dato fornisce una indicazione seppure approssimata delle diverse politiche di ricorso all’outsourcing.
- Per quanto concerne I’assistenza, la variabiIità regionale di quella ospedaliera è molto forte: i tassi di ricovero in regime ordinario passano da 109,5 per 1.000 residenti del Piemonte a 183,3 dell’Abruzzo. A livello di ricoveri degli anziani over 75, Ie differenze crescono ancora passando da 254,3 del Piemonte a 470,5 della P.a. di Bolzano.
Risultano ampiamente difformi anche Ie degenze medie (da 5,5 giornate delIa Campania a 8,0 della Valle d’Aosta), la quota di ricoveri in regime diurno (dal 23,4% della Puglia al 42,6% della Sicilia).
Passando alla residenzialità (Rsa, Hospice, etc) e all’assistenza domiciliare i sistemi informativi risultano del tutto carenti; possiamo, pero, ugualmente apprezzare alcuni elementi assolutamente critici. Per quanto concerne Ie residenzialità emerge come essa sia di fatto in larga misura a carico dei cittadini: partecipano infatti di tasca propria alle spese della struttura il 94% degli assistiti in Residenze socio sanitarie per anziani non autosufficienti. e il 90% degli assistiti in Rsa: di fatto in oltre il 50% delle Residenze socio sanitarie per anziani non autosufficienti, e nel 28% delle Rsa, la quota di compartecipazione rappresenta oltre il 50% delle entrate delle strutture.
Per quanto concerne la assistenza domiciliare integrata, si può apprezzare la grande differenza nell’offerta effettiva, osservando il numero di anziani presi in carico (che diminuiscono dall’84,1% del 2004 all’81,2% del 2007), ma ancor di più del fallimento dell’integrazione socio sanitaria che si ferma a quella fra figure professionali sanitarie: solo il 34,9% dei soggetti ultra sessantacinquenni presi in carico ha ricevuto anche una qualche forma di assistenza sociale.
- L’assistenza farmaceutica, sebbene la spesa pro capite per farmaci in Italia rimanga all’8° posto all’interno dell’area Oecd, dopo i reiterati interventi degli ultimi anni, sembra avere un andamento sostanzialmente stabile, almeno dal punto di vista della componente territoriale: diverso è il caso della spesa farmaceutica ospedaliera, peraltro in larga misura determinata dai consumi di farmaci innovativi ad alto costo soggetti a regime di monitoraggio.
- L’assistenza specialistica, infine, non si esime dalla caratteristica di una pronunciata variabilità regionale: si stima che I’onere pro capite complessivo (pubblico e privato) sia pari a 211 euro, passando però da 417 euro della P.a.di Bolzano a 136 euro dell’Abruzzo; i differenziali presentano un chiaro gradiente Nord Sud, inverso rispetto a quello della farmaceutica, confermando come Ie differenze socio economiche delle popolazioni incidano decisamente sulla composizione dei consumi sanitari e quindi sui modelli assistenziali da adottare.
Autore: Redazione FNOMCeO