Tutto quello che avreste voluto sapere sul pubblicare in medicina ma non avete mai osato chiedere: potrebbe intitolarsi così, facendo il verso a un noto film di Woody Allen, il nuovo libro di Luca De Fiore, Direttore del Pensiero scientifico Editore. Per stessa ammissione dell’autore, infatti, Sul pubblicare in medicina. Impact factor, open access, peer review, predatory journal e altre creature misteriose nasce anche per aiutare i medici, i ricercatori i dirigenti sanitari a districarsi nel mondo dell’editoria scientifica. Mondo nel quale Luca De Fiore lavora dal 1976, diventando lucido testimone di tutte le evoluzioni, le storture ma anche i lati positivi, e indicando, nel capitolo finale, soluzioni possibili.
Un mondo che è diventato una vera e propria industria, che vale 30 miliardi di dollari e fa utili paragonabili ai grandi player dell’informatica o alle farmaceutiche, con profitti che arrivano al 38%: per ogni cento dollari investiti dalle grandi corporation editoriali ne tornano indietro oltre 130. Una industria che conta cifre da capogiro: sono più di cinque milioni gli articoli scientifici pubblicati ogni anno. Trentamila le riviste indicizzate sui database internazionali. Centotrenta milioni le ore di lavoro, non retribuite, di medici e ricercatori per una peer review che dimostra di funzionare poco.
Diecimila gli articoli retracted ogni anno, che continuano tuttavia ad essere citati, alimentando un circolo vizioso. Eppure, il 50% del mercato globale dell’editoria scientifica e tecnica è riconducibile a cinque case editrici: Relx, Wiley, Taylor & Francis, Springer Nature e Sage. Da una parte, dunque, grandi profitti. Dall’altra, qualche perplessità. “Lo stato dell’editoria scientifica non è mai stato precario come oggi” scriveva Richard Horton, direttore del Lancet, già nel 2016. E gli editori, così come i direttori, sono tormentati da una serie di interrogativi: le start up innovative uccideranno le riviste? L’accesso aperto predatorio distruggerà la fiducia del pubblico nella scienza? Il copyright è morto? La peer review, con tutti i suoi limiti peraltro, risponde alla multidisciplinarietà della scienza di oggi? Domande che non trovano risposte, così come la crisi di identità dell’editoria scientifica pare non trovare soluzioni. Eppure, il libro si chiude con uno spiraglio di ottimismo, e con sei proposte per il cambiamento: poche regole facili da seguire, meno ricerca ma utile e ben disegnata, più trasparenza, coinvolgere nel dibattito tutti i protagonisti, a partire da quelli che oggi sembrano i grandi esclusi, i medici di medicina generale. Che, invece, sono coloro che per primi tengono in mano il rapporto continuativo con i pazienti, e possono farsi portavoce dei loro bisogni informativi. Ancora, rendere le riviste scientifiche uno spazio per la discussione e, ultimo ma non per importanza, ripartire dai bambini e dagli adolescenti, per mettere in atto una rivoluzione possibile, fatta di condivisione e partecipazione.
A cura dell’Ufficio Stampa FNOMCeO.
Autore: Redazione